61
Avea il Signor, che 'l tutto intende e vede,
rivelato al santissimo eremita,
che Ruggier da quel dì ch'ebbe la fede,
dovea sette anni, e non più, stare in vita;
che per la morte che sua donna diede
a Pinabel, ch'a lui fia attribuita,
saria, e per quella ancor di Bertolagi,
morto dai Maganzesi empi e malvagi.
Avea il Signor, che 'l tutto intende e vede,
rivelato al santissimo eremita,
che Ruggier da quel dì ch'ebbe la fede,
dovea sette anni, e non più, stare in vita;
che per la morte che sua donna diede
a Pinabel, ch'a lui fia attribuita,
saria, e per quella ancor di Bertolagi,
morto dai Maganzesi empi e malvagi.
Ariosto - Orlando Furioso
Ho poi pensato (e mi fia cosa lieve)
di fare i Nubi uscir d'Africa in breve.
50
Farò che gli altri Nubi che da loro
il Nilo parte e la diversa legge,
e gli Arabi e i Macrobi, questi d'oro
ricchi e di gente, e quei d'equino gregge,
Persi e Caldei (perché tutti costoro
con altri molti il mio scettro corregge);
farò ch'in Nubia lor faran tal guerra,
che non si fermeran ne la tua terra. —
51
Al re Agramante assai parve oportuna
del re Gradasso la seconda offerta;
e si chiamò obligato alla Fortuna,
che l'avea tratto all'isola deserta:
ma non vuol torre a condizione alcuna,
se racquistar credesse indi Biserta,
che battaglia per lui Gradasso prenda;
che 'n ciò gli par che l'onor troppo offenda.
52
— S'a disfidar s'ha Orlando, son quell'io
(rispose) a cui la pugna più conviene:
e pronto vi sarò; poi faccia Dio
di me, come gli pare, o male o bene. —
— Facciàn (disse Gradasso) al modo mio,
a un nuovo modo ch'in pensier mi viene:
questa battaglia pigliamo ambedui
incontra Orlando, e un altro sia con lui. —
53
— Pur ch'io non resti fuor, non me ne lagno
(disse Agramante), o sia primo o secondo:
ben so ch'in arme ritrovar compagno
di te miglior non si può in tutto 'l mondo. —
— Ed io (disse Sobrin) dove rimagno?
E se vecchio vi paio, vi rispondo
ch'io debbo esser più esperto, e nel periglio
presso alla forza è buono aver consiglio. —
54
D'una vecchiezza valida e robusta
era Sobrino, e di famosa prova;
e dice ch'in vigor l'età vetusta
si sente pari alla già verde e nuova.
Stimata fu la sua domanda giusta;
e senza indugio un messo si ritrova,
il qual si mandi agli africani lidi,
e da lor parte il conte Orlando sfidi;
55
che s'abbia a ritrovar con numer pare
di cavallieri armati in Lipadusa.
Una isoletta è questa, che dal mare
medesmo che li cinge, è circonfusa.
Non cessa il messo a vela e a remi andare,
come quel che prestezza al bisogno usa,
che fu a Biserta; e trovò Orlando quivi,
ch'a suoi le spoglie dividea e i captivi.
56
Lo 'nvito di Gradasso e d'Agramante
e di Sobrino in publico fu espresso,
tanto giocondo al principe d'Anglante,
che d'ampli doni onorar fece il messo.
Avea dai suoi compagni udito inante,
che Durindana al fianco s'avea messo
il re Gradasso: onde egli, per desire
di racquistarla, in India volea gire,
57
stimando non aver Gradasso altrove,
poi ch'udì che di Francia era partito.
Or più vicin gli è offerto luogo, dove
spera che 'l suo gli fia restituito.
Il bel corno d'Almonte anco lo muove
ad accettar sì volentier lo 'nvito,
e Brigliador non men; che sapea in mano
esser venuti al figlio di Troiano.
58
Per compagno s'elegge alla battaglia
il fedel Brandimarte e 'l suo cognato.
Provato ha quanto l'uno e l'altro vaglia;
sa che da trambi è sommamente amato.
Buon destrier, buona piastra e buona maglia,
e spade cerca e lance in ogni lato
a sé e a' compagni: che sappiate parme,
che nessun d'essi avea le solite arme.
59
Orlando (come io v'ho detto più volte)
de le sue sparse per furor la terra:
agli altri ha Rodomonte le lor tolte,
ch'or alta torre in ripa un fiume serra.
Non se ne può per Africa aver molte;
sì perché in Francia avea tratto alla guerra
il re Agramante ciò ch'era di buono,
sì perché poche in Africa ne sono.
60
Ciò che di ruginoso e di brunito
aver si può, fa ragunare Orlando;
e coi compagni intanto va pel lito
de la futura pugna ragionando.
Gli avvien ch'essendo fuor del campo uscito
più di tre miglia, e gli occhi al mare alzando,
vide calar con le vele alte un legno
verso il lito african senza ritegno.
61
Senza nocchieri e senza naviganti,
sol come il vento e sua fortuna il mena,
venìa con le vele alte il legno avanti,
tanto che se ritenne in su l'arena.
Ma prima che di questo più vi canti,
l'amor ch'a Ruggier porto mi rimena
alla sua istoria, e vuol ch'io vi racconte
di lui e del guerrier di Chiaramonte.
62
Di questi duo guerrier dissi che tratti
s'erano fuor del marziale agone,
viste convenzion rompere e patti,
e turbarsi ogni squadra e legione.
Chi prima i giuramenti abbia disfatti,
e stato sia di tanto mal cagione,
o l'imperator Carlo, o il re Agramante,
studian saper da chi lor passa avante.
63
Un servitor intanto di Ruggiero,
ch'era fedele e pratico ed astuto,
né pel conflitto dei duo campi fiero
avea di vista il patron mai perduto,
venne a trovarlo, e la spada e 'l destriero
gli diede, perché a' suoi fosse in aiuto.
Montò Ruggiero e la sua spada tolse,
ma ne la zuffa entrar non però volse.
64
Quindi si parte; ma prima rinuova
la convenzion che con Rinaldo avea;
che se pergiuro il suo Agramante trova,
lo lascierà con la sua setta rea.
Per quel giorno Ruggier fare altra prova
d'arme non volse; ma solo attendea
a fermar questo e quello, e a domandarlo
chi prima roppe, o 'l re Agramante, o Carlo.
65
Ode da tutto 'l mondo, che la parte
del re Agramante fu, che roppe prima.
Ruggiero ama Agramante, e se si parte
da lui per questo, error non lieve stima.
Fur le gente africane e rotte e sparte
(questo ho già detto inanzi), e da la cima
de la volubil ruota tratte al fondo,
come piacque a colei ch'aggira il mondo.
66
Tra sé volve Ruggiero e fa discorso,
se restar deve, o il suo signor seguire.
Gli pon l'amor de la sua donna un morso
per non lasciarlo in Africa più gire:
lo volta e gira, ed a contrario corso
lo sprona, e lo minaccia di punire,
se l' patto e 'l giuramento non tien saldo,
che fatto avea col paladin Rinaldo.
67
Non men da l'altra parte sferza e sprona
la vigilante e stimulosa cura,
che s'Agramante in quel caso abbandona,
a viltà gli sia ascritto ed a paura.
Se del restar la causa parrà buona
a molti, a molti ad accettar fia dura.
Molti diran che non si de' osservare
quel ch'era ingiusto e illicito a giurare.
68
Tutto quel giorno e la notte seguente
stette solingo, e così l'altro giorno,
pur travagliando la dubbiosa mente,
se partir deve o far quivi soggiorno.
Pel signor suo conclude finalmente
di fargli dietro in Africa ritorno.
Potea in lui molto il coniugale amore,
ma vi potea più il debito e l'onore.
69
Torna verso Arli; che trovarvi spera
l'armata ancor, ch'in Africa il trasporti:
né legno in mar né dentro alla rivera,
né Saracini vede, se non morti.
Seco al partire ogni legno che v'era
trasse Agramante, e 'l resto arse nei porti.
Fallitogli il pensier, prese il camino
verso Marsilia pel lito marino.
70
A qualche legno pensa dar di piglio,
ch'a prieghi o forza il porti all'altra riva.
Già v'era giunto del Danese il figlio
con l'armata de' barbari captiva.
Non si avrebbe potuto un gran di miglio
gittar ne l'acqua: tanto la copriva
la spessa moltitudine de navi,
di vincitori e di prigioni, gravi.
71
Le navi de' pagani, ch'avanzaro
dal fuoco e dal naufragio quella notte,
eccetto poche ch'in fuga n'andaro,
tutte a Marsilia avea Dudon condotte.
Sette di quei ch'in Africa regnaro,
che, poi che le lor genti vider rotte,
con sette legni lor s'eran renduti,
stavan dolenti, lacrimosi e muti.
72
Era Dudon sopra la spiaggia uscito,
ch'a trovar Carlo andar volea quel giorno;
e de' captivi e de lor spoglie ordito
con lunga pompa avea un trionfo adorno.
Eran tutti i prigion stesi nel lito,
e i Nubi vincitori allegri intorno,
che faceano del nome di Dudone
intorno risonar la regione.
