18
Il travaglio del mare e la paura
che tenuta alcun dì l'aveano desta,
il ritrovarsi al lito ora sicura,
lontana da rumor ne la foresta,
e che nessun pensier, nessuna cura,
poi che 'l suo amante ha seco, la molesta;
fur cagion ch'ebbe Olimpia sì gran sonno,
che gli orsi e i ghiri aver maggior nol ponno.
Il travaglio del mare e la paura
che tenuta alcun dì l'aveano desta,
il ritrovarsi al lito ora sicura,
lontana da rumor ne la foresta,
e che nessun pensier, nessuna cura,
poi che 'l suo amante ha seco, la molesta;
fur cagion ch'ebbe Olimpia sì gran sonno,
che gli orsi e i ghiri aver maggior nol ponno.
Ariosto - Orlando Furioso
oh misero!
che voglio
se non morir, se 'l mio bel fior colto hanno?
O sommo Dio, fammi sentir cordoglio
prima d'ogn'altro, che di questo danno.
Se questo è ver, con le mie man mi toglio
la vita, e l'alma disperata danno. —
Così, piangendo forte e sospirando,
seco dicea l'addolorato Orlando.
79
Già in ogni parte gli animanti lassi
davan riposo ai travagliati spirti,
chi su le piume, e chi sui duri sassi,
e chi su l'erbe, e chi su faggi o mirti:
tu le palpebre, Orlando, a pena abbassi,
punto da' tuoi pensieri acuti ed irti;
né quel sì breve e fuggitivo sonno
godere in pace anco lasciar ti ponno.
80
Parea ad Orlando, s'una verde riva
d'odoriferi fior tutta dipinta,
mirare il bello avorio, e la nativa
purpura ch'avea Amor di sua man tinta,
e le due chiare stelle onde nutriva
ne le reti d'Amor l'anima avinta:
io parlo de' begli occhi e del bel volto,
che gli hanno il cor di mezzo il petto tolto.
81
Sentia il maggior piacer, la maggior festa
che sentir possa alcun felice amante:
ma ecco intanto uscire una tempesta
che struggea i fior, ed abbattea le piante:
non se ne suol veder simile a questa,
quando giostra aquilone, austro e levante.
Parea che per trovar qualche coperto,
andasse errando invan per un deserto.
82
Intanto l'infelice (e non sa come)
perde la donna sua per l'aer fosco;
onde di qua e di là del suo bel nome
fa risonare ogni campagna e bosco.
E mentre dice indarno: — Misero me!
chi ha cangiata mia dolcezza in tosco? —
ode la donna sua che gli domanda,
piangendo, aiuto, e se gli raccomanda.
83
Onde par ch'esca il grido, va veloce,
e quinci e quindi s'affatica assai.
Oh quanto è il suo dolore aspro ed atroce,
che non può rivedere i dolci rai!
Ecco ch'altronde ode da un'altra voce:
— Non sperar più gioirne in terra mai. —
A questo orribil grido risvegliossi,
e tutto pien di lacrime trovossi.
84
Senza pensar che sian l'immagin false
quando per tema o per disio si sogna,
de la donzella per modo gli calse,
che stimò giunta a danno od a vergogna,
che fulminando fuor del letto salse.
Di piastra e maglia, quanto gli bisogna,
tutto guarnissi, e Brigliadoro tolse;
né di scudiero alcun servigio volse.
85
E per poter entrare ogni sentiero,
che la sua dignità macchia non pigli,
non l'onorata insegna del quartiero,
distinta di color bianchi e vermigli,
ma portar volse un ornamento nero;
e forse acciò ch'al suo dolor simigli:
e quello avea già tolto a uno amostante,
ch'uccise di sua man pochi anni inante.
86
Da mezza notte tacito si parte,
e non saluta e non fa motto al zio;
né al fido suo compagno Brandimarte,
che tanto amar solea, pur dice a Dio.
Ma poi che 'l Sol con l'auree chiome sparte
del ricco albergo di Titone uscìo
e fe' l'ombra fugire umida e nera,
s'avide il re che 'l paladin non v'era.
87
Con suo gran dispiacer s'avede Carlo
che partito la notte è 'l suo nipote,
quando esser dovea seco e più aiutarlo;
e ritener la colera non puote,
ch'a lamentarsi d'esso, ed a gravarlo
non incominci di biasmevol note:
e minacciar, se non ritorna, e dire
che lo faria di tanto error pentire.
88
Brandimarte, ch'Orlando amava a pare
di sé medesmo, non fece soggiorno;
o che sperasse farlo ritornare,
o sdegno avesse udirne biasmo e scorno;
e volse a pena tanto dimorare,
ch'uscisse fuor ne l'oscurar del giorno.
A Fiordiligi sua nulla ne disse,
perché 'l disegno suo non gl'impedisse.
89
Era questa una donna che fu molto
da lui diletta, e ne fu raro senza;
di costumi, di grazia e di bel volto
dotata e d'accortezza e di prudenza:
e se licenza or non n'aveva tolto,
fu che sperò tornarle alla presenza
il dì medesmo; ma gli accadde poi,
che lo tardò più dei disegni suoi.
90
E poi ch'ella aspettato quasi un mese
indarno l'ebbe, e che tornar nol vide,
di desiderio sì di lui s'accese,
che si partì senza compagni o guide;
e cercandone andò molto paese,
come l'istoria al luogo suo dicide.
Di questi dua non vi dico or più inante;
che più m'importa il cavallier d'Anglante.
91
Il qual, poi che mutato ebbe d'Almonte
le gloriose insegne, andò alla porta,
e disse ne l'orecchio: — Io sono il conte —
a un capitan che vi facea la scorta;
e fattosi abassar subito il ponte,
per quella strada che più breve porta
agl'inimici, se n'andò diritto.
Quel che seguì, ne l'altro canto è scritto.
CANTO NONO
1
Che non può far d'un cor ch'abbia suggetto
questo crudele e traditore Amore,
poi ch'ad Orlando può levar del petto
la tanta fe' che debbe al suo Signore?
Già savio e pieno fu d'ogni rispetto,
e de la santa Chiesa difensore;
or per un vano amor, poco del zio,
e di sé poco, e men cura di Dio.
2
Ma l'escuso io pur troppo, e mi rallegro
nel mio difetto aver compagno tale;
ch'anch'io sono al mio ben languido ed egro,
sano e gagliardo a seguitare il male.
Quel se ne va tutto vestito a negro,
né tanti amici abandonar gli cale;
e passa dove d'Africa e di Spagna
la gente era attendata alla campagna:
3
anzi non attendata, perché sotto
alberi e tetti l'ha sparsa la pioggia
a dieci, a venti, a quattro, a sette, ad otto;
chi più distante e chi più presso alloggia.
Ognuno dorme travagliato e rotto:
chi steso in terra, e chi alla man s'appoggia.
Dormono; e il conte uccider ne può assai:
né però stringe Durindana mai.
4
Di tanto core è il generoso Orlando,
che non degna ferir gente che dorma.
Or questo, e quando quel luogo cercando
va, per trovar de la sua donna l'orma.
Se truova alcun che veggi, sospirando
gli ne dipinge l'abito e la forma;
e poi lo priega che per cortesia
gl'insegni andar in parte ove ella sia.
5
E poi che venne il dì chiaro e lucente,
tutto cercò l'esercito moresco:
e ben lo potea far sicuramente,
avendo indosso l'abito arabesco;
ed aiutollo in questo parimente,
che sapeva altro idioma che francesco,
e l'africano tanto avea espedito,
che parea nato a Tripoli e nutrito.
6
Quivi il tutto cercò, dove dimora
fece tre giorni, e non per altro effetto;
poi dentro alle cittadi e a' borghi fuora
non spiò sol per Francia e suo distretto,
ma per Uvernia e per Guascogna ancora
rivide sin all'ultimo borghetto:
e cercò da Provenza alla Bretagna,
e dai Picardi ai termini di Spagna.
7
Tra il fin d'ottobre e il capo di novembre,
ne la stagion che la frondosa vesta
vede levarsi e discoprir le membre
trepida pianta, fin che nuda resta,
e van gli augelli a strette schiere insembre,
Orlando entrò ne l'amorosa inchiesta;
né tutto il verno appresso lasciò quella,
né la lasciò ne la stagion novella.
8
Passando un giorno, come avea costume,
d'un paese in un altro, arrivò dove
parte i Normandi dai Bretoni un fiume,
e verso il vicin mar cheto si muove;
ch'allora gonfio e bianco già di spume
per nieve sciolta e per montane piove:
e l'impeto de l'acqua avea disciolto
e tratto seco il ponte, e il passo tolto.
9
Con gli occhi cerca or questo lato or quello,
lungo le ripe il paladin, se vede
(quando né pesce egli non è, né augello)
come abbia a por ne l'altra ripa il piede:
ed ecco a sé venir vede un battello,
ne la cui poppa una donzella siede,
che di volere a lui venir fa segno;
né lascia poi ch'arrivi in terra il legno.
10
Prora in terra non pon; ché d'esser carca
contra sua volontà forse sospetta.
Orlando priega lei che ne la barca
seco lo tolga, ed oltre il fiume il metta.
Ed ella lui: — Qui cavallier non varca,
il qual su la sua fé non mi prometta
di fare una battaglia a mia richiesta,
la più giusta del mondo e la più onesta.
11
Sì che s'avete, cavallier, desire
di por per me ne l'altra ripa i passi,
promettetemi, prima che finire
quest'altro mese prossimo si lassi,
ch'al re d'Ibernia v'anderete a unire,
appresso al qual la bella armata fassi
per distrugger quell'isola d'Ebuda,
che, di quante il mar cinge, è la più cruda.
12
Voi dovete saper ch'oltre l'Irlanda,
fra molte che vi son, l'isola giace
nomata Ebuda, che per legge manda
rubando intorno il suo popul rapace;
e quante donne può pigliar, vivanda
tutte destina a un animal vorace,
che viene ogni dì al lito, e sempre nuova
donna o donzella, onde si pasca, truova;
13
che mercanti e corsar che vanno attorno,
ve ne fan copia, e più de le più belle.
Ben potete contare, una per giorno,
quante morte vi sian donne e donzelle.
Ma se pietade in voi truova soggiorno,
se non sete d'Amor tutto ribelle,
siate contento esser tra questi eletto,
che van per far sì fruttuoso effetto. —
14
Orlando volse a pena udire il tutto,
che giurò d'esser primo a quella impresa,
come quel ch'alcun atto iniquo e brutto
non può sentire, e d'ascoltar gli pesa:
e fu a pensare, indi a temere indutto,
che quella gente Angelica abbia presa;
poi che cercata l'ha per tanta via,
né potutone ancor ritrovar spia.
15
Questa imaginazion sì gli confuse
e sì gli tolse ogni primier disegno,
che, quanto in fretta più potea, conchiuse
di navigare a quello iniquo regno.
Né prima l'altro sol nel mar si chiuse,
che presso a San Malò ritrovò un legno,
nel qual si pose; e fatto alzar le vele,
passò la notte il monte San Michele.
16
Breaco e Landriglier lascia a man manca,
e va radendo il gran lito britone;
e poi si drizza invêr l'arena bianca,
onde Ingleterra si nomò Albione;
ma il vento, ch'era da meriggie, manca,
e soffia tra il ponente e l'aquilone
con tanta forza, che fa al basso porre
tutte le vele, e sé per poppa torre.
17
Quanto il navilio inanzi era venuto
in quattro giorni, in un ritornò indietro,
ne l'alto mar dal buon nochier tenuto,
che non dia in terra e sembri un fragil vetro.
Il vento, poi che furioso suto
fu quattro giorni, il quinto cangiò metro:
lasciò senza contrasto il legno entrare
dove il fiume d'Anversa ha foce in mare.
18
Tosto che ne la foce entrò lo stanco
nochier col legno afflitto, e il lito prese,
fuor d'una terra che sul destro fianco
di quel fiume sedeva, un vecchio scese,
di molta età, per quanto il crine bianco
ne dava indicio; il qual tutto cortese,
dopo i saluti, al conte rivoltosse,
che capo giudicò che di lor fosse.
19
E da parte il pregò d'una donzella,
ch'a lei venir non gli paresse grave,
la qual ritroverebbe, oltre che bella,
più ch'altra al mondo affabile e soave;
over fosse contento aspettar ch'ella
verrebbe a trovar lui fin alla nave:
né più restio volesse esser di quanti
quivi eran giunti cavallieri erranti;
20
che nessun altro cavallier, ch'arriva
o per terra o per mare a questa foce,
di ragionar con la donzella schiva,
per consigliarla in un suo caso atroce.
Udito questo, Orlando in su la riva
senza punto indugiarsi uscì veloce;
e come umano e pien di cortesia,
dove il vecchio il menò, prese la via.
21
Fu ne la terra il paladin condutto
dentro un palazzo, ove al salir le scale,
una donna trovò piena di lutto,
per quanto il viso ne facea segnale,
e i negri panni che coprian per tutto
e le logge e le camere e le sale;
la qual, dopo accoglienza grata e onesta
fattol seder, gli disse in voce mesta:
22
— Io voglio che sappiate che figliuola
fui del conte d'Olanda, a lui sì grata
(quantunque prole io non gli fossi sola,
ch'era da dui fratelli accompagnata),
ch'a quanto io gli chiedea, da lui parola
contraria non mi fu mai replicata.
Standomi lieta in questo stato, avenne
che ne la nostra terra un duca venne.
23
Duca era di Selandia, e se ne giva
verso Biscaglia a guerreggiar coi Mori.
La bellezza e l'età ch'in lui fioriva,
e li non più da me sentiti amori
con poca guerra me gli fer captiva;
tanto più che, per quel ch'apparea fuori,
io credea e credo, e creder credo il vero,
ch'amasse ed ami me con cor sincero.
24
Quei giorni che con noi contrario vento,
contrario agli altri, a me propizio, il tenne
(ch'agli altri fur quaranta, a me un momento;
così al fuggire ebbon veloci penne),
fummo più volte insieme a parlamento,
dove, che 'l matrimonio con solenne
rito al ritorno suo saria tra nui
mi promise egli, ed io 'l promisi a lui.
25
Bireno a pena era da noi partito
(che così ha nome il mio fedele amante),
che 'l re di Frisa (la qual, quanto il lito
del mar divide il fiume, è a noi distante),
disegnando il figliuol farmi marito,
ch'unico al mondo avea, nomato Arbante,
per li più degni del suo stato manda
a domandarmi al mio padre in Olanda.
26
Io ch'all'amante mio di quella fede
mancar non posso, che gli aveva data,
e anco ch'io possa, Amor non mi conciede
che poter voglia, e ch'io sia tanto ingrata;
per ruinar la pratica ch'in piede
era gagliarda, e presso al fin guidata,
dico a mio padre, che prima ch'in Frisa
mi dia marito, io voglio essere uccisa.
27
Il mio buon padre, al qual sol piacea quanto
a me piacea, né mai turbar mi volse,
per consolarmi e far cessare il pianto
ch'io ne facea, la pratica disciolse:
di che il superbo re di Frisa tanto
isdegno prese e a tanto odio si volse,
ch'entrò in Olanda, e cominciò la guerra
che tutto il sangue mio cacciò sotterra.
28
Oltre che sia robusto, e sì possente,
che pochi pari a nostra età ritruova,
e sì astuto in mal far, ch'altrui niente
la possanza, l'ardir, l'ingegno giova;
porta alcun'arme che l'antica gente
non vide mai, né fuor ch'a lui, la nuova:
un ferro bugio, lungo da dua braccia,
dentro a cui polve ed una palla caccia.
29
Col fuoco dietro ove la canna è chiusa,
tocca un spiraglio che si vede a pena;
a guisa che toccare il medico usa
dove è bisogno d'allacciar la vena:
onde vien con tal suon la palla esclusa,
che si può dir che tuona e che balena;
né men che soglia il fulmine ove passa,
ciò che tocca, arde, abatte, apre e fracassa.
30
Pose due volte il nostro campo in rotta
con questo inganno, e i miei fratelli uccise:
nel primo assalto il primo; che la botta,
rotto l'usbergo, in mezzo il cor gli mise;
ne l'altra zuffa a l'altro, il quale in frotta
fuggìa, dal corpo l'anima divise;
e lo ferì lontan dietro la spalla,
e fuor del petto uscir fece la palla.
31
Difendendosi poi mio padre un giorno
dentro un castel che sol gli era rimaso,
che tutto il resto avea perduto intorno,
lo fe' con simil colpo ire all'occaso;
che mentre andava e che facea ritorno,
provedendo or a questo or a quel caso,
dal traditor fu in mezzo gli occhi colto,
che l'avea di lontan di mira tolto.
32
Morto i fratelli e il padre, e rimasa io
de l'isola d'Olanda unica erede,
il re di Frisa, perché avea disio
di ben fermare in quello stato il piede,
mi fa sapere, e così al popul mio,
che pace e che riposo mi conciede,
quando io vogli or, quel che non volsi inante,
tor per marito il suo figliuolo Arbante.
33
Io per l'odio non sì, che grave porto
a lui e a tutta la sua iniqua schiatta,
il qual m'ha dui fratelli e 'l padre morto,
saccheggiata la patria, arsa e disfatta;
come perché a colui non vo' far torto,
a cui già la promessa aveva fatta,
ch'altr'uomo non saria che mi sposasse,
fin che di Spagna a me non ritornasse:
34
— Per un mal ch'io patisco, ne vo' cento
patir (rispondo), e far di tutto il resto;
esser morta, arsa viva, e che sia al vento
la cener sparsa, inanzi che far questo. —
Studia la gente mia di questo intento
tormi: chi priega, e chi mi fa protesto
di dargli in mano me e la terra, prima
che la mia ostinazion tutti ci opprima.
35
Così, poi che i protesti e i prieghi invano
vider gittarsi, e che pur stava dura,
presero accordo col Frisone, e in mano,
come avean detto, gli dier me e le mura.
Quel, senza farmi alcuno atto villano,
de la vita e del regno m'assicura,
pur ch'io indolcisca l'indurate voglie,
e che d'Arbante suo mi faccia moglie.
36
Io che sforzar così mi veggio, voglio,
per uscirgli di man, perder la vita;
ma se pria non mi vendico, mi doglio
più che di quanta ingiuria abbia patita.
Fo pensier molti; e veggio al mio cordoglio
che solo il simular può dare aita:
fingo ch'io brami, non che non mi piaccia,
che mi perdoni e sua nuora mi faccia.
37
Fra molti ch'al servizio erano stati
già di mio padre, io scelgo dui fratelli,
di grande ingegno e di gran cor dotati,
ma più di vera fede, come quelli
che cresciutici in corte ed allevati
si son con noi da teneri citelli;
e tanto miei, che poco lor parria
la vita por per la salute mia.
38
Communico con loro il mio disegno:
essi prometton d'essermi in aiuto.
L'un viene in Fiandra, e v'apparecchia un legno;
l'altro meco in Olanda ho ritenuto.
Or mentre i forestieri e quei del regno
s'invitano alle nozze, fu saputo
che Bireno in Biscaglia avea una armata,
per venire in Olanda, apparecchiata.
39
Però che, fatta la prima battaglia
dove fu rotto un mio fratello e ucciso,
spacciar tosto un corrier feci in Biscaglia,
che portassi a Bireno il tristo aviso;
il qual mentre che s'arma e si travaglia,
dal re di Frisa il resto fu conquiso.
Bireno, che di ciò nulla sapea,
per darci aiuto i legni sciolti avea.
40
Di questo avuto aviso il re frisone,
de le nozze al figliuol la cura lassa;
e con l'armata sua nel mar si pone:
truova il duca, lo rompe, arde e fracassa,
e, come vuol Fortuna, il fa prigione;
ma di ciò ancor la nuova a noi non passa.
Mi sposa intanto il giovene, e si vuole
meco corcar come si corchi il sole.
41
Io dietro alle cortine avea nascoso
quel mio fedele; il qual nulla si mosse
prima che a me venir vide lo sposo;
e non l'attese che corcato fosse,
ch'alzò un'accetta, e con sì valoroso
braccio dietro nel capo lo percosse,
che gli levò la vita e la parola:
io saltai presta, e gli segai la gola.
42
Come cadere il bue suole al macello,
cade il malnato giovene, in dispetto
del re Cimosco, il più d'ogn'altro fello;
che l'empio re di Frisa è così detto,
che morto l'uno e l'altro mio fratello
m'avea col padre, e per meglio suggetto
farsi il mio stato, mi volea per nuora;
e forse un giorno uccisa avria me ancora.
43
Prima ch'altro disturbo vi si metta,
tolto quel che più vale e meno pesa,
il mio compagno al mar mi cala in fretta
da la finestra a un canape sospesa,
là dove attento il suo fratello aspetta
sopra la barca ch'avea in Fiandra presa.
Demmo le vele ai venti e i remi all'acque,
e tutti ci salvian, come a Dio piacque.
44
Non so se 'l re di Frisa più dolente
del figliuol morto, o se più d'ira acceso
fosse contra di me, che 'l dì seguente
giunse là dove si trovò sì offeso.
Superbo ritornava egli e sua gente
de la vittoria e di Bireno preso;
e credendo venire a nozze e a festa,
ogni cosa trovò scura e funesta.
45
La pietà del figliuol, l'odio ch'aveva
a me, né dì né notte il lascia mai.
Ma perché il pianger morti non rileva,
e la vendetta sfoga l'odio assai,
la parte del pensier, ch'esser doveva
de la pietade in sospirare e in guai,
vuol che con l'odio a investigar s'unisca,
come egli m'abbia in mano e mi punisca.
46
Quei tutti che sapeva e gli era detto
che mi fossino amici, o di quei miei
che m'aveano aiutata a far l'effetto,
uccise, o lor beni arse, o li fe' rei.
Volse uccider Bireno in mio dispetto;
che d'altro sì doler non mi potrei:
gli parve poi, se vivo lo tenesse,
che per pigliarmi, in man la rete avesse.
47
Ma gli propone una crudele e dura
condizion: gli fa termine un anno,
al fin del qual gli darà morte oscura,
se prima egli per forza o per inganno,
con amici e parenti non procura,
con tutto ciò che ponno e ciò che sanno,
di darmigli in prigion: sì che la via
di lui salvare è sol la morte mia.
48
Ciò che si possa far per sua salute,
fuor che perder me stessa, il tutto ho fatto.
Sei castella ebbi in Fiandra, e l'ho vendute:
e 'l poco o 'l molto prezzo ch'io n'ho tratto,
parte, tentando per persone astute
i guardiani corrumpere, ho distratto;
e parte, per far muovere alli danni
di quell'empio or gl'Inglesi, or gli Alamanni.
49
I mezzi, o che non abbiano potuto,
o che non abbian fatto il dover loro,
m'hanno dato parole e non aiuto;
e sprezzano or che n'han cavato l'oro:
e presso al fine il termine è venuto,
dopo il qual né la forza né 'l tesoro
potrà giunger più a tempo, sì che morte
e strazio schivi al mio caro consorte.
50
Mio padre e' miei fratelli mi son stati
morti per lui; per lui toltomi il regno;
per lui quei pochi beni che restati
m'eran, del viver mio soli sostegno,
per trarlo di prigione ho disipati:
né mi resta ora in che più far disegno,
se non d'andarmi io stessa in mano a porre
di sì crudel nimico, e lui disciorre.
51
Se dunque da far altro non mi resta,
né si truova al suo scampo altro riparo
che per lui por questa mia vita, questa
mia vita per lui por mi sarà caro.
Ma sola una paura mi molesta,
che non saprò far patto così chiaro,
che m'assicuri che non sia il tiranno,
poi ch'avuta m'avrà, per fare inganno.
52
Io dubito che poi che m'avrà in gabbia
e fatto avrà di me tutti li strazi,
né Bireno per questo a lasciare abbia,
sì ch'esser per me sciolto mi ringrazi;
come periuro, e pien di tanta rabbia,
che di me sola uccider non si sazi:
e quel ch'avrà di me, né più né meno
faccia di poi del misero Bireno.
53
Or la cagion che conferir con voi
mi fa i miei casi, e ch'io li dico a quanti
signori e cavallier vengono a noi,
è solo acciò, parlandone con tanti,
m'insegni alcun d'assicurar che, poi
ch'a quel crudel mi sia condotta avanti,
non abbia a ritener Bireno ancora,
né voglia, morta me, ch'esso poi mora.
54
Pregato ho alcun guerrier, che meco sia
quando io mi darò in mano al re di Frisa;
ma mi prometta e la sua fe' mi dia,
che questo cambio sarà fatto in guisa,
ch'a un tempo io data, e liberato fia
Bireno: sì che quando io sarò uccisa,
morrò contenta, poi che la mia morte
avrà dato la vita al mio consorte.
55
Né fino a questo dì truovo chi toglia
sopra la fede sua d'assicurarmi,
che quando io sia condotta, e che mi voglia
aver quel re, senza Bireno darmi,
egli non lascierà contra mia voglia
che presa io sia: sì teme ognun quell'armi;
teme quell'armi, a cui par che non possa
star piastra incontra, e sia quanto vuol grossa.
56
Or, s'in voi la virtù non è diforme
dal fier sembiante e da l'erculeo aspetto,
e credete poter darmegli, e torme
anco da lui, quando non vada retto;
siate contento d'esser meco a porme
ne le man sue: ch'io non avrò sospetto,
quando voi siate meco, se ben io
poi ne morrò, che muora il signor mio. —
57
Qui la donzella il suo parlar conchiuse,
che con pianto e sospir spesso interroppe.
Orlando, poi ch'ella la bocca chiuse,
le cui voglie al ben far mai non fur zoppe,
in parole con lei non si diffuse;
che di natura non usava troppe:
ma le promise, e la sua fé le diede,
che farìa più di quel ch'ella gli chiede.
58
Non è sua intenzion ch'ella in man vada
del suo nimico per salvar Bireno:
ben salverà amendui, se la sua spada
e l'usato valor non gli vien meno.
Il medesimo dì piglian la strada,
poi c'hanno il vento prospero e sereno.
Il paladin s'affretta; che di gire
all'isola del mostro avea desire.
59
Or volta all'una, or volta all'altra banda
per gli alti stagni il buon nochier la vela:
scuopre un'isola e un'altra di Zilanda;
scuopre una inanzi, e un'altra a dietro cela.
Orlando smonta il terzo dì in Olanda;
ma non smonta colei che si querela
del re di Frisa: Orlando vuol che intenda
la morte di quel rio, prima che scenda.
60
Nel lito armato il paladino varca
sopra un corsier di pel tra bigio e nero,
nutrito in Fiandra e nato in Danismarca,
grande e possente assai più che leggiero;
però ch'avea, quando si messe in barca,
in Bretagna lasciato il suo destriero,
quel Brigliador sì bello e sì gagliardo,
che non ha paragon, fuor che Baiardo.
61
Giunge Orlando a Dordreche, e quivi truova
di molta gente armata in su la porta;
sì perché sempre, ma più quando è nuova,
seco ogni signoria sospetto porta;
sì perché dianzi giunta era una nuova,
che di Selandia con armata scorta
di navili e di gente un cugin viene
di quel signor che qui prigion si tiene.
62
Orlando prega uno di lor, che vada
e dica al re, ch'un cavalliero errante
disia con lui provarsi a lancia e a spada;
ma che vuol che tra lor sia patto inante:
che se 'l re fa che, chi lo sfida, cada,
la donna abbia d'aver, ch'uccise Arbante;
che 'l cavallier l'ha in loco non lontano
da poter sempremai darglila in mano;
63
ed all'incontro vuol che 'l re prometta,
ch'ove egli vinto ne la pugna sia,
Bireno in libertà subito metta,
e che lo lasci andare alla sua via.
Il fante al re fa l'ambasciata in fretta:
ma quel, che né virtù né cortesia
conobbe mai, drizzò tutto il suo intento
alla fraude, all'inganno, al tradimento.
64
Gli par ch'avendo in mano il cavalliero,
avrà la donna ancor, che sì l'ha offeso,
s'in possanza di lui la donna è vero
che si ritruovi, e il fante ha ben inteso.
Trenta uomini pigliar fece sentiero
diverso da la porta ov'era atteso,
che dopo occulto ed assai lungo giro,
dietro alle spalle al paladino usciro.
65
Il traditore intanto dar parole
fatto gli avea, sin che i cavalli e i fanti
vede esser giunti al loco ove gli vuole;
da la porta esce poi con altretanti.
Come le fere e il bosco cinger suole
perito cacciator da tutti i canti;
come appresso a Volana i pesci e l'onda
con lunga rete il pescator circonda:
66
così per ogni via dal re di Frisa,
che quel guerrier non fugga, si provede.
Vivo lo vuole, e non in altra guisa:
e questo far sì facilmente crede,
che 'l fulmine terrestre, con che uccisa
ha tanta e tanta gente, ora non chiede;
che quivi non gli par che si convegna,
dove pigliar, non far morir, disegna.