73
Venne in speranza di lontan Ruggiero,
che questa fosse armata d'Agramante;
e, per saperne il vero, urtò il destriero:
ma riconobbe, come fu più inante,
il re de Nasamona prigionero,
Bambirago, Agricalte e Farurante,
Manilardo e Balastro e Rimedonte,
che piangendo tenean bassa la fronte.
74
Ruggier che gli ama, sofferir non puote
che stian ne la miseria in che li trova.
Quivi sa ch'a venir con le man vote,
senza usar forza, il pregar poco giova.
La lancia abbassa, e chi li tien percuote;
e fa del suo valor l'usata prova;
stringe la spada, e in un piccol momento
ne fa cadere intorno più di cento.
75
Dudone ode il rumor, la strage vede
che fa Ruggier, ma chi sia non conosce.
Vede i suoi c'hanno in fuga volto il piede
con gran timor, con pianto e con angosce.
Presto il destrier, lo scudo e l'elmo chiede;
che già avea armato e petto e braccia e cosce:
salta a cavallo e si fa dar la lancia,
e non oblia ch'è paladin di Francia.
76
Grida che si ritiri ognun da canto,
spinge il cavallo e fa sentir gli sproni.
Ruggier cent'altri n'avea uccisi intanto,
e gran speranza dato a quei prigioni:
e come venir vide Dudon santo
solo a cavallo, e gli altri esser pedoni,
stimò che capo e che signor lor fosse;
e contra lui con gran desir si mosse.
77
Già mosso prima era Dudon; ma quando
senza lancia Ruggier vide venire,
lunge da sé la sua gittò, sdegnando
con tal vantaggio il cavallier ferire.
Ruggiero, al cortese atto riguardando,
disse fra sé: — Costui non può mentire,
ch'uno non sia di quei guerrier perfetti
che paladin di Francia sono detti.
78
S'impetrar lo potrò, vo' che 'l suo nome,
inanzi che segua altro, mi palese; —
e così domandollo: e seppe come
era Dudon figliuol d'Uggier danese.
Dudon gravò Ruggier poi d'ugual some,
e parimente lo trovò cortese.
Poi che i nomi tra lor s'ebbono detti,
si disfidaro, e vennero agli effetti.
79
Avea Dudon quella ferrata mazza
ch'in mille imprese gli diè eterno onore:
con essa mostra ben ch'egli è di razza
di quel Danese pien d'alto valore.
La spada ch'apre ogni elmo, ogni corazza,
di che non era al mondo la migliore,
trasse Ruggiero, e fece paragone
di sua virtude al paladin Dudone.
80
Ma perché in mente ognora avea di meno
offender la sua donna, che potea;
ed era certo, se spargea il terreno
del sangue di costui, che la offendea
(de le case di Francia istrutto a pieno,
la madre di Dudone esser sapea
Armelina sorella di Beatrice,
ch'era di Bradamante genitrice):
81
per questo mai di punta non gli trasse,
e di taglio rarissimo ferìa.
Schermiasi, ovunque la mazza calasse,
or ribattendo, or dandole la via.
Crede Turpin che per Ruggier restasse,
che Dudon morto in pochi colpi avria:
né mai, qualunque volta si scoperse,
ferir, se non di piatto, lo sofferse.
82
Di piatto usar potea, come di taglio,
Ruggier la spada sua ch'avea gran schena;
e quivi a strano giuoco di sonaglio
sopra Dudon con tanta forza mena,
che spesso agli occhi gli pon tal barbaglio,
che si ritien di non cadere a pena.
Ma per esser più grato a chi mi ascolta,
io differisco il canto a un'altra volta.
CANTO QUARANTUNESIMO
1
L'odor ch'è sparso in ben notrita e bella
o chioma o barba o delicata vesta
di giovene leggiadro o di donzella,
ch'Amor sovente lacrimando desta,
se spira e fa sentir di sé novella,
e dopo molti giorni ancora resta;
mostra con chiaro ed evidente effetto,
come a principio buono era e perfetto.
2
L'almo liquor che ai meditori suoi
fece Icaro gustar con suo gran danno,
e che si dice che già Celte e Boi
fe' passar l'Alpe e non sentir l'affanno;
mostra che dolce era a principio, poi
che si serva ancor dolce al fin de l'anno.
L'arbor ch'al tempo rio foglia non perde,
mostra ch'a primavera era ancor verde.
3
L'inclita stirpe che per tanti lustri
mostrò di cortesia sempre gran lume,
e par ch'ognor più ne risplenda e lustri,
fa che con chiaro indizio si presume,
che chi progenerò gli Estensi illustri,
dovea d'ogni laudabile costume
che sublimar al ciel gli uomini suole,
splender non men che fra le stelle il sole.
4
Ruggier, come in ciascun suo degno gesto,
d'alto valor, di cortesia solea
dimostrar chiaro segno e manifesto,
e sempre più magnanimo apparea;
così verso Dudon lo mostrò in questo,
col qual (come di sopra io vi dicea)
dissimulato avea quanto era forte,
per pietà che gli avea di porlo a morte.
5
Avea Dudon ben conosciuto certo,
ch'ucciderlo Ruggier non l'ha voluto;
perch'or s'ha ritrovato allo scoperto,
or stanco sì, che più non ha potuto.
Poi che chiaro comprende, e vede aperto
che gli ha rispetto, e che va ritenuto;
quando di forza e di vigor val meno,
di cortesia non vuol cedergli almeno.
6
— Per Dio (dice), signor, pace facciamo;
ch'esser non può più la vittoria mia:
esser non può più mia; che già mi chiamo
vinto e prigion de la tua cortesia. —
Ruggier rispose: — Ed io la pace bramo
non men di te; ma che con patto sia,
che questi sette re c'hai qui legati,
lasci ch'in libertà mi sieno dati. —
7
E gli mostrò quei sette re ch'io dissi
che stavano legati a capo chino;
e gli soggiunse che non gli impedissi
pigliar con essi in Africa il camino.
E così furo in libertà remissi
quei re; che gliel concesse il paladino;
e gli concesse ancor ch'un legno tolse,
quel ch'a lui parve, e verso Africa sciolse.
8
Il legno sciolse, e fe' scioglier la vela,
e se diè al vento perfido in possanza,
che da principio la gonfiata tela
drizzò a camino, e diè al nocchier baldanza.
Il lito fugge, e in tal modo si cela,
che par che ne sia il mar rimaso sanza.
Ne l'oscurar del giorno fece il vento
chiara la sua perfidia e 'l tradimento.
9
Mutossi da la poppa ne le sponde,
indi alla prora, e qui non rimase anco:
ruota la nave, ed i nocchier confonde;
ch'or di dietro or dinanzi or loro è al fianco.
Surgono altiere e minacciose l'onde:
mugliando sopra il mar va il gregge bianco.
Di tante morti in dubbio e in pena stanno,
quanto son l'acque ch'a ferir li vanno.
10
Or da fronte or da tergo il vento spira;
e questo inanzi, e quello a dietro caccia:
un altro da traverso il legno aggira;
e ciascun pur naufragio gli minaccia.
Quel che siede al governo, alto sospira
pallido e sbigottito ne la faccia;
e grida invano, e invan con mano accenna
or di voltare, or di calar l'antenna.
11
Ma poco il cenno, e 'l gridar poco vale:
tolto è 'l veder da la piovosa notte.
La voce, senza udirsi, in aria sale,
in aria che ferìa con maggior botte
de' naviganti il grido universale,
e 'l fremito de l'onde insieme rotte:
e in prora e in poppa e in amendue le bande
non si può cosa udir, che si commande.
12
Da la rabbia del vento che si fende
ne le ritorte, escono orribil suoni:
di spessi lampi l'aria si raccende,
risuona 'l ciel di spaventosi tuoni.
V'è chi corre al timon, chi i remi prende;
van per uso agli uffici a che son buoni:
chi s'affatica a sciorre e chi a legare;
vota altri l'acqua, e torna il mar nel mare.
13
Ecco stridendo l'orribil procella
che 'l repentin furor di borea spinge,
la vela contra l'arbore flagella:
il mar si leva, e quasi il cielo attinge.
Frangonsi i remi; e di fortuna fella
tanto la rabbia impetuosa stringe,
che la prora si volta, e verso l'onda
fa rimaner la disarmata sponda.
14
Tutta sotto acqua va la destra banda,
e sta per riversar di sopra il fondo.
Ognun, gridando, a Dio si raccomanda;
che più che certi son gire al profondo.
D'uno in un altro mal fortuna manda:
il primo scorre, e vien dietro il secondo.
Il legno vinto in più parti si lassa,
e dentro l'inimica onda vi passa.
15
Muove crudele e spaventoso assalto
da tutti i lati il tempestoso verno.
Veggon talvolta il mar venir tant'alto,
che par ch'arrivi insin al ciel superno.
Talor fan sopra l'onde in su tal salto,
ch'a mirar giù par lor veder lo 'nferno.
O nulla o poca speme è che conforte;
e sta presente inevitabil morte.
16
Tutta la notte per diverso mare
scorsero errando ove cacciolli il vento;
il fiero vento che dovea cessare
nascendo il giorno, e ripigliò augumento.
Ecco dinanzi un nudo scoglio appare:
voglion schivarlo, e non v'hanno argumento.