67
Qual cauto ucellator che serba vivi,
intento a maggior preda, i primi augelli,
acciò in più quantitade altri captivi
faccia col giuoco e col zimbel di quelli:
tal esser volse il re Cimosco quivi:
ma già non volse Orlando esser di quelli
che si lascin pigliar al primo tratto;
e tosto roppe il cerchio ch'avean fatto.
68
Il cavallier d'Anglante, ove più spesse
vide le genti e l'arme, abbassò l'asta;
ed uno in quella e poscia un altro messe,
e un altro e un altro, che sembrar di pasta;
e fin a sei ve n'infilzò, e li resse
tutti una lancia: e perch'ella non basta
a più capir, lasciò il settimo fuore
ferito sì, che di quel colpo muore.
69
Non altrimente ne l'estrema arena
veggiàn le rane de canali e fosse
dal cauto arcier nei fianchi e ne la schiena,
l'una vicina all'altra, esser percosse;
né da la freccia, fin che tutta piena
non sia da un capo all'altro, esser rimosse.
La grave lancia Orlando da sé scaglia,
e con la spada entrò ne la battaglia.
70
Rotta la lancia, quella spada strinse,
quella che mai non fu menata in fallo;
e ad ogni colpo, o taglio o punta, estinse
quando uomo a piedi, e quando uomo a cavallo:
dove toccò, sempre in vermiglio tinse
l'azzurro, il verde, il bianco, il nero, il giallo.
Duolsi Cimosco che la canna e il fuoco
seco or non ha, quando v'avrian più loco.
71
E con gran voce e con minacce chiede
che portati gli sian, ma poco è udito;
che chi ha ritratto a salvamento il piede
ne la città, non è d'uscir più ardito.
Il re frison, che fuggir gli altri vede,
d'esser salvo egli ancor piglia partito:
corre alla porta, e vuole alzare il ponte,
ma troppo è presto ad arrivare il conte.
72
Il re volta le spalle, e signor lassa
del ponte Orlando e d'amendue le porte;
e fugge, e inanzi a tutti gli altri passa,
mercé che 'l suo destrier corre più forte.
Non mira Orlando a quella plebe bassa:
vuole il fellon, non gli altri, porre a morte;
ma il suo destrier sì al corso poco vale,
che restio sembra, e chi fugge, abbia l'ale.
73
D'una in un'altra via si leva ratto
di vista al paladin; ma indugia poco,
che torna con nuove armi; che s'ha fatto
portare intanto il cavo ferro e il fuoco:
e dietro un canto postosi di piatto,
l'attende, come il cacciatore al loco,
coi cani armati e con lo spiedo, attende
il fier cingial che ruinoso scende;
74
che spezza i rami e fa cadere i sassi,
e ovunque drizzi l'orgogliosa fronte,
sembra a tanto rumor che si fracassi
la selva intorno, e che si svella il monte.
Sta Cimosco alla posta, acciò non passi
senza pagargli il fio l'audace conte:
tosto ch'appare, allo spiraglio tocca
col fuoco il ferro, e quel subito scocca.
75
Dietro lampeggia a guisa di baleno,
dinanzi scoppia, e manda in aria il tuono.
Trieman le mura, e sotto i piè il terreno;
il ciel ribomba al paventoso suono.
L'ardente stral, che spezza e venir meno
fa ciò ch'incontra, e dà a nessun perdono,
sibila e stride; ma, come è il desire
di quel brutto assassin, non va a ferire.
76
O sia la fretta, o sia la troppa voglia
d'uccider quel baron, ch'errar lo faccia;
o sia che il cor, tremando come foglia,
faccia insieme tremare e mani e braccia;
o la bontà divina che non voglia
che 'l suo fedel campion sì tosto giaccia:
quel colpo al ventre del destrier si torse;
lo cacciò in terra, onde mai più non sorse.
77
Cade a terra il cavallo e il cavalliero:
la preme l'un, la tocca l'altro a pena;
che si leva sì destro e sì leggiero,
come cresciuto gli sia possa e lena.
Quale il libico Anteo sempre più fiero
surger solea da la percossa arena,
tal surger parve, e che la forza, quando
toccò il terren, si radoppiasse a Orlando.
78
Chi vide mai dal ciel cadere il foco
che con sì orrendo suon Giove disserra,
e penetrare ove un richiuso loco
carbon con zolfo e con salnitro serra;
ch'a pena arriva, a pena tocca un poco,
che par ch'avampi il ciel, non che la terra;
spezza le mura, e i gravi marmi svelle,
e fa i sassi volar sin alle stelle;
79
s'imagini che tal, poi che cadendo
toccò la terra, il paladino fosse:
con sì fiero sembiante aspro ed orrendo,
da far tremar nel ciel Marte, si mosse.
Di che smarrito il re frison, torcendo
la briglia indietro, per fuggir voltosse;
ma gli fu dietro Orlando con più fretta,
che non esce da l'arco una saetta:
80
e quel che non avea potuto prima
fare a cavallo, or farà essendo a piede.
Lo seguita sì ratto, ch'ogni stima
di chi nol vide, ogni credenza eccede.
Lo giunse in poca strada; ed alla cima
de l'elmo alza la spada, e sì lo fiede,
che gli parte la testa fin al collo,
e in terra il manda a dar l'ultimo crollo.
81
Ecco levar ne la città si sente
nuovo rumor, nuovo menar di spade;
che 'l cugin di Bireno con la gente
ch'avea condutta da le sue contrade,
poi che la porta ritrovò patente,
era venuto dentro alla cittade,
dal paladino in tal timor ridutta,
che senza intoppo la può scorrer tutta.
82
Fugge il populo in rotta, che non scorge
chi questa gente sia, né che domandi;
ma poi ch'uno ed un altro pur s'accorge
all'abito e al parlar, che son Selandi,
chiede lor pace, e il foglio bianco porge;
e dice al capitan che gli comandi,
e dar gli vuol contro i Frisoni aiuto,
che 'l suo duca in prigion gli han ritenuto.
83
Quel popul sempre stato era nimico
del re di Frisa e d'ogni suo seguace,
perché morto gli avea il signore antico,
ma più perch'era ingiusto, empio e rapace.
Orlando s'interpose come amico
d'ambe le parti, e fece lor far pace;
le quali unite, non lasciar Frisone
che non morisse o non fosse prigione.
84
Le porte de le carceri gittate
a terra sono, e non si cerca chiave.
Bireno al conte con parole grate
mostra conoscer l'obligo che gli have.
Indi insieme e con molte altre brigate
se ne vanno ove attende Olimpia in nave:
così la donna, a cui di ragion spetta
il dominio de l'isola, era detta;
85
quella che quivi Orlando avea condutto
non con pensier che far dovesse tanto;
che la parea bastar, che posta in lutto
sol lei, lo sposo avesse a trar di pianto.
Lei riverisce e onora il popul tutto.
Lungo sarebbe a ricontarvi quanto
lei Bireno accarezzi, ed ella lui;
quai grazie al conte rendano ambidui.
86
Il popul la donzella nel paterno
seggio rimette, e fedeltà le giura.
Ella a Bireno, a cui con nodo eterno
la legò Amor d'una catena dura,
de lo stato e di sé dona il governo.
Ed egli tratto poi da un'altra cura,
de le fortezze e di tutto il domìno
de l'isola guardian lascia il cugino;
87
che tornare in Selandia avea disegno,
e menar seco la fedel consorte:
e dicea voler fare indi nel regno
di Frisa esperienza di sua sorte;
perché di ciò l'assicurava un pegno
ch'egli aveva in mano, e lo stimava forte:
la figliuola del re, che fra i captivi,
che vi fur molti, avea trovata quivi.
88
E dice ch'egli vuol ch'un suo germano,
ch'era minor d'età, l'abbia per moglie.
Quindi si parte il senator romano
il dì medesmo che Bireno scioglie.
Non volse porre ad altra cosa mano,
fra tante e tante guadagnate spoglie,
se non a quel tormento ch'abbiàn detto
ch'al fulmine assimiglia in ogni effetto.
89
L'intenzion non già, perché lo tolle,
fu per voglia d'usarlo in sua difesa;
che sempre atto stimò d'animo molle
gir con vantaggio in qualsivoglia impresa:
ma per gittarlo in parte, onde non volle
che mai potesse ad uomo più fare offesa:
e la polve e le palle e tutto il resto
seco portò, ch'apparteneva a questo.
90
E così, poi che fuor de la marea
nel più profondo mar si vide uscito,
sì che segno lontan non si vedea
del destro più né del sinistro lito;
lo tolse, e disse: — Acciò più non istea
mai cavallier per te d'esser ardito,
né quanto il buono val, mai più si vanti
il rio per te valer, qui giù rimanti.
91
O maladetto, o abominoso ordigno,
che fabricato nel tartareo fondo
fosti per man di Belzebù maligno
che ruinar per te disegnò il mondo,
all'inferno, onde uscisti, ti rasigno. —
Così dicendo, lo gittò in profondo.
Il vento intanto le gonfiate vele
spinge alla via de l'isola crudele.
92
Tanto desire il paladino preme
di saper se la donna ivi si truova,
ch'ama assai più che tutto il mondo insieme,
né un'ora senza lei viver gli giova;
che s'in Ibernia mette il piede, teme
di non dar tempo a qualche cosa nuova,
sì ch'abbia poi da dir invano: — Ahi lasso!
ch'al venir mio non affrettai più il passo. —
93
Né scala in Inghelterra né in Irlanda
mai lasciò far, né sul contrario lito.
Ma lasciamolo andar dove lo manda
il nudo arcier che l'ha nel cor ferito.
Prima che più io ne parli, io vo' in Olanda
tornare, e voi meco a tornarvi invito;
che, come a me, so spiacerebbe a voi,
che quelle nozze fosson senza noi.
94
Le nozze belle e sontuose fanno;
ma non sì sontuose né sì belle,
come in Selandia dicon che faranno.
Pur non disegno che vegnate a quelle;
perché nuovi accidenti a nascere hanno
per disturbarle, de' quai le novelle
all'altro canto vi farò sentire,
s'all'altro canto mi verrete a udire.
CANTO DECIMO
1
Fra quanti amor, fra quante fede al mondo
mai si trovar, fra quanti cor constanti,
fra quante, o per dolente o per iocondo
stato, fer prove mai famosi amanti;
più tosto il primo loco ch'il secondo
darò ad Olimpia: e se pur non va inanti,
ben voglio dir che fra gli antiqui e nuovi
maggior de l'amor suo non si ritruovi;
2
e che con tante e con sì chiare note
di questo ha fatto il suo Bireno certo,
che donna più far certo uomo non puote,
quando anco il petto e 'l cor mostrasse aperto.
E s'anime sì fide e sì devote
d'un reciproco amor denno aver merto,
dico ch'Olimpia è degna che non meno,
anzi più che sé ancor, l'ami Bireno:
3
e che non pur l'abandoni mai
per altra donna, se ben fosse quella
ch'Europa ed Asia messe in tanti guai,
o s'altra ha maggior titolo di bella;
ma più tosto che lei, lasci coi rai
del sol l'udita e il gusto e la favella
e la vita e la fama, e s'altra cosa
dire o pensar si può più preciosa.
4
Se Bireno amò lei come ella amato
Bireno avea, se fu sì a lei fedele
come ella a lui, se mai non ha voltato
ad altra via, che a seguir lei, le vele;
o pur s'a tanta servitù fu ingrato,
a tanta fede e a tanto amor crudele,
io vi vo' dire, e far di maraviglia
stringer le labra ed inarcar le ciglia.
5
E poi che nota l'impietà vi fia,
che di tanta bontà fu a lei mercede,
donne, alcuna di voi mai più non sia,
ch'a parole d'amante abbia a dar fede.
L'amante, per aver quel che desia,
senza guardar che Dio tutto ode e vede,
aviluppa promesse e giuramenti,
che tutti spargon poi per l'aria i venti.
6
I giuramenti e le promesse vanno
dai venti in aria disipate e sparse,
tosto che tratta questi amanti s'hanno
l'avida sete che gli accese ed arse.
Siate a' prieghi ed a' pianti che vi fanno,
per questo esempio, a credere più scarse.
Bene è felice quel, donne mie care,
ch'essere accorto all'altrui spese impare.
7
Guardatevi da questi che sul fiore
de' lor begli anni il viso han sì polito;
che presto nasce in loro e presto muore,
quasi un foco di paglia, ogni appetito.
Come segue la lepre il cacciatore
al freddo, al caldo, alla montagna, al lito,
né più l'estima poi che presa vede;
e sol dietro a chi fugge affretta il piede:
8
così fan questi gioveni, che tanto
che vi mostrate lor dure e proterve,
v'amano e riveriscono con quanto
studio de' far chi fedelmente serve;
ma non sì tosto si potran dar vanto
de la vittoria, che, di donne, serve
vi dorrete esser fatte; e da voi tolto
vedrete il falso amore, e altrove volto.
9
Non vi vieto per questo (ch'avrei torto)
che vi lasciate amar; che senza amante
sareste come inculta vite in orto,
che non ha palo ove s'appoggi o piante.
Sol la prima lanugine vi esorto
tutta a fuggir, volubile e incostante,
e corre i frutti non acerbi e duri,
ma che non sien però troppo maturi.
10
Di sopra io vi dicea ch'una figliuola
del re di Frisa quivi hanno trovata,
che fia, per quanto n'han mosso parola,
da Bireno al fratel per moglie data.
Ma, a dire il vero, esso v'avea la gola;
che vivanda era troppo delicata:
e riputato avria cortesia sciocca,
per darla altrui, levarsela di bocca.
11
La damigella non passava ancora
quattordici anni, ed era bella e fresca,
come rosa che spunti alora alora
fuor de la buccia e col sol nuovo cresca.
Non pur di lei Bireno s'innamora,
ma fuoco mai così non accese esca,
né se lo pongan l'invide e nimiche
mani talor ne le mature spiche;
12
come egli se n'accese immantinente,
come egli n'arse fin ne le medolle,
che sopra il padre morto lei dolente
vide di pianto il bel viso far molle.
E come suol, se l'acqua fredda sente,
quella restar che prima al fuoco bolle;
così l'ardor ch'accese Olimpia, vinto
dal nuovo successore, in lui fu estinto.
13
Non pur sazio di lei, ma fastidito
n'è già così, che può vederla a pena;
e sì de l'altra acceso ha l'appetito,
che ne morrà se troppo in lungo il mena:
pur fin che giunga il dì c'ha statuito
a dar fine al disio, tanto l'affrena,
che par ch'adori Olimpia, non che l'ami,
e quel che piace a lei, sol voglia e brami.
14
E se accarezza l'altra (che non puote
far che non l'accarezzi più del dritto),
non è chi questo in mala parte note;
anzi a pietade, anzi a bontà gli è ascritto:
che rilevare un che Fortuna ruote
talora al fondo, e consolar l'afflitto,
mai non fu biasmo, ma gloria sovente;
tanto più una fanciulla, una innocente.
15
Oh sommo Dio, come i giudìci umani
spesso offuscati son da un nembo oscuro!
i modi di Bireno empi e profani,
pietosi e santi riputati furo.
I marinari, già messo le mani
ai remi, e sciolti dal lito sicuro,
portavan lieti pei salati stagni
verso Selandia il duca e i suoi compagni.
16
Già dietro rimasi erano e perduti
tutti di vista i termini d'Olanda
(che per non toccar Frisa, più tenuti
s'eran vêr Scozia alla sinistra banda),
quando da un vento fur sopravenuti,
ch'errando in alto mar tre dì li manda.
Sursero il terzo, già presso alla sera,
dove inculta e deserta un'isola era.
17
Tratti che si fur dentro un picciol seno,
Olimpia venne in terra; e con diletto
in compagnia de l'infedel Bireno
cenò contenta e fuor d'ogni sospetto:
indi con lui, là dove in loco ameno
teso era un padiglione, entrò nel letto.
Tutti gli altri compagni ritornaro,
e sopra i legni lor si riposaro.
18
Il travaglio del mare e la paura
che tenuta alcun dì l'aveano desta,
il ritrovarsi al lito ora sicura,
lontana da rumor ne la foresta,
e che nessun pensier, nessuna cura,
poi che 'l suo amante ha seco, la molesta;
fur cagion ch'ebbe Olimpia sì gran sonno,
che gli orsi e i ghiri aver maggior nol ponno.
19
Il falso amante che i pensati inganni
veggiar facean, come dormir lei sente,
pian piano esce del letto, e de' suoi panni
fatto un fastel, non si veste altrimente;
e lascia il padiglione; e come i vanni
nati gli sian, rivola alla sua gente,
e li risveglia; e senza udirsi un grido,
fa entrar ne l'alto e abandonare il lido.
20
Rimase a dietro il lido e la meschina
Olimpia, che dormì senza destarse,
fin che l'Aurora la gelata brina
da le dorate ruote in terra sparse,
e s'udir le Alcione alla marina
de l'antico infortunio lamentarse.
Né desta né dormendo, ella la mano
per Bireno abbracciar stese, ma invano.
21
Nessuno truova: a sé la man ritira:
di nuovo tenta, e pur nessuno truova.
Di qua l'un braccio, e di là l'altro gira,
or l'una or l'altra gamba; e nulla giova.
Caccia il sonno il timor: gli occhi apre, e mira:
non vede alcuno. Or già non scalda e cova
più le vedove piume, ma si getta
del letto e fuor del padiglione in fretta:
22
e corre al mar, graffiandosi le gote,
presaga e certa ormai di sua fortuna.
Si straccia i crini, e il petto si percuote,
e va guardando (che splendea la luna)
se veder cosa, fuor che 'l lito, puote;
né fuor che 'l lito, vede cosa alcuna.
Bireno chiama: e al nome di Bireno
rispondean gli Antri che pietà n'avieno.
23
Quivi surgea nel lito estremo un sasso,
ch'aveano l'onde, col picchiar frequente,
cavo e ridutto a guisa d'arco al basso;
e stava sopra il mar curvo e pendente.
Olimpia in cima vi salì a gran passo
(così la facea l'animo possente),
e di lontano le gonfiate vele
vide fuggir del suo signor crudele:
24
vide lontano, o le parve vedere;
che l'aria chiara ancor non era molto.
Tutta tremante si lasciò cadere,
più bianca e più che nieve fredda in volto;
ma poi che di levarsi ebbe potere,
al camin de le navi il grido volto,
chiamò, quanto potea chiamar più forte,
più volte il nome del crudel consorte:
25
e dove non potea la debil voce,
supliva il pianto e 'l batter' palma a palma.
— Dove fuggi, crudel, così veloce?
Non ha il tuo legno la debita salma.
Fa che lievi me ancor: poco gli nuoce
che porti il corpo, poi che porta l'alma. —
E con le braccia e con le vesti segno
fa tuttavia, perché ritorni il legno.
26
Ma i venti che portavano le vele
per l'alto mar di quel giovene infido,
portavano anco i prieghi e le querele
de l'infelice Olimpia, e 'l pianto e 'l grido;
la qual tre volte, a se stessa crudele,
per affogarsi si spiccò dal lido:
pur al fin si levò da mirar l'acque,
e ritornò dove la notte giacque.
27
E con la faccia in giù stesa sul letto,
bagnandolo di pianto, dicea lui:
— Iersera desti insieme a dui ricetto;
perché insieme al levar non siamo dui?
O perfido Bireno, o maladetto
giorno ch'al mondo generata fui!
Che debbo far? che poss'io far qui sola?
chi mi dà aiuto? ohimè, chi mi consola?
28
Uomo non veggio qui, non ci veggio opra
donde io possa stimar ch'uomo qui sia;
nave non veggio, a cui salendo sopra,
speri allo scampo mio ritrovar via.
Di disagio morrò; né chi mi cuopra
gli occhi sarà, né chi sepolcro dia,
se forse in ventre lor non me lo dànno
i lupi, ohimè, ch'in queste selve stanno.
29
Io sto in sospetto, e già di veder parmi
di questi boschi orsi o leoni uscire,
o tigri o fiere tal, che natura armi
d'aguzzi denti e d'ugne da ferire.
Ma quai fere crudel potriano farmi,
fera crudel, peggio di te morire?
darmi una morte, so, lor parrà assai;
e tu di mille, ohimè, morir mi fai.
30
Ma presupongo ancor ch'or ora arrivi
nochier che per pietà di qui mi porti;
e così lupi, orsi, leoni schivi,
strazi, disagi ed altre orribil morti:
mi porterà forse in Olanda, s'ivi
per te si guardan le fortezze e i porti?
mi porterà alla terra ove son nata,
se tu con fraude già me l'hai levata?
31
Tu m'hai lo stato mio, sotto pretesto
di parentado e d'amicizia, tolto.
Ben fosti a porvi le tue genti presto,
per avere il dominio a te rivolto.
Tornerò in Fiandra? ove ho venduto il resto
di che io vivea, ben che non fossi molto,
per sovenirti e di prigione trarte.
Mischina! dove andrò? non so in qual parte.
32
Debbo forse ire in Frisa, ove io potei,
e per te non vi volsi esser regina?
il che del padre e dei fratelli miei
e d'ogn'altro mio ben fu la ruina.
Quel c'ho fatto per te, non ti vorrei,
ingrato, improverar, né disciplina
dartene; che non men di me lo sai:
or ecco il guiderdon che me ne dai.
33
Deh, pur che da color che vanno in corso
io non sia presa, e poi venduta schiava!
Prima che questo, il lupo, il leon, l'orso
venga, e la tigre e ogn'altra fera brava,
di cui l'ugna mi stracci, e franga il morso;
e morta mi strascini alla sua cava. —
Così dicendo, le mani si caccia
ne' capei d'oro, e a chiocca a chiocca straccia.
34
Corre di nuovo in su l'estrema sabbia,
e ruota il capo e sparge all'aria il crine;
e sembra forsennata, e ch'adosso abbia
non un demonio sol, ma le decine;
o, qual Ecuba, sia conversa in rabbia,
vistosi morto Polidoro al fine.
Or si ferma s'un sasso, e guarda il mare;
né men d'un vero sasso, un sasso pare.
35
Ma lasciànla doler fin ch'io ritorno,
per voler di Ruggier dirvi pur anco,
che nel più intenso ardor del mezzo giorno
cavalca il lito, affaticato e stanco.
Percuote il sol nel colle e fa ritorno:
di sotto bolle il sabbion trito e bianco.
Mancava all'arme ch'avea indosso, poco
ad esser, come già, tutte di fuoco.
36
Mentre la sete, e de l'andar fatica
per l'alta sabbia e la solinga via
gli facean, lungo quella spiaggia aprica,
noiosa e dispiacevol compagnia;
trovò ch'all'ombra d'una torre antica
che fuor de l'onde appresso il lito uscia,
de la corte d'Alcina eran tre donne,
che le conobbe ai gesti ed alle gonne.
37
Corcate su tapeti allessandrini
godeansi il fresco rezzo in gran diletto,
fra molti vasi di diversi vini
e d'ogni buona sorte di confetto.
Presso alla spiaggia, coi flutti marini
scherzando, le aspettava un lor legnetto
fin che la vela empiesse agevol òra;
ch'un fiato pur non ne spirava allora.
38
Queste, ch'andar per la non ferma sabbia
vider Ruggier al suo viaggio dritto,
che sculta avea la sete in su le labbia,
tutto pien di sudore il viso afflitto,
gli cominciaro a dir che sì non abbia
il cor voluntaroso al camin fitto,
ch'alla fresca e dolce ombra non si pieghi,
e ristorar lo stanco corpo nieghi.
39
E di lor una s'accostò al cavallo
per la staffa tener, che ne scendesse;
l'altra con una coppa di cristallo
di vin spumante, più sete gli messe:
ma Ruggiero a quel suon non entrò in ballo;
perché d'ogni tardar che fatto avesse,
tempo di giunger dato avria ad Alcina,
che venìa dietro ed era omai vicina.
40
Non così fin salnitro e zolfo puro,
tocco dal fuoco, subito s'avampa;
né così freme il mar quando l'oscuro
turbo discende e in mezzo se gli accampa:
come, vedendo che Ruggier sicuro
al suo dritto camin l'arena stampa,
e che le sprezza (e pur si tenean belle),
d'ira arse e di furor la terza d'elle.
41
— Tu non sei né gentil né cavalliero
(dice gridando quanto può più forte),
ed hai rubate l'arme; e quel destriero
non saria tuo per veruna altra sorte:
e così, come ben m'appongo al vero,
ti vedessi punir di degna morte;
che fossi fatto in quarti, arso o impiccato,
brutto ladron, villan, superbo, ingrato. —
42
Oltr'a queste e molt'altre ingiuriose
parole che gli usò la donna altiera,
ancor che mai Ruggier non le rispose,
che di sì vil tenzon poco onor spera;
con le sorelle tosto ella si pose
sul legno in mar, che al lor servigio v'era:
ed affrettando i remi, lo seguiva,
vedendol tuttavia dietro alla riva.
43
Minaccia sempre, maledice e incarca;
che l'onte sa trovar per ogni punto.
Intanto a quello stretto, onde si varca
alla fata più bella, è Ruggier giunto;
dove un vecchio nochiero una sua barca
scioglier da l'altra ripa vede, a punto
come, avisato e già provisto, quivi
si stia aspettando che Ruggiero arrivi.
44
Scioglie il nochier, come venir lo vede,
di trasportarlo a miglior ripa lieto;
che, se la faccia può del cor dar fede,
tutto benigno e tutto era discreto.
Pose Ruggier sopra il navilio il piede,
Dio ringraziando; e per lo mar quieto
ragionando venìa col galeotto,
saggio e di lunga esperienza dotto.
45
Quel lodava Ruggier, che sì se avesse
saputo a tempo tor da Alcina, e inanti
che 'l calice incantato ella gli desse,
ch'avea al fin dato a tutti gli altri amanti;
e poi, che a Logistilla si traesse,
dove veder potria costumi santi,
bellezza eterna ed infinita grazia
che 'l cor notrisce e pasce, e mai non sazia.
46
— Costei (dicea) stupore e riverenza
induce all'alma, ove si scuopre prima.
Contempla meglio poi l'alta presenza:
ogn'altro ben ti par di poca stima.
Il suo amore ha dagli altri differenza:
speme o timor negli altri il cor ti lima;
in questo il desiderio più non chiede,
e contento riman come la vede.
47
Ella t'insegnerà studi più grati,
che suoni, danze, odori, bagni e cibi:
ma come i pensier tuoi meglio formati
poggin più ad alto, che per l'aria i nibi,
e come de la gloria de' beati
nel mortal corpo parte si delibi. —
Così parlando il marinar veniva,
lontano ancora alla sicura riva;
48
quando vide scoprire alla marina
molti navili, e tutti alla sua volta.
Con quei ne vien l'ingiuriata Alcina;
e molta di sua gente have raccolta
per por lo stato a se stessa in ruina,
o racquistar la cara cosa tolta.
E bene è amor di ciò cagion non lieve,
ma l'ingiuria non men che ne riceve.
49
Ella non ebbe sdegno, da che nacque,
di questo il maggior mai, ch'ora la rode;
onde fa i remi sì affrettar per l'acque,
che la spuma ne sparge ambe le prode.
Al gran rumor né mar né ripa tacque,
ed Ecco risonar per tutto s'ode.
— Scuopre, Ruggier, lo scudo, che bisogna;
se non, sei morto, o preso con vergogna. —
50
Così disse il nocchier di Logistilla:
ed oltre il detto, egli medesmo prese
la tasca e da lo scudo dipartilla,
e fe' il lume di quel chiaro e palese.
L'incantato splendor che ne sfavilla,
gli occhi degli aversari così offese,
che li fe' restar ciechi allora allora,
e cader chi da poppa e chi da prora.
51
Un ch'era alla veletta in su la rocca,
de l'armata d'Alcina si fu accorto;
e la campana martellando tocca,
onde il soccorso vien subito al porto.
L'artegliaria, come tempesta, fiocca
contra chi vuole al buon Ruggier far torto:
sì che gli venne d'ogni parte aita,
tal che salvò la libertà e la vita.
52
Giunte son quattro donne in su la spiaggia,
che subito ha mandate Logistilla:
la valorosa Andronica e la saggia
Fronesia e l'onestissima Dicilla
e Sofrosina casta, che, come aggia
quivi a far più che l'altre, arde e sfavilla.
L'esercito ch'al mondo è senza pare,
del castello esce, e si distende al mare.
53
Sotto il castel ne la tranquilla foce
di molti e grossi legni era una armata,
ad un botto di squilla, ad una voce
giorno e notte a battaglia apparecchiata.
E così fu la pugna aspra ed atroce,
e per acqua e per terra, incominciata;
per cui fu il regno sottosopra volto,
ch'avea già Alcina alla sorella tolto.
54
Oh di quante battaglie il fin successe
diverso a quel che si credette inante!