Li porta, lor mal grado, a quella via
il crudo vento e la tempesta ria.
17
Tre volte e quattro il pallido nocchiero
mette vigor perché 'l timon sia volto
e trovi più sicuro altro sentiero;
ma quel si rompe, e poi dal mar gli è tolto.
Ha sì la vela piena il vento fiero,
che non si può calar poco né molto:
né tempo han di riparo o di consiglio;
che troppo appresso è quel mortal periglio.
18
Poi che senza rimedio si comprende
la irreparabil rotta de la nave,
ciascuno al suo privato utile attende,
ciascun salvar la vita sua cura have.
Chi può più presto al palischermo scende;
ma quello è fatto subito sì grave
per tanta gente che sopra v'abbonda,
che poco avanza a gir sotto la sponda.
19
Ruggier che vide il comite e 'l padrone
e gli altri abbandonar con fretta il legno,
come senz'arme si trovò in giubbone,
campar su quel battel fece disegno:
ma lo trovò sì carco di persone,
e tante venner poi, che l'acque il segno
passaro in guisa, che per troppo pondo
con tutto il carco andò il legnetto al fondo:
20
del mare al fondo: e seco trasse quanti
lasciaro a sua speranza il maggior legno.
Allor s'udì con dolorosi pianti
chiamar soccorso dal celeste regno:
ma quelle voci andaro poco inanti,
che venne il mar pien d'ira e di disdegno,
e subito occupò tutta la via
onde il lamento e il flebil grido uscia.
21
Altri là giù, senza apparir più, resta;
altri risorge e sopra l'onde sbalza;
chi vien nuotando e mostra fuor la testa,
chi mostra un braccio, e chi una gamba scalza.
Ruggier che 'l minacciar de la tempesta
temer non vuol, dal fondo al sommo s'alza,
e vede il nudo scoglio non lontano,
ch'egli e i compagni avean fuggito invano.
22
Spera, per forza di piedi e di braccia
nuotando, di salir sul lito asciutto.
Soffiando viene, e lungi da la faccia
l'onda respinge e l'importuno flutto.
Il vento intanto e la tempesta caccia
il legno voto, e abbandonato in tutto
da quelli che per lor pessima sorte
il disio di campar trasse alla morte.
23
Oh fallace degli uomini credenza!
campò la nave che dovea perire;
quando il padrone e i galleotti senza
governo alcun l'avean lasciata gire.
Parve che si mutasse di sentenza
il vento, poi che ogni uom vide fuggire:
fece che 'l legno a miglior via si torse,
né toccò terra, e in sicura onda corse.
24
E dove col nocchier tenne via incerta,
poi che non l'ebbe, andò in Africa al dritto,
e venne a capitar presso a Biserta
tre miglia o due, dal lato verso Egitto;
e ne l'arena sterile e deserta
restò, mancando il vento e l'acqua, fitto.
Or quivi sopravenne, a spasso andando,
come di sopra io vi narrava, Orlando.
25
E disioso di saper se fusse
la nave sola, e fusse o vota o carca,
con Brandimarte a quella si condusse
e col cognato, in su una lieve barca.
Poi che sotto coverta s'introdusse,
tutta la ritrovò d'uomini scarca:
vi trovò sol Frontino il buon destriero,
l'armatura e la spada di Ruggiero;
26
di cui fu per campar tanto la fretta,
ch'a tor la spada non ebbe pur tempo.
Conobbe quella il paladin, che detta
fu Balisarda, e che già sua fu un tempo.
So che tutta l'istoria avete letta,
come la tolse a Falerina, al tempo
che le distrusse anco il giardin sì bello,
e come a lui poi la rubò Brunello;
27
e come sotto il monte di Carena
Brunel ne fe' a Ruggier libero dono.
Di che taglio ella fosse e di che schena,
n'avea già fatto esperimento buono;
io dico Orlando: e però n'ebbe piena
letizia, e ringrazionne il sommo Trono;
e si credette (e spesso il disse dopo),
che Dio gliele mandasse a sì grande uopo:
28
a sì grande uopo, come era, dovendo
condursi col signor di Sericana;
ch'oltre che di valor fosse tremendo,
sapea ch'avea Baiardo e Durindana.
L'altra armatura, non la conoscendo,
non apprezzò per cosa sì soprana,
come chi ne fe' prova apprezzò quella,
per buona sì, ma per più ricca e bella.
29
E perché gli facean poco mestiero
l'arme (ch'era inviolabile e affatato),
contento fu che l'avesse Oliviero;
il brando no, che sel pose egli a lato:
a Brandimarte consegnò il destriero.
Così diviso ed ugualmente dato
volse che fosse a ciaschedun compagno
ch'insieme si trovar, di quel guadagno.
30
Pel dì de la battaglia ogni guerriero
studia aver ricco e nuovo abito indosso.
Orlando riccamar fa nel quartiero
l'alto Babel dal fulmine percosso.
Un can d'argento aver vuole Oliviero,
che giaccia, e che la lassa abbia sul dosso,
con un motto che dica: Fin che vegna:
e vuol d'oro la vesta e di sé degna.
31
Fece disegno Brandimarte, il giorno
de la battaglia, per amor del padre,
e per suo onor, di non andare adorno
se non di sopraveste oscure ed adre.
Fiordiligi le fe' con fregio intorno,
quanto più seppe far, belle e leggiadre.
Di ricche gemme il fregio era contesto;
d'un schietto drappo e tutto nero il resto.
32
Fece la donna di sua man le sopra—
vesti a cui l'arme converrian più fine,
de' quai l'osbergo il cavallier si cuopra,
e la groppa al cavallo e 'l petto e 'l crine.
Ma da quel dì che cominciò quest'opra,
continuando a quel che le diè fine,
e dopo ancora, mai segno di riso
far non poté, né d'allegrezza in viso.
33
Sempre ha timor nel cor, sempre tormento
che Brandimarte suo non le sia tolto.
Già l'ha veduto in cento lochi e cento
in gran battaglie e perigliose avvolto;
né mai, come ora, simile spavento
le agghiacciò il sangue e impallidille il volto:
e questa novità d'aver timore
le fa tremar di doppia tema il core.
34
Poi che son d'arme e d'ogni arnese in punto,
alzano al vento i cavallier le vele.
Astolfo e Sansonetto con l'assunto
riman del grande esercito fedele.
Fiordiligi col cor di timor punto,
empiendo il ciel di voti e di querele,
quanto con vista seguitar le puote,
segue le vele in alto mar remote.
35
Astolfo a gran fatica e Sansonetto
poté levarla dal mirar ne l'onda
e ritrarla al palagio, ove sul letto
la lasciaro affannata e tremebonda.
Portava intanto il bel numero eletto
dei tre buon cavallier l'aura seconda.
Andò il legno a trovar l'isola al dritto,
ove far si dovea tanto conflitto.
36
Sceso nel lito il cavallier d'Anglante,
il cognato Oliviero e Brandimarte,
col padiglione il lato di levante
primi occupar; né forse il fer senz'arte.
Giunse quel dì medesimo Agramante,
e s'accampò da la contraria parte;
ma perché molto era inchinata l'ora,
differir la battaglia ne l'aurora.
37
Di qua e di là sin alla nuova luce
stanno alla guardia i servitori armati.
La sera Brandimarte si conduce
là dove i Saracin sono alloggiati,
e parla, con licenza del suo duce,
al re african; ch'amici erano stati:
e Brandimarte già con la bandiera
del re Agramante in Francia passato era.
38
Dopo i saluti e 'l giunger mano a mano,
molte ragion, sì come amico, disse
il fedel cavalliero al re pagano,
perché a questa battaglia non venisse:
e di riporgli ogni cittade in mano,
che sia tra 'l Nilo e 'l segno ch'Ercol fisse,
con volontà d'Orlando gli offeria,
se creder volea al Figlio di Maria.
39
— Perché sempre v'ho amato ed amo molto,
questo consiglio (gli dicea) vi dono;
e quando già, signor, per me l'ho tolto,
creder potete ch'io l'estimo buono.
Cristo conobbi Dio, Maumette stolto;
e bramo voi por ne la via in ch'io sono:
ne la via di salute, signor, bramo
che siate meco, e tutti gli altri ch'amo.
40
Qui consiste il ben vostro; né consiglio
altro potete prender, che vi vaglia;
e men di tutti gli altri, se col figlio
di Milon vi mettete alla battaglia;
che 'l guadagno del vincere al periglio
de la perdita grande non si agguaglia.
Vincendo voi, poco acquistar potete;
ma non perder già poco, se perdete.
41
Quando uccidiate Orlando, e noi venuti
qui per morire o vincere con lui,
io non veggo per questo che i perduti
domini a racquistar s'abbian per vui.
Né dovete sperar che sì si muti
lo stato de le cose, morti nui,
ch'uomini a Carlo manchino da porre
quivi a guardar fin all'estrema torre. —
42
Così parlava Brandimarte, ed era
per suggiungere ancor molte altre cose;
ma fu con voce irata e faccia altiera
dal pagano interrotto, che rispose:
— Temerità per certo e pazzia vera
è la tua, e di qualunque che si pose
a consigliar mai cosa o buona o ria,
ove chiamato a consigliar non sia.