Non sol ch'Alcina alor non riavesse,
come stimossi, il fugitivo amante;
ma dele navi che pur dianzi spesse
fur sì, ch'a pena il mar ne capia tante,
fuor de la fiamma che tutt'altre avampa,
con un legnetto sol misera scampa.
55
Fuggesi Alcina, e sua misera gente
arsa e presa riman, rotta e sommersa.
D'aver Ruggier perduto, ella si sente
via più doler che d'altra cosa aversa:
notte e dì per lui geme amaramente,
e lacrime per lui dagli occhi versa;
e per dar fine a tanto aspro martire,
spesso si duol di non poter morire.
56
Morir non puote alcuna fata mai,
fin che 'l sol gira, o il ciel non muta stilo.
Se ciò non fosse, era il dolore assai
per muover Cloto ad inasparle il filo;
o, qual Didon, finia col ferro i guai;
o la regina splendida del Nilo
avria imitata con mortifer sonno:
ma le fate morir sempre non ponno.
57
Torniamo a quel di eterna gloria degno
Ruggiero; e Alcina stia ne la sua pena.
Dico di lui, che poi che fuor del legno
si fu condutto in più sicura arena,
Dio ringraziando che tutto il disegno
gli era successo, al mar voltò la schiena;
ed affrettando per l'asciutto il piede,
alla rocca ne va che quivi siede.
58
Né la più forte ancor né la più bella
mai vide occhio mortal prima né dopo.
Son di più prezzo le mura di quella,
che se diamante fossino o piropo.
Di tai gemme qua giù non si favella:
ed a chi vuol notizia averne, è d'uopo
che vada quivi; che non credo altrove,
se non forse su in ciel, se ne ritruove.
59
Quel che più fa che lor si inchina e cede
ogn'altra gemma, è che, mirando in esse,
l'uom sin in mezzo all'anima si vede;
vede suoi vizi e sue virtudi espresse,
sì che a lusinghe poi di sé non crede,
né a chi dar biasmo a torto gli volesse:
fassi, mirando allo specchio lucente
se stesso, conoscendosi, prudente.
60
Il chiaro lume lor, ch'imita il sole,
manda splendore in tanta copia intorno,
che chi l'ha, ovunque sia, sempre che vuole,
Febo, mal grado tuo, si può far giorno.
Né mirabil vi son le pietre sole;
ma la materia e l'artificio adorno
contendon sì, che mal giudicar puossi
qual de le due eccellenze maggior fossi.
61
Sopra gli altissimi archi, che puntelli
parean che del ciel fossino a vederli,
eran giardin sì spaziosi e belli,
che saria al piano anco fatica averli.
Verdeggiar gli odoriferi arbuscelli
si puon veder fra i luminosi merli,
ch'adorni son l'estate e il verno tutti
di vaghi fiori e di maturi frutti.
62
Di così nobili arbori non suole
prodursi fuor di questi bei giardini,
né di tai rose o di simil viole,
di gigli, di amaranti o di gesmini.
Altrove appar come a un medesmo sole
e nasca e viva, e morto il capo inchini,
e come lasci vedovo il suo stelo
il fior suggetto al variar del cielo:
63
ma quivi era perpetua la verdura,
perpetua la beltà de' fiori eterni:
non che benignità de la Natura
sì temperatamente li governi;
ma Logistilla con suo studio e cura,
senza bisogno de' moti superni
(quel che agli altri impossibile parea),
sua primavera ognor ferma tenea.
64
Logistilla mostrò molto aver grato
ch'a lei venisse un sì gentil signore;
e comandò che fosse accarezzato,
e che studiasse ognun di fargli onore.
Gran pezzo inanzi Astolfo era arrivato,
che visto da Ruggier fu di buon core.
Fra pochi giorni venner gli altri tutti,
ch'a l'esser lor Melissa avea ridutti.
65
Poi che si fur posati un giorno e dui,
venne Ruggiero alla fata prudente
col duca Astolfo, che non men di lui
avea desir di riveder Ponente.
Melissa le parlò per amendui;
e supplica la fata umilemente,
che li consigli, favorisca e aiuti,
sì che ritornin donde eran venuti.
66
Disse la fata: — Io ci porrò il pensiero,
e fra dui dì te li darò espediti. —
Discorre poi tra sé, come Ruggiero,
e dopo lui, come quel duca aiti:
conchiude infin che 'l volator destriero
ritorni il primo agli aquitani liti;
ma prima vuol che se gli faccia un morso,
con che lo volga, e gli raffreni il corso.
67
Gli mostra come egli abbia a far, se vuole
che poggi in alto, e come a far che cali;
e come, se vorrà che in giro vole,
o vada ratto, o che si stia su l'ali:
e quali effetti il cavallier far suole
di buon destriero in piana terra, tali
facea Ruggier che mastro ne divenne,
per l'aria, del destrier ch'avea le penne.
68
Poi che Ruggier fu d'ogni cosa in punto,
da la fata gentil comiato prese,
alla qual restò poi sempre congiunto
di grande amore; e uscì di quel paese.
Prima di lui che se n'andò in buon punto,
e poi dirò come il guerriero inglese
tornasse con più tempo e più fatica
al magno Carlo ed alla corte amica.
69
Quindi partì Ruggier, ma non rivenne
per quella via che fe' già suo mal grado,
allor che sempre l'ippogrifo il tenne
sopra il mare, e terren vide di rado:
ma potendogli or far batter le penne
di qua di là, dove più gli era a grado,
volse al ritorno far nuovo sentiero,
come, schivando Erode, i Magi fero.
70
Al venir quivi, era, lasciando Spagna,
venuto India a trovar per dritta riga,
là dove il mare oriental la bagna;
dove una fata avea con l'altra briga.
Or veder si dispose altra campagna,
che quella dove i venti Eolo istiga,
e finir tutto il cominciato tondo,
per aver, come il sol, girato il mondo.
71
Quinci il Cataio, e quindi Mangiana
sopra il gran Quinsaì vide passando:
volò sopra l'Imavo, e Sericana
lasciò a man destra; e sempre declinando
da l'iperborei Sciti a l'onda ircana,
giunse alle parti di Sarmazia: e quando
fu dove Asia da Europa si divide,
Russi e Pruteni e la Pomeria vide.
72
Ben che di Ruggier fosse ogni desire
di ritornare a Bradamante presto;
pur, gustato il piacer ch'avea di gire
cercando il mondo, non restò per questo,
ch'alli Pollacchi, agli Ungari venire
non volesse anco, alli Germani, e al resto
di quella boreale orrida terra:
e venne al fin ne l'ultima Inghilterra.
73
Non crediate, Signor, che però stia
per sì lungo camin sempre su l'ale:
ogni sera all'albergo se ne gìa,
schivando a suo poter d'alloggiar male.
E spese giorni e mesi in questa via,
sì di veder la terra e il mar gli cale.
Or presso a Londra giunto una matina,
sopra Tamigi il volator declina.
74
Dove ne' prati alla città vicini
vide adunati uomini d'arme e fanti,
ch'a suon di trombe e a suon di tamburini
venian, partiti a belle schiere, avanti
il buon Rinaldo, onor de' paladini;
del qual, se vi ricorda, io dissi inanti,
che mandato da Carlo, era venuto
in queste parti a ricercar aiuto.
75
Giunse a punto Ruggier, che si facea
la bella mostra fuor di quella terra;
e per sapere il tutto, ne chiedea
un cavallier, ma scese prima in terra:
e quel, ch'affabil era, gli dicea
che di Scozia e d'Irlanda e d'Inghilterra
e de l'isole intorno eran le schiere
che quivi alzate avean tante bandiere:
76
e finita la mostra che faceano,
alla marina se distenderanno,
dove aspettati per solcar l'Oceano
son dai navili che nel porto stanno.
I Franceschi assediati si ricreano,
sperando in questi che a salvar li vanno.
— Ma acciò tu te n'informi pienamente,
io ti distinguerò tutta la gente.
77
Tu vedi ben quella bandiera grande,
ch'insieme pon la fiordaligi e i pardi:
quella il gran capitano all'aria spande,
e quella han da seguir gli altri stendardi.
Il suo nome, famoso in queste bande,
è Leonetto, il fior de li gagliardi,
di consiglio e d'ardire in guerra mastro,
del re nipote, e duca di Lincastro.
78
La prima, appresso il gonfalon reale,
che 'l vento tremolar fa verso il monte,
e tien nel campo verde tre bianche ale,
porta Ricardo, di Varvecia conte.
Del duca di Glocestra è quel segnale,
c'ha duo corna di cervio e mezza fronte.
Del duca di Chiarenza è quella face;
quel arbore è del duca d'Eborace.
79
Vedi in tre pezzi una spezzata lancia:
gli è 'l gonfalon del duca di Nortfozia.
La fulgure è del buon conte di Cancia;
il grifone è del conte di Pembrozia.
Il duca di Sufolcia ha la bilancia.
Vedi quel giogo che due serpi assozia:
è del conte d'Esenia, e la ghirlanda
in campo azzurro ha quel di Norbelanda.
80
Il conte d'Arindelia è quel c'ha messo
in mar quella barchetta che s'affonda.
Vedi il marchese di Barclei; e appresso
di Marchia il conte e il conte di Ritmonda:
il primo porta in bianco un monte fesso,
l'altro la palma, il terzo un pin ne l'onda.
Quel di Dorsezia è conte, e quel d'Antona,
che l'uno ha il carro, e l'altro la corona.
81
Il falcon che sul nido i vanni inchina,
porta Raimondo, il conte di Devonia.
Il giallo e negro ha quel di Vigorina;
il can quel d'Erbia un orso quel d'Osonia.
La croce che là vedi cristallina,
è del ricco prelato di Battonia.
Vedi nel bigio una spezzata sedia:
è del duca Ariman di Sormosedia.
82
Gli uomini d'arme e gli arcieri a cavallo
di quarantaduomila numer fanno.
Sono duo tanti, o di cento non fallo,
quelli ch'a piè ne la battaglia vanno.
Mira quei segni, un bigio, un verde, un giallo,
e di nero e d'azzur listato un panno:
Gofredo, Enrigo, Ermante ed Odoardo
guidan pedoni, ognun col suo stendardo.
83
Duca di Bocchingamia è quel dinante;
Enrigo ha la contea di Sarisberia;
signoreggia Burgenia il vecchio Ermante;
quello Odoardo è conte di Croisberia.
Questi alloggiati più verso levante
sono gl'Inglesi. Or volgeti all'Esperia,
dove si veggion trentamila Scotti,
da Zerbin, figlio del lor re, condotti.
84
Vedi tra duo unicorni il gran leone,
che la spada d'argento ha ne la zampa:
quell'è del re di Scozia il gonfalone;
il suo figliol Zerbino ivi s'accampa.
Non è un sì bello in tante altre persone:
natura il fece, e poi roppe la stampa.
Non è in cui tal virtù, tal grazia luca,
o tal possanza: ed è di Roscia duca.
85
Porta in azzurro una dorata sbarra
il conte d'Ottonlei ne lo stendardo.
L'altra bandiera è del duca di Marra,
che nel travaglio porta il leopardo.
Di più colori e di più augei bizzarra
mira l'insegna d'Alcabrun gagliardo,
che non è duca, conte, né marchese,
ma primo nel salvatico paese.
86
Del duca di Trasfordia è quella insegna,
dove è l'augel ch'al sol tien gli occhi franchi.
Lurcanio conte, ch'in Angoscia regna,
porta quel tauro, c'ha duo veltri ai fianchi.
Vedi là il duca d'Albania, che segna
il campo di colori azzurri e bianchi.
Quel avoltor, ch'un drago verde lania,
è l'insegna del conte di Boccania.
87
Signoreggia Forbesse il forte Armano,
che di bianco e di nero ha la bandiera;
ed ha il conte d'Erelia a destra mano,
che porta in campo verde una lumiera.
Or guarda gl'Ibernesi appresso il piano:
sono duo squadre; e il conte di Childera
mena la prima, e il conte di Desmonda
da fieri monti ha tratta la seconda.
88
Ne lo stendardo il primo ha un pino ardente;
l'altro nel bianco una vermiglia banda.
Non dà soccorso a Carlo solamente
la terra inglese, e la Scozia e l'Irlanda;
ma vien di Svezia e di Norvegia gente,
da Tile, e fin da la remota Islanda:
da ogni terra, insomma, che là giace,
nimica naturalmente di pace.
89
Sedicimila sono, o poco manco,
de le spelonche usciti e de le selve;
hanno piloso il viso, il petto, il fianco,
e dossi e braccia e gambe, come belve.
Intorno allo stendardo tutto bianco
par che quel pian di lor lance s'inselve:
così Moratto il porta, il capo loro,
per dipingerlo poi di sangue Moro. —
90
Mentre Ruggier di quella gente bella,
che per soccorrer Francia si prepara,
mira le varie insegne e ne favella,
e dei signor britanni i nomi impara;
uno ed un altro a lui, per mirar quella
bestia sopra cui siede, unica o rara,
maraviglioso corre e stupefatto;
e tosto il cerchio intorno gli fu fatto.
91
Sì che per dare ancor più maraviglia,
e per pigliarne il buon Ruggier più gioco,
al volante corsier scuote la briglia,
e con gli sproni ai fianchi il tocca un poco:
quel verso il ciel per l'aria il camin piglia,
e lascia ognuno attonito in quel loco.
Quindi Ruggier, poi che di banda in banda
vide gl'Inglesi, andò verso l'Irlanda.
92
E vide Ibernia fabulosa, dove
il santo vecchiarel fece la cava,
in che tanta mercé par che si truove,
che l'uom vi purga ogni sua colpa prava.
Quindi poi sopra il mare il destrier muove
là dove la minor Bretagna lava:
e nel passar vide, mirando a basso,
Angelica legata al nudo sasso.
93
Al nudo sasso, all'Isola del pianto;
che l'Isola del pianto era nomata
quella che da crudele e fiera tanto
ed inumana gente era abitata,
che (come io vi dicea sopra nel canto)
per vari liti sparsa iva in armata
tutte le belle donne depredando,
per farne a un mostro poi cibo nefando.
94
Vi fu legata pur quella matina,
dove venìa per trangugiarla viva
quel smisurato mostro, orca marina,
che di aborrevole esca si nutriva.
Dissi di sopra, come fu rapina
di quei che la trovaro in su la riva
dormire al vecchio incantatore a canto,
ch'ivi l'avea tirata per incanto.
95
La fiera gente inospitale e cruda
alla bestia crudel nel lito espose
la bellissima donna, così ignuda
come Natura prima la compose.
Un velo non ha pure, in che richiuda
i bianchi gigli e le vermiglie rose,
da non cader per luglio o per dicembre,
di che son sparse le polite membre.