43
E che 'l consiglio che mi dai, proceda
da ben che m'hai voluto e vuommi ancora,
io non so, a dire il ver, come io tel creda,
quando qui con Orlando ti veggo ora.
Crederò ben, tu che ti vedi in preda
di quel dragon che l'anime devora,
che brami teco nel dolore eterno
tutto 'l mondo poter trarre all'inferno.
44
Ch'io vinca o perda, o debba nel mio regno
tornare antiquo, o sempre starne in bando,
in mente sua n'ha Dio fatto disegno,
il qual né io, né tu, né vede Orlando.
Sia quel che vuol, non potrà ad atto indegno
di re inchinarmi mai timor nefando.
S'io fossi certo di morir, vo' morto
prima restar, ch'al sangue mio far torto.
45
Or ti puoi ritornar; che se migliore
non sei dimani in questo campo armato,
che tu mi sia paruto oggi oratore,
mal troverassi Orlando accompagnato. —
Queste ultime parole usciron fuore
del petto acceso d'Agramante irato.
Ritornò l'uno e l'altro, e ripososse,
fin che del mare il giorno uscito fosse.
46
Nel biancheggiar de la nuova alba armati,
e in un momento fur tutti a cavallo.
Pochi sermon si son tra loro usati:
non vi fu indugio, non vi fu intervallo,
che i ferri de le lance hanno abbassati.
Ma mi parria, Signor, far troppo fallo,
se, per voler di costor dir, lasciassi
tanto Ruggier nel mar, che v'affogassi.
47
Il giovinetto con piedi e con braccia
percotendo venìa l'orribil onde.
Il vento e la tempesta gli minaccia;
ma più la coscienza lo confonde.
Teme che Cristo ora vendetta faccia;
che, poi che battezzar ne l'acque monde,
quando ebbe tempo, sì poco gli calse,
or si battezzi in queste amare e salse.
48
Gli ritornano a mente le promesse
che tante volte alla sua donna fece;
quel che giurato avea quando si messe
contra Rinaldo, e nulla satisfece.
A Dio, ch'ivi punir non lo volesse,
pentito disse quattro volte e diece;
e fece voto di core e di fede
d'esser cristian, se ponea in terra il piede:
49
e mai più non pigliar spada né lancia
contra ai fedeli in aiuto de' Mori;
ma che ritorneria subito in Francia,
e a Carlo renderia debiti onori;
né Bradamante più terrebbe a ciancia,
e verria a fine onesto dei suo' amori.
Miracol fu, che sentì al fin del voto
crescersi forza e agevolarsi il nuoto.
50
Cresce la forza e l'animo indefesso:
Ruggier percuote l'onde e le respinge,
l'onde che seguon l'una all'altra presso,
di che una il leva, un'altra lo sospinge.
Così montando e discendendo spesso
con gran travaglio, al fin l'arena attinge;
e da la parte onde s'inchina il colle
più verso il mar, esce bagnato e molle.
51
Fur tutti gli altri che nel mar si diero,
vinti da l'onde, e al fin restar ne l'acque.
Nel solitario scoglio uscì Ruggiero,
come all'alta Bontà divina piacque.
Poi che fu sopra il monte inculto e fiero
sicur dal mar, nuovo timor gli nacque
d'avere esilio in sì strette confine,
e di morirvi di disagio al fine.
52
Ma pur col core indomito, e costante
di patir quanto è in ciel di lui prescritto,
pei duri sassi l'intrepide piante
mosse, poggiando invêr la cima al dritto.
Non era cento passi andato inante,
che vide d'anni e d'astinenze afflitto
uom ch'avea d'eremita abito e segno,
di molta riverenza e d'onor degno;
53
che, come gli fu presso: — Saulo, Saulo,
(gridò), perché persegui la mia fede?
(come allor il Signor disse a san Paulo,
che 'l colpo salutifero gli diede).
Passar credesti il mar, né pagar naulo,
e defraudare altrui de la mercede.
Vedi che Dio, c'ha lunga man, ti giunge
quando tu gli pensasti esser più lunge. —
54
E seguitò il santissimo eremita,
il qual la notte inanzi avuto avea
in vision da Dio, che con sua aita
allo scoglio Ruggier giunger dovea:
e di lui tutta la passata vita,
e la futura, e ancor la morte rea,
figli e nipoti ed ogni discendente
gli avea Dio rivelato interamente.
55
Seguitò l'eremita riprendendo
prima Ruggiero; e al fin poi confortollo.
Lo riprendea ch'era ito differendo
sotto il soave giogo a porre il collo;
e quel che dovea far, libero essendo,
mentre Cristo pregando a sé chiamollo,
fatto avea poi con poca grazia, quando
venir con sferza il vide minacciando.
56
Poi confortollo che non niega il cielo
tardi o per tempo Cristo a chi gliel chiede;
e di quelli operarii del Vangelo
narrò, che tutti ebbono ugual mercede.
Con caritade e con devoto zelo
lo venne ammaestrando ne la fede,
verso la cella sua con lento passo,
ch'era cavata a mezzo il duro sasso.
57
Di sopra siede alla devota cella
una piccola chiesa che risponde
all'oriente, assai commoda e bella:
di sotto un bosco scende sin all'onde,
di lauri e di ginepri e di mortella,
e di palme fruttifere e feconde;
che riga sempre una liquida fonte,
che mormorando cade giù dal monte.
58
Eran degli anni ormai presso a quaranta
che su lo scoglio il fraticel si messe;
ch'a menar vita solitaria e santa
luogo oportuno il Salvator gli elesse.
Di frutte colte or d'una or d'altra pianta,
e d'acqua pura la sua vita resse,
che valida e robusta e senza affanno
era venuta all'ottantesimo anno.
59
Dentro la cella il vecchio accese il fuoco,
e la mensa ingombrò di vari frutti,
ove si ricreò Ruggiero un poco,
poscia ch'i panni e i capelli ebbe asciutti.
Imparò poi più ad agio in questo loco
de nostra fede i gran misteri tutti;
ed alla pura fonte ebbe battesmo
il dì seguente dal vecchio medesmo.
60
Secondo il luogo, assai contento stava
quivi Ruggier; che 'l buon servo di Dio
fra pochi giorni intenzion gli dava
di rimandarlo ove più avea disio.
Di molte cose intanto ragionava
con lui sovente, or al regno di Dio,
or agli propri casi appertinenti,
or del suo sangue alle future genti.
61
Avea il Signor, che 'l tutto intende e vede,
rivelato al santissimo eremita,
che Ruggier da quel dì ch'ebbe la fede,
dovea sette anni, e non più, stare in vita;
che per la morte che sua donna diede
a Pinabel, ch'a lui fia attribuita,
saria, e per quella ancor di Bertolagi,
morto dai Maganzesi empi e malvagi.
62
E che quel tradimento andrà sì occulto,
che non se n'udirà di fuor novella;
perché nel proprio loco fia sepulto
ove anco ucciso da la gente fella:
per questo tardi vendicato ed ulto
fia da la moglie e da la sua sorella.
E che col ventre pien per lunga via
da la moglie fedel cercato fia.
63
Fra l'Adice e la Brenta a piè de' colli
ch'al troiano Antenòr piacqueno tanto,
con le sulfuree vene e rivi molli,
con lieti solchi e prati ameni a canto,
che con l'alta Ida volentier mutolli,
col sospirato Ascanio e caro Xanto,
a parturir verrà ne le foreste
che son poco lontane al frigio Ateste.
64
E ch'in bellezza ed in valor cresciuto
il parto suo, che pur Ruggier fia detto,
e del sangue troian riconosciuto
da quei Troiani, in lor signor fia elletto;
e poi da Carlo, a cui sarà in aiuto
incontra i Longobardi giovinetto,
dominio giusto avrà del bel paese,
e titolo onorato di marchese.
65
E perché dirà Carlo in latino: — _Este_
signori qui, — quando faragli il dono,
nel secolo futur nominato Este
sarà il bel luogo con augurio buono;
e così lascierà il nome d'Ateste
de le due prime note il vecchio suono.
Avea Dio ancora al servo suo predetta
di Ruggier la futura aspra vendetta:
66
ch'in visione alla fedel consorte
apparirà dinanzi al giorno un poco;
e le dirà chi l'avrà messo a morte,
e, dove giacerà, mostrerà il loco:
onde ella poi con la cognata forte
distruggerà Pontieri a ferro e a fuoco;
né farà a' Maganzesi minor danni
il figlio suo Ruggiero, ov'abbia gli anni.
67
D'Azzi, d'Alberti, d'Obici discorso
fatto gli aveva, e di lor stirpe bella,
insino a Nicolò, Leonello, Borso,
Ercole, Alfonso, Ippolito e Issabella.
Ma il santo vecchio, ch'alla lingua ha il morso,
non di quanto egli sa però favella:
narra a Ruggier quel che narrar conviensi;
e quel ch'in sé de' ritener, ritiensi.
68
In questo tempo Orlando e Brandimarte
e 'l marchese Olivier col ferro basso
vanno a trovare il saracino Marte
(che così nominar si può Gradasso)
e gli altri duo che da contraria parte
han mosso i buon destrier più che di passo;
io dico il re Agramante e 'l re Sobrino:
rimbomba al corso il lito e 'l mar vicino.
69
Quando allo scontro vengono a trovarsi,
e in tronchi vola al ciel rotta ogni lancia,
del gran rumor fu visto il mar gonfiarsi,
del gran rumor che s'udì sino in Francia.
Venne Orlando e Gradasso a riscontrarsi;
e potea stare ugual questa bilancia,
se non era il vantaggio di Baiardo,
che fe' parer Gradasso più gagliardo.
70
Percosse egli il destrier di minor forza,
ch'Orlando avea, d'un urto così strano,
che lo fece piegare a poggia e ad orza,
e poi cader, quanto era lungo, al piano.
Orlando di levarlo si risforza
tre volte e quattro, e con sproni e con mano;
e quando al fin nol può levar, ne scende,
lo scudo imbraccia, e Balisarda prende.
71
Scontrossi col re d'Africa Oliviero;
e fur di quello incontro a paro a paro.
Brandimarte restar senza destriero
fece Sobrin: ma non si seppe chiaro
se v'ebbe il destrier colpa o il cavalliero;
ch'avezzo era cader Sobrin di raro.
O del destriero o suo pur fosse il fallo,
Sobrin si ritrovò giù del cavallo.
72
Or Brandimarte che vide per terra
il re Sobrin, non l'assalì altrimente,
ma contra il re Gradasso si disserra,
ch'avea abbattuto Orlando parimente.
Tra il marchese e Agramante andò la guerra
come fu cominciata primamente:
poi che si roppon l'aste negli scudi,
s'eran tornati incontra a stocchi ignudi.
73
Orlando, che Gradasso in atto vede,
che par ch'a lui tornar poco gli caglia;
né tornar Brandimarte gli concede,
tanto lo stringe e tanto lo travaglia;
si volge intorno, e similmente a piede
vede Sobrin che sta senza battaglia.
Vêr lui s'aventa; e al muover de le piante
fa il ciel tremar del suo fiero sembiante.
74
Sobrin che di tanto uom vede l'assalto,
stretto ne l'arme s'apparecchia tutto:
come nocchiero a cui vegna a gran salto
muggendo incontra il minaccioso flutto,
drizza la prora; e quando il mar tant'alto
vede salire, esser vorria all'asciutto.
Sobrin lo scudo oppone alla ruina
che da la spada vien di Falerina.
75
Di tal finezza è quella Balisarda,
che l'arme le puon far poco riparo;
in man poi di persona sì gagliarda,
in man d'Orlando, unico al mondo o raro,
taglia lo scudo; e nulla la ritarda,
perché cerchiato sia tutto d'acciaro:
taglia lo scudo e sino al fondo fende,
e sotto a quello in su la spalla scende.
76
Scende alla spalla; e perché la ritrovi
di doppia lama e di maglia coperta,
non vuol però che molto ella le giovi,
che di gran piaga non la lasci aperta.
Mena Sobrin; ma indarno è che si provi
ferire Orlando, a cui per grazia certa
diede il Motor del cielo e de le stelle,
che mai forar non se gli può la pelle.
77
Radoppia il colpo il valoroso conte,
e pensa da le spalle il capo torgli.
Sobrin che sa il valor di Chiaramonte,
e che poco gli val lo scudo opporgli,
s'arretra, ma non tanto, che la fronte
non venisse anco Balisarda a corgli.
Di piatto fu, ma il colpo tanto fello,
ch'amaccò l'elmo, e gl'intronò il cervello.
78
Cadde Sobrin del fiero colpo in terra,
onde a gran pezzo poi non è risorto.
Crede finita aver con lui la guerra
il paladino, e che si giaccia morto;
e verso il re Gradasso si disserra,
che Brandimarte non meni a mal porto:
che 'l pagan d'arme e di spada l'avanza
e di destriero, e forse di possanza.
79
L'ardito Brandimarte in su Frontino,
quel buon destrier che di Ruggier fu dianzi,
si porta così ben col Saracino,
che non par già che quel troppo l'avanzi:
e s'egli avesse osbergo così fino
come il pagan, gli staria meglio inanzi;
ma gli convien (che mal si sente armato)
spesso dar luogo or d'uno or d'altro lato.
80
Altro destrier non è che meglio intenda
di quel Frontino il cavalliero a cenno:
par che dovunque Durindana scenda,
or quinci or quindi abbia a schivarla senno.
Agramante e Olivier battaglia orrenda
altrove fanno, e giudicar si denno
per duo guerrier di pari in arme accorti,
e pochi differenti in esser forti.
81
Avea lasciato, come io dissi, Orlando
Sobrino in terra; e contra il re Gradasso,
soccorrer Brandimarte disiando,
come si trovò a piè, venìa a gran passo.
Era vicin per assalirlo, quando
vide in mezzo del campo andare a spasso
il buon cavallo onde Sobrin fu spinto;
e per averlo, presto si fu accinto.
82
Ebbe il destrier, che non trovò contesa,
e levò un salto, ed entrò ne la sella.
Ne l'una man la spada tien sospesa,
mette l'altra alla briglia ricca e bella.
Gradasso vede Orlando, e non gli pesa,
ch'a lui ne viene, e per nome l'appella.
Ad esso e a Brandimarte e all'altro spera
far parer notte, e che non sia ancor sera.
83
Voltasi al conte, e Brandimarte lassa,
e d'una punta lo trova al camaglio:
fuor che la carne, ogni altra cosa passa:
per forar quella è vano ogni travaglio.
Orlando a un tempo Balisarda abbassa:
non vale incanto ov'ella mette il taglio.
L'elmo, lo scudo, l'osbergo e l'arnese,
venne fendendo in giù ciò ch'ella prese;
84
e nel volto e nel petto e ne la coscia
lasciò ferito il re di Sericana,
di cui non fu mai tratto sangue, poscia
ch'ebbe quell'arme: or gli par cosa strana
che quella spada (e n'ha dispetto e angoscia)
le tagli or sì; né pur è Durindana.
E se più lungo il colpo era o più appresso,
l'avria dal capo insino al ventre fesso.
85
Non bisogna più aver ne l'arme fede,
come avea dianzi; che la prova è fatta.
Con più riguardo e più ragion procede,
che non solea; meglio al parar si adatta.
Brandimarte ch'Orlando entrato vede,
che gli ha di man quella battaglia tratta,
si pone in mezzo all'una e all'altra pugna,
perché in aiuto, ove è bisogno, giugna.
86
Essendo la battaglia in tale istato,
Sobrin, ch'era giaciuto in terra molto,
si levò, poi ch'in sé fu ritornato;
e molto gli dolea la spalla e 'l volto:
alzò la vista e mirò in ogni lato;
poi dove vide il suo signor, rivolto,
per dargli aiuto i lunghi passi torse
tacito sì, ch'alcun non se n'accorse.
87
Vien dietro ad Olivier che tenea gli occhi
al re Agramante e poco altro attendea;
e gli ferì nei deretan ginocchi
il destrier di percossa in modo rea,
che senza indugio è forza che trabocchi.
Cade Olivier, né 'l piede aver potea,
il manco piè, ch'al non pensato caso
sotto il cavallo in staffa era rimaso.
88
Sobrin radoppia il colpo, e di riverso
gli mena, e se gli crede il capo torre;
ma lo vieta l'acciar lucido e terso,
che temprò già Vulcan, portò già Ettorre.
Vede il periglio Brandimarte, e verso
il re Sobrino a tutta briglia corre;
e lo fere in sul capo, e gli dà d'urto;
ma il fiero vecchio è tosto in piè risurto;
89
e torna ad Olivier per dargli spaccio,
sì ch'espedito all'altra vita vada;
o non lasciare almen ch'esca d'impaccio,
ma che si stia sotto 'l cavallo a bada.
Olivier c'ha di sopra il miglior braccio,
sì che si può difender con la spada,
di qua di là tanto percuote e punge,
che, quanta è lunga, fa Sobrin star lunge.
90
Spera, s'alquanto il tien da sé rispinto,
in poco spazio uscir di quella pena.
Tutto di sangue il vede molle e tinto,
e che ne versa tanto in su l'arena,
che gli par ch'abbia tosto a restar vinto:
debole è sì, che si sostiene a pena.
Fa per levarsi Olivier molte prove,
né da dosso il destrier però si muove.
91
Trovato ha Brandimarte il re Agramante,
e cominciato a tempestargli intorno:
or con Frontin gli è al fianco, or gli è davante,
con quel Frontin che gira come un torno.
Buon cavallo ha il figliuol di Monodante:
non l'ha peggiore il re di Mezzogiorno;
ha Brigliador che gli donò Ruggiero
poi che lo tolse a Mandricardo altiero.
92
Vantaggio ha bene assai de l'armatura;
a tutta prova l'ha buona e perfetta.
Brandimarte la sua tolse a ventura,
qual poté avere a tal bisogno in fretta:
ma sua animosità sì l'assicura,
ch'in miglior tosto di cangiarla aspetta;
come che 'l re african d'aspra percossa
la spalla destra gli avea fatta rossa;
93
e serbi da Gradasso anco nel fianco
piaga da non pigliar però da giuoco.
Tanto l'attese al varco il guerrier franco,
che di cacciar la spada trovò loco.