96
Creduto avria che fosse statua finta
o d'alabastro o d'altri marmi illustri
Ruggiero, e su lo scoglio così avinta
per artificio di scultori industri;
se non vedea la lacrima distinta
tra fresche rose e candidi ligustri
far rugiadose le crudette pome,
e l'aura sventolar l'aurate chiome.
97
E come ne' begli occhi gli occhi affisse,
de la sua Bradamante gli sovvenne.
Pietade e amore a un tempo lo trafisse,
e di piangere a pena si ritenne;
e dolcemente alla donzella disse,
poi che del suo destrier frenò le penne:
— O donna, degna sol de la catena
con chi i suoi servi Amor legati mena,
98
e ben di questo e d'ogni male indegna,
chi è quel crudel che con voler perverso
d'importuno livor stringendo segna
di queste belle man l'avorio terso? —
Forza è ch'a quel parlare ella divegna
quale è di grana un bianco avorio asperso,
di sé vedendo quelle parti ignude,
ch'ancor che belle sian, vergogna chiude.
99
E coperto con man s'avrebbe il volto,
se non eran legate al duro sasso;
ma del pianto, ch'almen non l'era tolto,
lo sparse, e si sforzò di tener basso.
E dopo alcun' signozzi il parlar sciolto,
incominciò con fioco suono e lasso:
ma non seguì; che dentro il fe' restare
il gran rumor che si sentì nel mare.
100
Ecco apparir lo smisurato mostro
mezzo ascoso ne l'onda e mezzo sorto.
Come sospinto suol da borea o d'ostro
venir lungo navilio a pigliar porto,
così ne viene al cibo che l'è mostro
la bestia orrenda; e l'intervallo è corto.
La donna è mezza morta di paura;
né per conforto altrui si rassicura.
101
Tenea Ruggier la lancia non in resta,
ma sopra mano, e percoteva l'orca.
Altro non so che s'assimigli a questa,
ch'una gran massa che s'aggiri e torca;
né forma ha d'animal, se non la testa,
c'ha gli occhi e i denti fuor, come di porca.
Ruggier in fronte la ferìa tra gli occhi;
ma par che un ferro o un duro sasso tocchi.
102
Poi che la prima botta poco vale,
ritorna per far meglio la seconda.
L'orca, che vede sotto le grandi ale
l'ombra di qua e di là correr su l'onda,
lascia la preda certa litorale,
e quella vana segue furibonda:
dietro quella si volve e si raggira.
Ruggier giù cala, e spessi colpi tira.
103
Come d'alto venendo aquila suole,
ch'errar fra l'erbe visto abbia la biscia,
o che stia sopra un nudo sasso al sole,
dove le spoglie d'oro abbella e liscia;
non assalir da quel lato la vuole
onde la velenosa e soffia e striscia,
ma da tergo la adugna, e batte i vanni,
acciò non se le volga e non la azzanni:
104
così Ruggier con l'asta e con la spada,
non dove era de' denti armato il muso,
ma vuol che 'l colpo tra l'orecchie cada,
or su le schene, or ne la coda giuso.
Se la fera si volta, ei muta strada,
ed a tempo giù cala, e poggia in suso:
ma come sempre giunga in un diaspro,
non può tagliar lo scoglio duro ed aspro.
105
Simil battaglia fa la mosca audace
contra il mastin nel polveroso agosto,
o nel mese dinanzi o nel seguace,
l'uno di spiche e l'altro pien di mosto:
negli occhi il punge e nel grifo mordace,
volagli intorno e gli sta sempre accosto;
e quel suonar fa spesso il dente asciutto:
ma un tratto che gli arrivi, appaga il tutto.
106
Sì forte ella nel mar batte la coda,
che fa vicino al ciel l'acqua inalzare;
tal che non sa se l'ale in aria snoda,
o pur se 'l suo destrier nuota nel mare.
Gli è spesso che disia trovarsi a proda;
che se lo sprazzo in tal modo ha a durare,
teme sì l'ale inaffi all'ippogrifo,
che brami invano avere o zucca o schifo.
107
Prese nuovo consiglio, e fu il migliore,
di vincer con altre arme il mostro crudo:
abbarbagliar lo vuol con lo splendore
ch'era incantato nel coperto scudo.
Vola nel lito; e per non fare errore,
alla donna legata al sasso nudo
lascia nel minor dito de la mano
l'annel, che potea far l'incanto vano:
108
dico l'annel che Bradamante avea,
per liberar Ruggier, tolto a Brunello,
poi per trarlo di man d'Alcina rea,
mandato in India per Melissa a quello.
Melissa (come dianzi io vi dicea)
in ben di molti adoperò l'annello;
indi l'avea a Ruggier restituito,
dal qual poi sempre fu portato in dito.
109
Lo dà ad Angelica ora, perché teme
che del suo scudo il fulgurar non viete,
e perché a lei ne sien difesi insieme
gli occhi che già l'avean preso alla rete.
Or viene al lito e sotto il ventre preme
ben mezzo il mar la smisurata cete.
Sta Ruggiero alla posta, e lieva il velo;
e par ch'aggiunga un altro sole al cielo.
110
Ferì negli occhi l'incantato lume
di quella fera, e fece al modo usato.
Quale o trota o scaglion va giù pel fiume
c'ha con calcina il montanar turbato,
tal si vedea ne le marine schiume
il mostro orribilmente riversciato.
Di qua di là Ruggier percuote assai,
ma di ferirlo via non truova mai.
111
La bella donna tuttavolta priega
ch'invan la dura squama oltre non pesti.
— Torna, per Dio, signor: prima mi slega
(dicea piangendo), che l'orca si desti:
portami teco e in mezzo il mar mi anniega:
non far ch'in ventre al brutto pesce io resti. —
Ruggier, commosso dunque al giusto grido,
slegò la donna, e la levò dal lido.
112
Il destrier punto, ponta i piè all'arena
e sbalza in aria, e per lo ciel galoppa;
e porta il cavalliero in su la schena,
e la donzella dietro in su la groppa.
se non morir, se 'l mio bel fior colto hanno?
O sommo Dio, fammi sentir cordoglio
prima d'ogn'altro, che di questo danno.
Se questo è ver, con le mie man mi toglio
la vita, e l'alma disperata danno. —
Così, piangendo forte e sospirando,
seco dicea l'addolorato Orlando.
79
Già in ogni parte gli animanti lassi
davan riposo ai travagliati spirti,
chi su le piume, e chi sui duri sassi,
e chi su l'erbe, e chi su faggi o mirti:
tu le palpebre, Orlando, a pena abbassi,
punto da' tuoi pensieri acuti ed irti;
né quel sì breve e fuggitivo sonno
godere in pace anco lasciar ti ponno.
80
Parea ad Orlando, s'una verde riva
d'odoriferi fior tutta dipinta,
mirare il bello avorio, e la nativa
purpura ch'avea Amor di sua man tinta,
e le due chiare stelle onde nutriva
ne le reti d'Amor l'anima avinta:
io parlo de' begli occhi e del bel volto,
che gli hanno il cor di mezzo il petto tolto.
81
Sentia il maggior piacer, la maggior festa
che sentir possa alcun felice amante:
ma ecco intanto uscire una tempesta
che struggea i fior, ed abbattea le piante:
non se ne suol veder simile a questa,
quando giostra aquilone, austro e levante.
Parea che per trovar qualche coperto,
andasse errando invan per un deserto.
82
Intanto l'infelice (e non sa come)
perde la donna sua per l'aer fosco;
onde di qua e di là del suo bel nome
fa risonare ogni campagna e bosco.
E mentre dice indarno: — Misero me!
chi ha cangiata mia dolcezza in tosco? —
ode la donna sua che gli domanda,
piangendo, aiuto, e se gli raccomanda.
83
Onde par ch'esca il grido, va veloce,
e quinci e quindi s'affatica assai.
Oh quanto è il suo dolore aspro ed atroce,
che non può rivedere i dolci rai!
Ecco ch'altronde ode da un'altra voce:
— Non sperar più gioirne in terra mai. —
A questo orribil grido risvegliossi,
e tutto pien di lacrime trovossi.
84
Senza pensar che sian l'immagin false
quando per tema o per disio si sogna,
de la donzella per modo gli calse,
che stimò giunta a danno od a vergogna,
che fulminando fuor del letto salse.
Di piastra e maglia, quanto gli bisogna,
tutto guarnissi, e Brigliadoro tolse;
né di scudiero alcun servigio volse.
85
E per poter entrare ogni sentiero,
che la sua dignità macchia non pigli,
non l'onorata insegna del quartiero,
distinta di color bianchi e vermigli,
ma portar volse un ornamento nero;
e forse acciò ch'al suo dolor simigli:
e quello avea già tolto a uno amostante,
ch'uccise di sua man pochi anni inante.
86
Da mezza notte tacito si parte,
e non saluta e non fa motto al zio;
né al fido suo compagno Brandimarte,
che tanto amar solea, pur dice a Dio.
Ma poi che 'l Sol con l'auree chiome sparte
del ricco albergo di Titone uscìo
e fe' l'ombra fugire umida e nera,
s'avide il re che 'l paladin non v'era.
87
Con suo gran dispiacer s'avede Carlo
che partito la notte è 'l suo nipote,
quando esser dovea seco e più aiutarlo;
e ritener la colera non puote,
ch'a lamentarsi d'esso, ed a gravarlo
non incominci di biasmevol note:
e minacciar, se non ritorna, e dire
che lo faria di tanto error pentire.
88
Brandimarte, ch'Orlando amava a pare
di sé medesmo, non fece soggiorno;
o che sperasse farlo ritornare,
o sdegno avesse udirne biasmo e scorno;
e volse a pena tanto dimorare,
ch'uscisse fuor ne l'oscurar del giorno.
A Fiordiligi sua nulla ne disse,
perché 'l disegno suo non gl'impedisse.
89
Era questa una donna che fu molto
da lui diletta, e ne fu raro senza;
di costumi, di grazia e di bel volto
dotata e d'accortezza e di prudenza:
e se licenza or non n'aveva tolto,
fu che sperò tornarle alla presenza
il dì medesmo; ma gli accadde poi,
che lo tardò più dei disegni suoi.
90
E poi ch'ella aspettato quasi un mese
indarno l'ebbe, e che tornar nol vide,
di desiderio sì di lui s'accese,
che si partì senza compagni o guide;
e cercandone andò molto paese,
come l'istoria al luogo suo dicide.
Di questi dua non vi dico or più inante;
che più m'importa il cavallier d'Anglante.
91
Il qual, poi che mutato ebbe d'Almonte
le gloriose insegne, andò alla porta,
e disse ne l'orecchio: — Io sono il conte —
a un capitan che vi facea la scorta;
e fattosi abassar subito il ponte,
per quella strada che più breve porta
agl'inimici, se n'andò diritto.
Quel che seguì, ne l'altro canto è scritto.
CANTO NONO
1
Che non può far d'un cor ch'abbia suggetto
questo crudele e traditore Amore,
poi ch'ad Orlando può levar del petto
la tanta fe' che debbe al suo Signore?
Già savio e pieno fu d'ogni rispetto,
e de la santa Chiesa difensore;
or per un vano amor, poco del zio,
e di sé poco, e men cura di Dio.
2
Ma l'escuso io pur troppo, e mi rallegro
nel mio difetto aver compagno tale;
ch'anch'io sono al mio ben languido ed egro,
sano e gagliardo a seguitare il male.
Quel se ne va tutto vestito a negro,
né tanti amici abandonar gli cale;
e passa dove d'Africa e di Spagna
la gente era attendata alla campagna:
3
anzi non attendata, perché sotto
alberi e tetti l'ha sparsa la pioggia
a dieci, a venti, a quattro, a sette, ad otto;
chi più distante e chi più presso alloggia.
Ognuno dorme travagliato e rotto:
chi steso in terra, e chi alla man s'appoggia.
Dormono; e il conte uccider ne può assai:
né però stringe Durindana mai.
4
Di tanto core è il generoso Orlando,
che non degna ferir gente che dorma.
Or questo, e quando quel luogo cercando
va, per trovar de la sua donna l'orma.
Se truova alcun che veggi, sospirando
gli ne dipinge l'abito e la forma;
e poi lo priega che per cortesia
gl'insegni andar in parte ove ella sia.
5
E poi che venne il dì chiaro e lucente,
tutto cercò l'esercito moresco:
e ben lo potea far sicuramente,
avendo indosso l'abito arabesco;
ed aiutollo in questo parimente,
che sapeva altro idioma che francesco,
e l'africano tanto avea espedito,
che parea nato a Tripoli e nutrito.
6
Quivi il tutto cercò, dove dimora
fece tre giorni, e non per altro effetto;
poi dentro alle cittadi e a' borghi fuora
non spiò sol per Francia e suo distretto,
ma per Uvernia e per Guascogna ancora
rivide sin all'ultimo borghetto:
e cercò da Provenza alla Bretagna,
e dai Picardi ai termini di Spagna.
7
Tra il fin d'ottobre e il capo di novembre,
ne la stagion che la frondosa vesta
vede levarsi e discoprir le membre
trepida pianta, fin che nuda resta,
e van gli augelli a strette schiere insembre,
Orlando entrò ne l'amorosa inchiesta;
né tutto il verno appresso lasciò quella,
né la lasciò ne la stagion novella.
8
Passando un giorno, come avea costume,
d'un paese in un altro, arrivò dove
parte i Normandi dai Bretoni un fiume,
e verso il vicin mar cheto si muove;
ch'allora gonfio e bianco già di spume
per nieve sciolta e per montane piove:
e l'impeto de l'acqua avea disciolto
e tratto seco il ponte, e il passo tolto.
9
Con gli occhi cerca or questo lato or quello,
lungo le ripe il paladin, se vede
(quando né pesce egli non è, né augello)
come abbia a por ne l'altra ripa il piede:
ed ecco a sé venir vede un battello,
ne la cui poppa una donzella siede,
che di volere a lui venir fa segno;
né lascia poi ch'arrivi in terra il legno.
10
Prora in terra non pon; ché d'esser carca
contra sua volontà forse sospetta.
Orlando priega lei che ne la barca
seco lo tolga, ed oltre il fiume il metta.
Ed ella lui: — Qui cavallier non varca,
il qual su la sua fé non mi prometta
di fare una battaglia a mia richiesta,
la più giusta del mondo e la più onesta.