Spezzò lo scudo, e ferì il braccio manco,
e poi ne la man destra il toccò un poco.
Ma questo un scherzo si può dire e un spasso
verso quel che fa Orlando e 'l re Gradasso.
94
Gradasso ha mezzo Orlando disarmato;
l'elmo gli ha in cima e da dui lati rotto,
e fattogli cader lo scudo al prato,
osbergo e maglia apertagli di sotto:
non l'ha ferito già, ch'era affatato.
Ma il paladino ha lui peggio condotto:
in faccia, ne la gola, in mezzo il petto
l'ha ferito, oltre a quel che già v'ho detto.
95
Gradasso disperato, che si vede
del proprio sangue tutto molle e brutto,
e ch'Orlando del suo dal capo al piede
sta dopo tanti colpi ancora asciutto;
leva il brando a due mani, e ben si crede
partirgli il capo, il petto, il ventre e 'l tutto:
e a punto, come vuol, sopra la fronte
percuote a mezza spada il fiero conte.
96
E s'era altro ch'Orlando, l'avria fatto,
l'avria sparato fin sopra la sella:
ma, come colto l'avesse di piatto,
la spada ritornò lucida e bella.
De la percossa Orlando stupefatto,
vide, mirando in terra, alcuna stella:
lasciò la briglia, e 'l brando avria lasciato;
ma di catena al braccio era legato.
97
Del suon del colpo fu tanto smarrito
il corridor ch'Orlando avea sul dorso,
che discorrendo il polveroso lito,
mostrando gìa quanto era buono al corso.
De la percossa il conte tramortito,
non ha valor di ritenergli il morso.
Segue Gradasso, e l'avria tosto giunto,
poco più che Baiardo avesse punto.
98
Ma nel voltar degli occhi, il re Agramante
vide condotto all'ultimo periglio:
che ne l'elmo il figliuol di Monodante
col braccio manco gli ha dato di piglio;
e glie l'ha dislacciato già davante,
e tenta col pugnal nuovo consiglio:
né gli può far quel re difesa molta,
perché di man gli ha ancor la spada tolta.
99
Volta Gradasso, e più non segue Orlando,
ma, dove vede il re Agramante, accorre.
L'incauto Brandimarte, non pensando
ch'Orlando costui lasci da sé torre,
non gli ha né gli occhi né 'l pensiero, instando
il coltel ne la gola al pagan porre.
Giunge Gradasso, e a tutto suo potere
con la spada a due man l'elmo gli fere.
100
Padre del ciel, dà fra gli eletti tuoi
spiriti luogo al martir tuo fedele,
che giunto al fin de' tempestosi suoi
viaggi, in porto ormai lega le vele.
Ah Durindana, dunque esser tu puoi
al tuo signore Orlando sì crudele,
che la più grata compagnia e più fida
ch'egli abbia al mondo, inanzi tu gli uccida?
101
Di ferro un cerchio grosso era duo dita
intorno all'elmo, e fu tagliato e rotto
dal gravissimo colpo, e fu partita
la cuffia de l'acciar ch'era di sotto.
Brandimarte con faccia sbigottita
giù del destrier si riversciò di botto;
e fuor del capo fe' con larga vena
correr di sangue un fiume in su l'arena.
102
Il conte si risente, e gli occhi gira,
ed ha il suo Brandimarte in terra scorto;
e sopra in atto il Serican gli mira,
che ben conoscer può che glie l'ha morto.
Non so se in lui poté più il duolo o l'ira;
ma da piangere il tempo avea sì corto,
che restò il duolo, e l'ira uscì più in fretta.
Ma tempo è ormai che fine al canto io metta.
CANTO QUARANTADUESIMO
1
Qual duro freno o qual ferrigno nodo,
qual, s'esser può, catena di diamante
farà che l'ira servi ordine e modo,
che non trascorra oltre al prescritto inante,
quando persona che con saldo chiodo
t'abbia già fissa Amor nel cor costante,
tu vegga o per violenza o per inganno
patire o disonore o mortal danno?
2
E s'a crudel, s'ad inumano effetto
quell'impeto talor l'animo svia,
merita escusa, perché allor del petto
non ha ragione imperio né balìa.
Achille, poi che sotto il falso elmetto
vide Patròclo insanguinar la via,
d'uccider chi l'uccise non fu sazio,
se nol traea, se non ne facea strazio.
3
Invitto Alfonso, simile ira accese
la vostra gente il dì che vi percosse
la fronte il grave sasso, e sì v'offese,
ch'ognun pensò che l'alma gita fosse:
l'accese in tal furor, che non difese
vostri inimici argini o mura o fosse,
che non fossino insieme tutti morti,
senza lasciar chi la novella porti.
4
Il vedervi cader causò il dolore
che i vostri a furor mosse e a crudeltade.
S'eravate in piè voi, forse minore
licenza avriano avute le lor spade.
Eravi assai, che la Bastia in manche ore
v'aveste ritornata in potestade,
che tolta in giorni a voi non era stata
da gente cordovese e di Granata.
5
Forse fu da Dio vindice permesso
che vi trovaste a quel caso impedito,
acciò che 'l crudo e scelerato eccesso
che dianzi fatto avean, fosse punito:
che, poi ch'in lor man vinto si fu messo
il miser Vestidel, lasso e ferito,
senz'arme fu tra cento spade ucciso
dal popul la più parte circonciso.
6
Ma perch'io vo' concludere, vi dico
che nessun'altra quell'ira pareggia,
quando signor, parente, o sozio antico
dinanzi agli occhi ingiuriar ti veggia.
Dunque è ben dritto per sì caro amico,
che subit'ira il cor d'Orlando feggia;
che de l'orribil colpo che gli diede
il re Gradasso, morto in terra il vede.
7
Quel nomade pastor che vedut'abbia
fuggir strisciando l'orrido serpente
che il figliuol che giocava ne la sabbia,
ucciso gli ha col venenoso dente,
stringe il baston con colera e con rabbia;
tal la spada d'ogni altra più tagliente
stringe con ira il cavallier d'Anglante:
il primo che trovò, fu 'l re Agramante;
8
che sanguinoso e de la spada privo,
con mezzo scudo e con l'elmo disciolto,
e ferito in più parti ch'io non scrivo,
s'era di man di Brandimarte tolto,
come di piè all'astor sparvier mal vivo,
a cui lasciò alla coda invido o stolto.
Orlando giunse, e messe il colpo giusto
ove il capo si termina col busto.
9
Sciolto era l'elmo e disarmato il collo,
sì che lo tagliò netto come un giunco.
Cadde, e diè nel sabbion l'ultimo crollo
del regnator di Libia il grave trunco.
Corse lo spirto all'acque, onde tirollo
Caron nel legno suo col graffio adunco.
Orlando sopra lui non si ritarda,
ma trova il Serican con Balisarda.
10
Come vide Gradasso d'Agramante
cadere il busto dal capo diviso;
quel ch'accaduto mai non gli era inante,
tremò nel core e si smarrì nel viso;
e all'arrivar del cavallier d'Anglante,
presago del suo mal, parve conquiso.
Per schermo suo partito alcun non prese,
quando il colpo mortal sopra gli scese.
11
Orlando lo ferì nel destro fianco
sotto l'ultima costa; e il ferro, immerso
nel ventre, un palmo uscì dal lato manco,
di sangue sin all'elsa tutto asperso.
Mostrò ben che di man fu del più franco
e del meglior guerrier de l'universo
il colpo ch'un signor condusse a morte,
di cui non era in Pagania il più forte.
12
Di tal vittoria non troppo gioioso,
presto di sella il paladin si getta;
e col viso turbato e lacrimoso
a Brandimarte suo corre a gran fretta.
Gli vede intorno il campo sanguinoso:
l'elmo che par ch'aperto abbia una accetta,
se fosse stato fral più che di scorza,
difeso non l'avria con minor forza.
13
Orlando l'elmo gli levò dal viso,
e ritrovò che 'l capo sino al naso
fra l'uno e l'altro ciglio era diviso:
ma pur gli è tanto spirto anco rimaso,
che de' suoi falli al Re del paradiso
può domandar perdono anzi l'occaso;
e confortare il conte, che le gote
sparge di pianto, a pazienza puote;
14
e dirgli: — Orlando, fa che ti raccordi
di me ne l'orazion tue grate a Dio;
né men ti raccomando la mia Fiordi. . . —
ma dir non poté: — . . . ligi —, e qui finio.
E voci e suoni d'angeli concordi
tosto in aria s'udir, che l'alma uscìo;
la qual disciolta dal corporeo velo
fra dolce melodia salì nel cielo.
15
Orlando, ancor che far dovea allegrezza
di sì devoto fine, e sapea certo
che Brandimarte alla suprema altezza
salito era (che 'l ciel gli vide aperto);
pur da la umana volontade, avezza
coi fragil sensi, male era sofferto
ch'un tal più che fratel gli fosse tolto,
e non aver di pianto umido il volto.
16
Sobrin che molto sangue avea perduto,
che gli piovea sul fianco e su le gote,
riverso già gran pezzo era caduto,
e aver ne dovea ormai le vene vote.
Ancor giacea Olivier, né riavuto
il piede avea, né riaver lo puote
se non ismosso, e de lo star che tanto
gli fece il destrier sopra, mezzo infranto:
17
e se 'l cognato non venìa ad aitarlo
(sì come lacrimoso era e dolente),
per sé medesmo non potea ritrarlo;
e tanta doglia e tal martìr ne sente,
che ritratto che l'ebbe, né a mutarlo
né a fermarvisi sopra era possente;
e n'ha insieme la gamba sì stordita,
che muover non si può, se non si aita.
18
De la vittoria poco rallegrosse
Orlando; e troppo gli era acerbo e duro
veder che morto Brandimarte fosse,
né del cognato molto esser sicuro.
Sobrin, che vivea ancora, ritrovosse,
ma poco chiaro avea con molto oscuro;
che la sua vita per l'uscito sangue
era vicina a rimanere esangue.
19
Lo fece tor, che tutto era sanguigno,
il conte, e medicar discretamente;
e confortollo con parlar benigno,
come se stato gli fosse parente;
che dopo il fatto nulla di maligno
in sé tenea, ma tutto era clemente.
Fece dei morti arme e cavalli torre;
del resto a' servi lor lasciò disporre.
20
Qui de la istoria mia, che non sia vera,
Federigo Fulgoso è in dubbio alquanto;
che con l'armata avendo la riviera
di Barberia trascorsa in ogni canto,
capitò quivi, e l'isola sì fiera,
montuosa e inegual ritrovò tanto,
che non è, dice, in tutto il luogo strano,
ove un sol piè si possa metter piano:
21
né verisimil tien che ne l'alpestre
scoglio sei cavallieri, il fior del mondo,
potesson far quella battaglia equestre.
Alla quale obiezion così rispondo:
ch'a quel tempo una piazza de le destre,
che sieno a questo, avea lo scoglio al fondo;
ma poi, ch'un sasso che 'l tremuoto aperse,
le cadde sopra, e tutta la coperse.
22
Sì che, o chiaro fulgor de la Fulgosa
stirpe, o serena, o sempre viva luce,
se mai mi riprendeste in questa cosa,
e forse inanti a quello invitto duce
per cui la vostra patria or si riposa,
lascia ogni odio, e in amor tutta s'induce;
vi priego che non siate a dirgli tardo,
ch'esser può che né in questo io sia bugiardo.
23
In questo tempo, alzando gli occhi al mare,
vide Orlando venire a vela in fretta
un navilio leggier, che di calare
facea sembiante sopra l'isoletta.
Di chi si fosse, io non voglio or contare,
perc'ho più d'uno altrove che m'aspetta.
Veggiamo in Francia, poi che spinto n'hanno
i Saracin, se mesti o lieti stanno.
24
Veggiàn che fa quella fedele amante
che vede il suo contento ir sì lontano;
dico la travagliata Bradamante,
poi che ritrova il giuramento vano,
ch'avea fatto Ruggier pochi dì inante,
udendo il nostro e l'altro stuol pagano.
Poi ch'in questo ancor manca, non le avanza
in ch'ella debba più metter speranza.
25
E ripetendo i pianti e le querele
che pur troppo domestiche le furo,
tornò a sua usanza a nominar crudele
Ruggiero, e 'l suo destin spietato e duro.
Indi sciogliendo al gran dolor le vele,
il ciel, che consentia tanto pergiuro,
né fatto n'avea ancor segno evidente,
ingiusto chiama, debole e impotente.
26
Ad accusar Melissa si converse,
e maledir l'oracol de la grotta;
ch'a lor mendace suasion s'immerse
nel mar d'amore, ov'è a morir condotta.
Poi con Marfisa ritornò a dolerse
del suo fratel che le ha la fede rotta:
con lei grida e si sfoga, e le domanda,
piangendo, aiuto, e se le raccomanda.
27
Marfisa si ristringe ne le spalle,
e, quel sol che pò far, le dà conforto;
né crede che Ruggier mai così falle,
ch'a lei non debba ritornar di corto.
E se non torna pur, sua fede dalle,
ch'ella non patirà sì grave torto;
o che battaglia piglierà con esso,
o gli farà osservar ciò c'ha promesso.
28
Così fa ch'ella un poco il duol raffrena;
ch'avendo ove sfogarlo, è meno acerbo.
Or ch'abbiam vista Bradamante in pena,
chiamar Ruggier pergiuro, empio e superbo;
veggiamo ancor, se miglior vita mena
il fratel suo che non ha polso o nerbo,
osso o medolla che non senta caldo
de le fiamme d'amor; dico Rinaldo.
29
dico Rinaldo, il qual, come sapete,
Angelica la bella amava tanto;
né l'avea tratto all'amorosa rete
sì la beltà di lei, come l'incanto.
Aveano gli altri paladin quiete,
essendo ai Mori ogni vigore affranto:
tra i vincitori era rimaso solo
egli captivo in amoroso duolo.
30
Cento messi a cercar che di lei fusse
avea mandato, e cerconne egli stesso.
Al fine a Malagigi si ridusse,
che nei bisogni suoi l'aiutò spesso.
A narrar il suo amor se gli condusse
col viso rosso e col ciglio demesso;
indi lo priega che gli insegni dove
la desiata Angelica si trove.
31
Gran maraviglia di sì strano caso
va rivolgendo a Malagigi il petto.
Sa che sol per Rinaldo era rimaso
d'averla cento volte e più nel letto:
ed egli stesso, acciò che persuaso
fosse di questo, avea assai fatto e detto
con prieghi e con minacce per piegarlo;
né mai avuto avea poter di farlo:
32
e tanto più, ch'allor Rinaldo avrebbe
tratto fuor Malagigi di prigione.
Fare or spontaneamente lo vorrebbe,
che nulla giova, e n'ha minor cagione.
Poi priega lui che ricordar si debbe
pur quanto ha offeso in questo oltr'a ragione;
che per negargli già, vi mancò poco
di non farlo morire in scuro loco.
33
Ma quanto a Malagigi le domande
di Rinaldo importune più pareano,
tanto, che l'amor suo fosse più grande,
indizio manifesto gli faceano.
I prieghi che con lui vani non spande,
fan che subito immerge ne l'oceano
ogni memoria de la ingiuria vecchia,
e che a dargli soccorso s'apparecchia.
34
Termine tolse alla risposta, e spene
gli diè, che favorevol gli saria,
e che gli saprà dir la via che tiene
Angelica, o sia in Francia o dove sia.
E quindi Malagigi al luogo viene
ove i demoni scongiurar solia,
ch'era fra monti inaccessibil grotta:
apre il libro, e li spirti chiama in frotta.
35
Poi ne sceglie un che de' casi d'amore
avea notizia, e da lui saper volle,
come sia che Rinaldo ch'avea il core
dianzi sì duro, or l'abbia tanto molle:
e di quelle due fonti ode il tenore,
di che l'una dà il fuoco, e l'altra il tolle;
e al mal che l'una fa, nulla soccorre,
se non l'altra acqua che contraria corre.
36
Ed ode come avendo già di quella
che l'amor caccia, beuto Rinaldo,
ai lunghi prieghi d'Angelica bella
si dimostrò così ostinato e saldo;
e che poi giunto per sua iniqua stella
a ber ne l'altra l'amoroso caldo,
tornò ad amar, per forza di quelle acque,
lei che pur dianzi oltr'al dover gli spiacque.
37
Da iniqua stella e fier destin fu giunto
a ber la fiamma in quel ghiacciato rivo;
perché Angelica venne quasi a un punto
a ber ne l'altro di dolcezza privo,
che d'ogni amor le lasciò il cor sì emunto,
ch'indi ebbe lui più che le serpi a schivo:
egli amò lei, e l'amor giunse al segno
in ch'era già di lei l'odio e lo sdegno.
38
Del caso strano di Rinaldo a pieno
fu Malagigi dal demonio istrutto,
che gli narrò d'Angelica non meno,
ch'a un giovine african si donò in tutto;
e come poi lasciato avea il terreno
tutto d'Europa, e per l'instabil flutto
verso India sciolto avea dai liti ispani
su l'audaci galee de' Catallani.
39
Poi che venne il cugin per la risposta,
molto gli disuase Malagigi
di più Angelica amar, che s'era posta
d'un vilissimo barbaro ai servigi;
ed ora sì da Francia si discosta,
che mal seguir se ne potria i vestigi:
ch'era oggimai più là ch'a mezza strada,
per andar con Medoro in sua contrada.
40
La partita d'Angelica non molto
sarebbe grave all'animoso amante;
né pur gli avria turbato il sonno, o tolto
il pensier di tornarsene in Levante:
ma sentendo ch'avea del suo amor colto
un Saracino le primizie inante,
tal passione e tal cordoglio sente,
che non fu in vita sua, mai, più dolente.
41
Non ha poter d'una risposta sola;
triema il cor dentro, e trieman fuor le labbia;
non può la lingua disnodar parola;
la bocca ha amara, e par che tosco v'abbia.
Da Malagigi subito s'invola;
e come il caccia la gelosa rabbia,
dopo gran pianto e gran ramaricarsi,
verso Levante fa pensier tornarsi.