11
Sì che s'avete, cavallier, desire
di por per me ne l'altra ripa i passi,
promettetemi, prima che finire
quest'altro mese prossimo si lassi,
ch'al re d'Ibernia v'anderete a unire,
appresso al qual la bella armata fassi
per distrugger quell'isola d'Ebuda,
che, di quante il mar cinge, è la più cruda.
12
Voi dovete saper ch'oltre l'Irlanda,
fra molte che vi son, l'isola giace
nomata Ebuda, che per legge manda
rubando intorno il suo popul rapace;
e quante donne può pigliar, vivanda
tutte destina a un animal vorace,
che viene ogni dì al lito, e sempre nuova
donna o donzella, onde si pasca, truova;
13
che mercanti e corsar che vanno attorno,
ve ne fan copia, e più de le più belle.
Ben potete contare, una per giorno,
quante morte vi sian donne e donzelle.
Ma se pietade in voi truova soggiorno,
se non sete d'Amor tutto ribelle,
siate contento esser tra questi eletto,
che van per far sì fruttuoso effetto. —
14
Orlando volse a pena udire il tutto,
che giurò d'esser primo a quella impresa,
come quel ch'alcun atto iniquo e brutto
non può sentire, e d'ascoltar gli pesa:
e fu a pensare, indi a temere indutto,
che quella gente Angelica abbia presa;
poi che cercata l'ha per tanta via,
né potutone ancor ritrovar spia.
15
Questa imaginazion sì gli confuse
e sì gli tolse ogni primier disegno,
che, quanto in fretta più potea, conchiuse
di navigare a quello iniquo regno.
Né prima l'altro sol nel mar si chiuse,
che presso a San Malò ritrovò un legno,
nel qual si pose; e fatto alzar le vele,
passò la notte il monte San Michele.
16
Breaco e Landriglier lascia a man manca,
e va radendo il gran lito britone;
e poi si drizza invêr l'arena bianca,
onde Ingleterra si nomò Albione;
ma il vento, ch'era da meriggie, manca,
e soffia tra il ponente e l'aquilone
con tanta forza, che fa al basso porre
tutte le vele, e sé per poppa torre.
17
Quanto il navilio inanzi era venuto
in quattro giorni, in un ritornò indietro,
ne l'alto mar dal buon nochier tenuto,
che non dia in terra e sembri un fragil vetro.
Il vento, poi che furioso suto
fu quattro giorni, il quinto cangiò metro:
lasciò senza contrasto il legno entrare
dove il fiume d'Anversa ha foce in mare.
18
Tosto che ne la foce entrò lo stanco
nochier col legno afflitto, e il lito prese,
fuor d'una terra che sul destro fianco
di quel fiume sedeva, un vecchio scese,
di molta età, per quanto il crine bianco
ne dava indicio; il qual tutto cortese,
dopo i saluti, al conte rivoltosse,
che capo giudicò che di lor fosse.
19
E da parte il pregò d'una donzella,
ch'a lei venir non gli paresse grave,
la qual ritroverebbe, oltre che bella,
più ch'altra al mondo affabile e soave;
over fosse contento aspettar ch'ella
verrebbe a trovar lui fin alla nave:
né più restio volesse esser di quanti
quivi eran giunti cavallieri erranti;
20
che nessun altro cavallier, ch'arriva
o per terra o per mare a questa foce,
di ragionar con la donzella schiva,
per consigliarla in un suo caso atroce.
Udito questo, Orlando in su la riva
senza punto indugiarsi uscì veloce;
e come umano e pien di cortesia,
dove il vecchio il menò, prese la via.
21
Fu ne la terra il paladin condutto
dentro un palazzo, ove al salir le scale,
una donna trovò piena di lutto,
per quanto il viso ne facea segnale,
e i negri panni che coprian per tutto
e le logge e le camere e le sale;
la qual, dopo accoglienza grata e onesta
fattol seder, gli disse in voce mesta:
22
— Io voglio che sappiate che figliuola
fui del conte d'Olanda, a lui sì grata
(quantunque prole io non gli fossi sola,
ch'era da dui fratelli accompagnata),
ch'a quanto io gli chiedea, da lui parola
contraria non mi fu mai replicata.
Standomi lieta in questo stato, avenne
che ne la nostra terra un duca venne.
23
Duca era di Selandia, e se ne giva
verso Biscaglia a guerreggiar coi Mori.
La bellezza e l'età ch'in lui fioriva,
e li non più da me sentiti amori
con poca guerra me gli fer captiva;
tanto più che, per quel ch'apparea fuori,
io credea e credo, e creder credo il vero,
ch'amasse ed ami me con cor sincero.
24
Quei giorni che con noi contrario vento,
contrario agli altri, a me propizio, il tenne
(ch'agli altri fur quaranta, a me un momento;
così al fuggire ebbon veloci penne),
fummo più volte insieme a parlamento,
dove, che 'l matrimonio con solenne
rito al ritorno suo saria tra nui
mi promise egli, ed io 'l promisi a lui.
25
Bireno a pena era da noi partito
(che così ha nome il mio fedele amante),
che 'l re di Frisa (la qual, quanto il lito
del mar divide il fiume, è a noi distante),
disegnando il figliuol farmi marito,
ch'unico al mondo avea, nomato Arbante,
per li più degni del suo stato manda
a domandarmi al mio padre in Olanda.
26
Io ch'all'amante mio di quella fede
mancar non posso, che gli aveva data,
e anco ch'io possa, Amor non mi conciede
che poter voglia, e ch'io sia tanto ingrata;
per ruinar la pratica ch'in piede
era gagliarda, e presso al fin guidata,
dico a mio padre, che prima ch'in Frisa
mi dia marito, io voglio essere uccisa.
27
Il mio buon padre, al qual sol piacea quanto
a me piacea, né mai turbar mi volse,
per consolarmi e far cessare il pianto
ch'io ne facea, la pratica disciolse:
di che il superbo re di Frisa tanto
isdegno prese e a tanto odio si volse,
ch'entrò in Olanda, e cominciò la guerra
che tutto il sangue mio cacciò sotterra.
28
Oltre che sia robusto, e sì possente,
che pochi pari a nostra età ritruova,
e sì astuto in mal far, ch'altrui niente
la possanza, l'ardir, l'ingegno giova;
porta alcun'arme che l'antica gente
non vide mai, né fuor ch'a lui, la nuova:
un ferro bugio, lungo da dua braccia,
dentro a cui polve ed una palla caccia.
29
Col fuoco dietro ove la canna è chiusa,
tocca un spiraglio che si vede a pena;
a guisa che toccare il medico usa
dove è bisogno d'allacciar la vena:
onde vien con tal suon la palla esclusa,
che si può dir che tuona e che balena;
né men che soglia il fulmine ove passa,
ciò che tocca, arde, abatte, apre e fracassa.
30
Pose due volte il nostro campo in rotta
con questo inganno, e i miei fratelli uccise:
nel primo assalto il primo; che la botta,
rotto l'usbergo, in mezzo il cor gli mise;
ne l'altra zuffa a l'altro, il quale in frotta
fuggìa, dal corpo l'anima divise;
e lo ferì lontan dietro la spalla,
e fuor del petto uscir fece la palla.
31
Difendendosi poi mio padre un giorno
dentro un castel che sol gli era rimaso,
che tutto il resto avea perduto intorno,
lo fe' con simil colpo ire all'occaso;
che mentre andava e che facea ritorno,
provedendo or a questo or a quel caso,
dal traditor fu in mezzo gli occhi colto,
che l'avea di lontan di mira tolto.
32
Morto i fratelli e il padre, e rimasa io
de l'isola d'Olanda unica erede,
il re di Frisa, perché avea disio
di ben fermare in quello stato il piede,
mi fa sapere, e così al popul mio,
che pace e che riposo mi conciede,
quando io vogli or, quel che non volsi inante,
tor per marito il suo figliuolo Arbante.
33
Io per l'odio non sì, che grave porto
a lui e a tutta la sua iniqua schiatta,
il qual m'ha dui fratelli e 'l padre morto,
saccheggiata la patria, arsa e disfatta;
come perché a colui non vo' far torto,
a cui già la promessa aveva fatta,
ch'altr'uomo non saria che mi sposasse,
fin che di Spagna a me non ritornasse:
34
— Per un mal ch'io patisco, ne vo' cento
patir (rispondo), e far di tutto il resto;
esser morta, arsa viva, e che sia al vento
la cener sparsa, inanzi che far questo. —
Studia la gente mia di questo intento
tormi: chi priega, e chi mi fa protesto
di dargli in mano me e la terra, prima
che la mia ostinazion tutti ci opprima.
35
Così, poi che i protesti e i prieghi invano
vider gittarsi, e che pur stava dura,
presero accordo col Frisone, e in mano,
come avean detto, gli dier me e le mura.
Quel, senza farmi alcuno atto villano,
de la vita e del regno m'assicura,
pur ch'io indolcisca l'indurate voglie,
e che d'Arbante suo mi faccia moglie.
36
Io che sforzar così mi veggio, voglio,
per uscirgli di man, perder la vita;
ma se pria non mi vendico, mi doglio
più che di quanta ingiuria abbia patita.
Fo pensier molti; e veggio al mio cordoglio
che solo il simular può dare aita:
fingo ch'io brami, non che non mi piaccia,
che mi perdoni e sua nuora mi faccia.
37
Fra molti ch'al servizio erano stati
già di mio padre, io scelgo dui fratelli,
di grande ingegno e di gran cor dotati,
ma più di vera fede, come quelli
che cresciutici in corte ed allevati
si son con noi da teneri citelli;
e tanto miei, che poco lor parria
la vita por per la salute mia.
38
Communico con loro il mio disegno:
essi prometton d'essermi in aiuto.
L'un viene in Fiandra, e v'apparecchia un legno;
l'altro meco in Olanda ho ritenuto.
Or mentre i forestieri e quei del regno
s'invitano alle nozze, fu saputo
che Bireno in Biscaglia avea una armata,
per venire in Olanda, apparecchiata.
39
Però che, fatta la prima battaglia
dove fu rotto un mio fratello e ucciso,
spacciar tosto un corrier feci in Biscaglia,
che portassi a Bireno il tristo aviso;
il qual mentre che s'arma e si travaglia,
dal re di Frisa il resto fu conquiso.
Bireno, che di ciò nulla sapea,
per darci aiuto i legni sciolti avea.
40
Di questo avuto aviso il re frisone,
de le nozze al figliuol la cura lassa;
e con l'armata sua nel mar si pone:
truova il duca, lo rompe, arde e fracassa,
e, come vuol Fortuna, il fa prigione;
ma di ciò ancor la nuova a noi non passa.
Mi sposa intanto il giovene, e si vuole
meco corcar come si corchi il sole.
41
Io dietro alle cortine avea nascoso
quel mio fedele; il qual nulla si mosse
prima che a me venir vide lo sposo;
e non l'attese che corcato fosse,
ch'alzò un'accetta, e con sì valoroso
braccio dietro nel capo lo percosse,
che gli levò la vita e la parola:
io saltai presta, e gli segai la gola.
42
Come cadere il bue suole al macello,
cade il malnato giovene, in dispetto
del re Cimosco, il più d'ogn'altro fello;
che l'empio re di Frisa è così detto,
che morto l'uno e l'altro mio fratello
m'avea col padre, e per meglio suggetto
farsi il mio stato, mi volea per nuora;
e forse un giorno uccisa avria me ancora.
43
Prima ch'altro disturbo vi si metta,
tolto quel che più vale e meno pesa,
il mio compagno al mar mi cala in fretta
da la finestra a un canape sospesa,
là dove attento il suo fratello aspetta
sopra la barca ch'avea in Fiandra presa.
Demmo le vele ai venti e i remi all'acque,
e tutti ci salvian, come a Dio piacque.
44
Non so se 'l re di Frisa più dolente
del figliuol morto, o se più d'ira acceso
fosse contra di me, che 'l dì seguente
giunse là dove si trovò sì offeso.
Superbo ritornava egli e sua gente
de la vittoria e di Bireno preso;
e credendo venire a nozze e a festa,
ogni cosa trovò scura e funesta.
45
La pietà del figliuol, l'odio ch'aveva
a me, né dì né notte il lascia mai.
Ma perché il pianger morti non rileva,
e la vendetta sfoga l'odio assai,
la parte del pensier, ch'esser doveva
de la pietade in sospirare e in guai,
vuol che con l'odio a investigar s'unisca,
come egli m'abbia in mano e mi punisca.
46
Quei tutti che sapeva e gli era detto
che mi fossino amici, o di quei miei
che m'aveano aiutata a far l'effetto,
uccise, o lor beni arse, o li fe' rei.
Volse uccider Bireno in mio dispetto;
che d'altro sì doler non mi potrei:
gli parve poi, se vivo lo tenesse,
che per pigliarmi, in man la rete avesse.
47
Ma gli propone una crudele e dura
condizion: gli fa termine un anno,
al fin del qual gli darà morte oscura,
se prima egli per forza o per inganno,
con amici e parenti non procura,
con tutto ciò che ponno e ciò che sanno,
di darmigli in prigion: sì che la via
di lui salvare è sol la morte mia.
48
Ciò che si possa far per sua salute,
fuor che perder me stessa, il tutto ho fatto.
Sei castella ebbi in Fiandra, e l'ho vendute:
e 'l poco o 'l molto prezzo ch'io n'ho tratto,
parte, tentando per persone astute
i guardiani corrumpere, ho distratto;
e parte, per far muovere alli danni
di quell'empio or gl'Inglesi, or gli Alamanni.
49
I mezzi, o che non abbiano potuto,
o che non abbian fatto il dover loro,
m'hanno dato parole e non aiuto;
e sprezzano or che n'han cavato l'oro:
e presso al fine il termine è venuto,
dopo il qual né la forza né 'l tesoro
potrà giunger più a tempo, sì che morte
e strazio schivi al mio caro consorte.
50
Mio padre e' miei fratelli mi son stati
morti per lui; per lui toltomi il regno;
per lui quei pochi beni che restati
m'eran, del viver mio soli sostegno,
per trarlo di prigione ho disipati:
né mi resta ora in che più far disegno,
se non d'andarmi io stessa in mano a porre
di sì crudel nimico, e lui disciorre.
51
Se dunque da far altro non mi resta,
né si truova al suo scampo altro riparo
che per lui por questa mia vita, questa
mia vita per lui por mi sarà caro.
Ma sola una paura mi molesta,
che non saprò far patto così chiaro,
che m'assicuri che non sia il tiranno,
poi ch'avuta m'avrà, per fare inganno.