42
Chiede licenza al figlio di Pipino:
e trova scusa che 'l destrier Baiardo,
che ne mena Gradasso saracino
contra il dover di cavallier gagliardo,
lo muove per suo onore a quel camino,
acciò che vieti al Serican bugiardo
di mai vantarsi che con spada o lancia
l'abbia levato a un paladin di Francia.
43
Lasciollo andar con sua licenza Carlo,
ben che ne fu con tutta Francia mesto;
ma finalmente non seppe negarlo,
tanto gli parve il desiderio onesto.
Vuol Dudon, vuol Guidone accompagnarlo;
ma lo niega Rinaldo a quello e a questo.
Lascia Parigi, e se ne va via solo,
pien di sospiri e d'amoroso duolo.
44
Sempre ha in memoria, e mai non se gli tolle,
ch'averla mille volte avea potuto,
e mille volte avea ostinato e folle
di sì rara beltà fatto rifiuto;
e di tanto piacer ch'aver non volle,
sì bello e sì buon tempo era perduto:
ed ora eleggerebbe un giorno corto
averne solo, e rimaner poi morto.
45
Ha sempre in mente, e mai non se ne parte,
come esser puote ch'un povero fante
abbia del cor di lei spinto da parte
merito e amor d'ogni altro primo amante.
Con tal pensier che 'l cor gli straccia e parte,
Rinaldo se ne va verso Levante;
e dritto al Reno e a Basilea si tiene,
fin che d'Ardenna alla gran selva viene.
46
Poi che fu dentro a molte miglia andato
il paladin pel bosco aventuroso,
da ville e da castella allontanato,
ove aspro era più il luogo e periglioso,
tutto in un tratto vide il ciel turbato,
sparito il sol tra nuvoli nascoso,
ed uscir fuor d'una caverna oscura
un strano mostro in feminil figura.
47
Mill'occhi in capo avea senza palpèbre;
non può serrarli, e non credo che dorma:
non men che gli occhi, avea l'orecchie crebre;
avea in loco de crin serpi a gran torma.
Fuor de le diaboliche tenèbre
nel mondo uscì la spaventevol forma.
Un fiero e maggior serpe ha per la coda,
che pel petto si gira e che l'annoda.
48
Quel ch'a Rinaldo in mille e mille imprese
più non avvenne mai, quivi gli avviene;
che come vede il mostro ch'all'offese
se gli apparecchia, e ch'a trovar lo viene,
tanta paura, quanta mai non scese
in altri forse, gli entra ne le vene:
ma pur l'usato ardir simula e finge,
e con trepida man la spada stringe.
49
S'acconcia il mostro in guisa al fiero assalto,
che si può dir che sia mastro di guerra:
vibra il serpente venenoso in alto,
e poi contra Rinaldo si disserra;
di qua di là gli vien sopra a gran salto.
Rinaldo contra lui vaneggia ed erra:
colpi a dritto e a riverso tira assai,
ma non ne tira alcun che fera mai.
50
Il mostro al petto il serpe ora gli appicca,
che sotto l'arme e sin nel cor l'agghiaccia;
ora per la visiera gliele ficca,
e fa ch'erra pel collo e per la faccia.
Rinaldo da l'impresa si dispicca,
e quanto può con sproni il destrier caccia:
ma la Furia infernal già non par zoppa,
che spicca un salto, e gli è subito in groppa.
51
Vada al traverso, al dritto, ove si voglia,
sempre ha con lui la maledetta peste;
né sa modo trovar, che se ne scioglia,
ben che 'l destrier di calcitrar non reste.
Triema a Rinaldo il cor come una foglia:
non ch'altrimente il serpe lo moleste;
ma tanto orror ne sente e tanto schivo,
che stride e geme, e duolsi ch'egli è vivo.
52
Nel più tristo sentier, nel peggior calle
scorrendo va, nel più intricato bosco,
ove ha più asprezza il balzo, ove la valle
è più spinosa, ov'è l'aer più fosco,
così sperando torsi da le spalle
quel brutto, abominoso, orrido tosco;
e ne saria mal capitato forse,
se tosto non giungea chi lo soccorse.
53
Ma lo soccorse a tempo un cavalliero
di bello armato e lucido metallo,
che porta un giogo rotto per cimiero,
di rosse fiamme ha pien lo scudo giallo;
così trapunto il suo vestire altiero,
così la sopravesta del cavallo:
la lancia ha in pugno, e la spada al suo loco,
e la mazza all'arcion, che getta foco.
54
Piena d'un foco eterno è quella mazza,
che senza consumarsi ognora avampa:
né per buon scudo o tempra di corazza
o per grossezza d'elmo se ne scampa.
Dunque si debbe il cavallier far piazza,
giri ove vuol l'inestinguibil lampa:
né manco bisognava al guerrier nostro,
per levarlo di man del crudel mostro.
55
E come cavallier d'animo saldo,
ove ha udito il rumor, corre e galoppa,
tanto che vede il mostro che Rinaldo
col brutto serpe in mille nodi agroppa,
e sentir fagli a un tempo freddo e caldo;
che non ha via di torlosi di groppa.
Va il cavalliero, e fere il mostro al fianco,
e lo fa trabboccar dal lato manco.
56
Ma quello è a pena in terra che si rizza,
e il lungo serpe intorno aggira e vibra.
Quest'altro più con l'asta non l'attizza;
ma di farla col fuoco si delibra.
La mazza impugna, e dove il serpe guizza,
spessi come tempesta i colpi libra;
né lascia tempo a quel brutto animale,
che possa farne un solo o bene o male:
57
e mentre a dietro il caccia o tiene a bada,
e lo percuote, e vendica mille onte,
consiglia il paladin che se ne vada
per quella via che s'alza verso il monte.
Quel s'appiglia al consiglio ed alla strada;
e senza dietro mai volger la fronte,
non cessa, che di vista se gli tolle,
ben che molto aspro era a salir quel colle.
58
Il cavallier, poi ch'alla scura buca
fece tornare il mostro da l'inferno,
ove rode se stesso e si manuca,
e da mille occhi versa il pianto eterno;
per esser di Rinaldo guida e duca
gli salì dietro, e sul giogo superno
gli fu alle spalle, e si mise con lui
per trarlo fuor de' luoghi oscuri e bui.
59
Come Rinaldo il vide ritornato,
gli disse che gli avea grazia infinita,
e ch'era debitore in ogni lato
di porre a beneficio suo la vita.
Poi lo domanda come sia nomato,
acciò dir sappia chi gli ha dato aita,
e tra guerrieri possa e inanzi a Carlo
de l'alta sua bontà sempre esaltarlo.
60
Rispose il cavallier: — Non ti rincresca
se 'l nome mio scoprir non ti vogli'ora:
ben tel dirò prima ch'un passo cresca
l'ombra; che ci sarà poca dimora. —
Trovaro, andando insieme, un'acqua fresca
che col suo mormorio facea talora
pastori e viandanti al chiaro rio
venire, e berne l'amoroso oblio.
61
Signor, queste eran quelle gelide acque,
quelle che spengon l'amoroso caldo;
di cui bevendo, ad Angelica nacque
l'odio ch'ebbe di poi sempre a Rinaldo.
E s'ella un tempo a lui prima dispiacque,
e se ne l'odio il ritrovò sì saldo,
non derivò, Signor, la causa altronde,
se non d'aver beuto di queste onde.
62
Il cavallier che con Rinaldo viene,
come si vede inanzi al chiaro rivo,
caldo per la fatica il destrier tiene,
e dice: — Il posar qui non fia nocivo. —
— Non fia (disse Rinaldo) se non bene;
ch'oltre che prema il mezzogiorno estivo,
m'ha così il brutto mostro travagliato,
che 'l riposar mi fia commodo e grato. —
63
L'un e l'altro smontò del suo cavallo,
e pascer lo lasciò per la foresta;
e nel fiorito verde a rosso e a giallo
ambi si trasson l'elmo de la testa.
Corse Rinaldo al liquido cristallo,
spinto da caldo e da sete molesta,
e cacciò, a un sorso del freddo liquore,
dal petto ardente e la sete e l'amore.
64
Quando lo vide l'altro cavalliero
la bocca sollevar de l'acqua molle,
e ritrarne pentito ogni pensiero
di quel desir ch'ebbe d'amor sì folle;
si levò ritto, e con sembiante altiero
gli disse quel che dianzi dir non volle:
— Sappi, Rinaldo, il nome mio è lo Sdegno,
venuto sol per sciorti il giogo indegno. —
65
Così dicendo, subito gli sparve,
e sparve insieme il suo destrier con lui.
Questo a Rinaldo un gran miracol parve;
s'aggirò intorno, e disse: — Ove è costui? —
Stimar non sa se sian magiche larve,
che Malagigi un de' ministri sui
gli abbia mandato a romper la catena
che lungamente l'ha tenuto in pena:
66
o pur che Dio da l'alta ierarchia
gli abbia per ineffabil sua bontade
mandato, come già mandò a Tobia,
un angelo a levar di cecitade.
Ma buono o rio demonio, o quel che sia,
che gli ha renduta la sua libertade,
ringrazia e loda; e da lui sol conosce
che sano ha il cor da l'amorose angosce.
67
Gli fu nel primier odio ritornata
Angelica; e gli parve troppo indegna
d'esser, non che sì lungi seguitata,
ma che per lei pur mezza lega vegna.