52
Io dubito che poi che m'avrà in gabbia
e fatto avrà di me tutti li strazi,
né Bireno per questo a lasciare abbia,
sì ch'esser per me sciolto mi ringrazi;
come periuro, e pien di tanta rabbia,
che di me sola uccider non si sazi:
e quel ch'avrà di me, né più né meno
faccia di poi del misero Bireno.
53
Or la cagion che conferir con voi
mi fa i miei casi, e ch'io li dico a quanti
signori e cavallier vengono a noi,
è solo acciò, parlandone con tanti,
m'insegni alcun d'assicurar che, poi
ch'a quel crudel mi sia condotta avanti,
non abbia a ritener Bireno ancora,
né voglia, morta me, ch'esso poi mora.
54
Pregato ho alcun guerrier, che meco sia
quando io mi darò in mano al re di Frisa;
ma mi prometta e la sua fe' mi dia,
che questo cambio sarà fatto in guisa,
ch'a un tempo io data, e liberato fia
Bireno: sì che quando io sarò uccisa,
morrò contenta, poi che la mia morte
avrà dato la vita al mio consorte.
55
Né fino a questo dì truovo chi toglia
sopra la fede sua d'assicurarmi,
che quando io sia condotta, e che mi voglia
aver quel re, senza Bireno darmi,
egli non lascierà contra mia voglia
che presa io sia: sì teme ognun quell'armi;
teme quell'armi, a cui par che non possa
star piastra incontra, e sia quanto vuol grossa.
56
Or, s'in voi la virtù non è diforme
dal fier sembiante e da l'erculeo aspetto,
e credete poter darmegli, e torme
anco da lui, quando non vada retto;
siate contento d'esser meco a porme
ne le man sue: ch'io non avrò sospetto,
quando voi siate meco, se ben io
poi ne morrò, che muora il signor mio. —
57
Qui la donzella il suo parlar conchiuse,
che con pianto e sospir spesso interroppe.
Orlando, poi ch'ella la bocca chiuse,
le cui voglie al ben far mai non fur zoppe,
in parole con lei non si diffuse;
che di natura non usava troppe:
ma le promise, e la sua fé le diede,
che farìa più di quel ch'ella gli chiede.
58
Non è sua intenzion ch'ella in man vada
del suo nimico per salvar Bireno:
ben salverà amendui, se la sua spada
e l'usato valor non gli vien meno.
Il medesimo dì piglian la strada,
poi c'hanno il vento prospero e sereno.
Il paladin s'affretta; che di gire
all'isola del mostro avea desire.
59
Or volta all'una, or volta all'altra banda
per gli alti stagni il buon nochier la vela:
scuopre un'isola e un'altra di Zilanda;
scuopre una inanzi, e un'altra a dietro cela.
Orlando smonta il terzo dì in Olanda;
ma non smonta colei che si querela
del re di Frisa: Orlando vuol che intenda
la morte di quel rio, prima che scenda.
60
Nel lito armato il paladino varca
sopra un corsier di pel tra bigio e nero,
nutrito in Fiandra e nato in Danismarca,
grande e possente assai più che leggiero;
però ch'avea, quando si messe in barca,
in Bretagna lasciato il suo destriero,
quel Brigliador sì bello e sì gagliardo,
che non ha paragon, fuor che Baiardo.
61
Giunge Orlando a Dordreche, e quivi truova
di molta gente armata in su la porta;
sì perché sempre, ma più quando è nuova,
seco ogni signoria sospetto porta;
sì perché dianzi giunta era una nuova,
che di Selandia con armata scorta
di navili e di gente un cugin viene
di quel signor che qui prigion si tiene.
62
Orlando prega uno di lor, che vada
e dica al re, ch'un cavalliero errante
disia con lui provarsi a lancia e a spada;
ma che vuol che tra lor sia patto inante:
che se 'l re fa che, chi lo sfida, cada,
la donna abbia d'aver, ch'uccise Arbante;
che 'l cavallier l'ha in loco non lontano
da poter sempremai darglila in mano;
63
ed all'incontro vuol che 'l re prometta,
ch'ove egli vinto ne la pugna sia,
Bireno in libertà subito metta,
e che lo lasci andare alla sua via.
Il fante al re fa l'ambasciata in fretta:
ma quel, che né virtù né cortesia
conobbe mai, drizzò tutto il suo intento
alla fraude, all'inganno, al tradimento.
64
Gli par ch'avendo in mano il cavalliero,
avrà la donna ancor, che sì l'ha offeso,
s'in possanza di lui la donna è vero
che si ritruovi, e il fante ha ben inteso.
Trenta uomini pigliar fece sentiero
diverso da la porta ov'era atteso,
che dopo occulto ed assai lungo giro,
dietro alle spalle al paladino usciro.
65
Il traditore intanto dar parole
fatto gli avea, sin che i cavalli e i fanti
vede esser giunti al loco ove gli vuole;
da la porta esce poi con altretanti.
Come le fere e il bosco cinger suole
perito cacciator da tutti i canti;
come appresso a Volana i pesci e l'onda
con lunga rete il pescator circonda:
66
così per ogni via dal re di Frisa,
che quel guerrier non fugga, si provede.
Vivo lo vuole, e non in altra guisa:
e questo far sì facilmente crede,
che 'l fulmine terrestre, con che uccisa
ha tanta e tanta gente, ora non chiede;
che quivi non gli par che si convegna,
dove pigliar, non far morir, disegna.
67
Qual cauto ucellator che serba vivi,
intento a maggior preda, i primi augelli,
acciò in più quantitade altri captivi
faccia col giuoco e col zimbel di quelli:
tal esser volse il re Cimosco quivi:
ma già non volse Orlando esser di quelli
che si lascin pigliar al primo tratto;
e tosto roppe il cerchio ch'avean fatto.
68
Il cavallier d'Anglante, ove più spesse
vide le genti e l'arme, abbassò l'asta;
ed uno in quella e poscia un altro messe,
e un altro e un altro, che sembrar di pasta;
e fin a sei ve n'infilzò, e li resse
tutti una lancia: e perch'ella non basta
a più capir, lasciò il settimo fuore
ferito sì, che di quel colpo muore.
69
Non altrimente ne l'estrema arena
veggiàn le rane de canali e fosse
dal cauto arcier nei fianchi e ne la schiena,
l'una vicina all'altra, esser percosse;
né da la freccia, fin che tutta piena
non sia da un capo all'altro, esser rimosse.
La grave lancia Orlando da sé scaglia,
e con la spada entrò ne la battaglia.
70
Rotta la lancia, quella spada strinse,
quella che mai non fu menata in fallo;
e ad ogni colpo, o taglio o punta, estinse
quando uomo a piedi, e quando uomo a cavallo:
dove toccò, sempre in vermiglio tinse
l'azzurro, il verde, il bianco, il nero, il giallo.
Duolsi Cimosco che la canna e il fuoco
seco or non ha, quando v'avrian più loco.
71
E con gran voce e con minacce chiede
che portati gli sian, ma poco è udito;
che chi ha ritratto a salvamento il piede
ne la città, non è d'uscir più ardito.
Il re frison, che fuggir gli altri vede,
d'esser salvo egli ancor piglia partito:
corre alla porta, e vuole alzare il ponte,
ma troppo è presto ad arrivare il conte.
72
Il re volta le spalle, e signor lassa
del ponte Orlando e d'amendue le porte;
e fugge, e inanzi a tutti gli altri passa,
mercé che 'l suo destrier corre più forte.
Non mira Orlando a quella plebe bassa:
vuole il fellon, non gli altri, porre a morte;
ma il suo destrier sì al corso poco vale,
che restio sembra, e chi fugge, abbia l'ale.
73
D'una in un'altra via si leva ratto
di vista al paladin; ma indugia poco,
che torna con nuove armi; che s'ha fatto
portare intanto il cavo ferro e il fuoco:
e dietro un canto postosi di piatto,
l'attende, come il cacciatore al loco,
coi cani armati e con lo spiedo, attende
il fier cingial che ruinoso scende;
74
che spezza i rami e fa cadere i sassi,
e ovunque drizzi l'orgogliosa fronte,
sembra a tanto rumor che si fracassi
la selva intorno, e che si svella il monte.
Sta Cimosco alla posta, acciò non passi
senza pagargli il fio l'audace conte:
tosto ch'appare, allo spiraglio tocca
col fuoco il ferro, e quel subito scocca.
75
Dietro lampeggia a guisa di baleno,
dinanzi scoppia, e manda in aria il tuono.
Trieman le mura, e sotto i piè il terreno;
il ciel ribomba al paventoso suono.
L'ardente stral, che spezza e venir meno
fa ciò ch'incontra, e dà a nessun perdono,
sibila e stride; ma, come è il desire
di quel brutto assassin, non va a ferire.
76
O sia la fretta, o sia la troppa voglia
d'uccider quel baron, ch'errar lo faccia;
o sia che il cor, tremando come foglia,
faccia insieme tremare e mani e braccia;
o la bontà divina che non voglia
che 'l suo fedel campion sì tosto giaccia:
quel colpo al ventre del destrier si torse;
lo cacciò in terra, onde mai più non sorse.
77
Cade a terra il cavallo e il cavalliero:
la preme l'un, la tocca l'altro a pena;
che si leva sì destro e sì leggiero,
come cresciuto gli sia possa e lena.
Quale il libico Anteo sempre più fiero
surger solea da la percossa arena,
tal surger parve, e che la forza, quando
toccò il terren, si radoppiasse a Orlando.
78
Chi vide mai dal ciel cadere il foco
che con sì orrendo suon Giove disserra,
e penetrare ove un richiuso loco
carbon con zolfo e con salnitro serra;
ch'a pena arriva, a pena tocca un poco,
che par ch'avampi il ciel, non che la terra;
spezza le mura, e i gravi marmi svelle,
e fa i sassi volar sin alle stelle;
79
s'imagini che tal, poi che cadendo
toccò la terra, il paladino fosse:
con sì fiero sembiante aspro ed orrendo,
da far tremar nel ciel Marte, si mosse.
Di che smarrito il re frison, torcendo
la briglia indietro, per fuggir voltosse;
ma gli fu dietro Orlando con più fretta,
che non esce da l'arco una saetta:
80
e quel che non avea potuto prima
fare a cavallo, or farà essendo a piede.
Lo seguita sì ratto, ch'ogni stima
di chi nol vide, ogni credenza eccede.
Lo giunse in poca strada; ed alla cima
de l'elmo alza la spada, e sì lo fiede,
che gli parte la testa fin al collo,
e in terra il manda a dar l'ultimo crollo.
81
Ecco levar ne la città si sente
nuovo rumor, nuovo menar di spade;
che 'l cugin di Bireno con la gente
ch'avea condutta da le sue contrade,
poi che la porta ritrovò patente,
era venuto dentro alla cittade,
dal paladino in tal timor ridutta,
che senza intoppo la può scorrer tutta.
82
Fugge il populo in rotta, che non scorge
chi questa gente sia, né che domandi;
ma poi ch'uno ed un altro pur s'accorge
all'abito e al parlar, che son Selandi,
chiede lor pace, e il foglio bianco porge;
e dice al capitan che gli comandi,
e dar gli vuol contro i Frisoni aiuto,
che 'l suo duca in prigion gli han ritenuto.
83
Quel popul sempre stato era nimico
del re di Frisa e d'ogni suo seguace,
perché morto gli avea il signore antico,
ma più perch'era ingiusto, empio e rapace.
Orlando s'interpose come amico
d'ambe le parti, e fece lor far pace;
le quali unite, non lasciar Frisone
che non morisse o non fosse prigione.
84
Le porte de le carceri gittate
a terra sono, e non si cerca chiave.
Bireno al conte con parole grate
mostra conoscer l'obligo che gli have.
Indi insieme e con molte altre brigate
se ne vanno ove attende Olimpia in nave:
così la donna, a cui di ragion spetta
il dominio de l'isola, era detta;
85
quella che quivi Orlando avea condutto
non con pensier che far dovesse tanto;
che la parea bastar, che posta in lutto
sol lei, lo sposo avesse a trar di pianto.
Lei riverisce e onora il popul tutto.
Lungo sarebbe a ricontarvi quanto
lei Bireno accarezzi, ed ella lui;
quai grazie al conte rendano ambidui.
86
Il popul la donzella nel paterno
seggio rimette, e fedeltà le giura.
Ella a Bireno, a cui con nodo eterno
la legò Amor d'una catena dura,
de lo stato e di sé dona il governo.
Ed egli tratto poi da un'altra cura,
de le fortezze e di tutto il domìno
de l'isola guardian lascia il cugino;
87
che tornare in Selandia avea disegno,
e menar seco la fedel consorte:
e dicea voler fare indi nel regno
di Frisa esperienza di sua sorte;
perché di ciò l'assicurava un pegno
ch'egli aveva in mano, e lo stimava forte:
la figliuola del re, che fra i captivi,
che vi fur molti, avea trovata quivi.
88
E dice ch'egli vuol ch'un suo germano,
ch'era minor d'età, l'abbia per moglie.
Quindi si parte il senator romano
il dì medesmo che Bireno scioglie.
Non volse porre ad altra cosa mano,
fra tante e tante guadagnate spoglie,
se non a quel tormento ch'abbiàn detto
ch'al fulmine assimiglia in ogni effetto.
89
L'intenzion non già, perché lo tolle,
fu per voglia d'usarlo in sua difesa;
che sempre atto stimò d'animo molle
gir con vantaggio in qualsivoglia impresa:
ma per gittarlo in parte, onde non volle
che mai potesse ad uomo più fare offesa:
e la polve e le palle e tutto il resto
seco portò, ch'apparteneva a questo.
90
E così, poi che fuor de la marea
nel più profondo mar si vide uscito,
sì che segno lontan non si vedea
del destro più né del sinistro lito;
lo tolse, e disse: — Acciò più non istea
mai cavallier per te d'esser ardito,
né quanto il buono val, mai più si vanti
il rio per te valer, qui giù rimanti.
91
O maladetto, o abominoso ordigno,
che fabricato nel tartareo fondo
fosti per man di Belzebù maligno
che ruinar per te disegnò il mondo,
all'inferno, onde uscisti, ti rasigno. —
Così dicendo, lo gittò in profondo.
Il vento intanto le gonfiate vele
spinge alla via de l'isola crudele.
92
Tanto desire il paladino preme
di saper se la donna ivi si truova,
ch'ama assai più che tutto il mondo insieme,
né un'ora senza lei viver gli giova;
che s'in Ibernia mette il piede, teme
di non dar tempo a qualche cosa nuova,
sì ch'abbia poi da dir invano: — Ahi lasso!
ch'al venir mio non affrettai più il passo. —
93
Né scala in Inghelterra né in Irlanda
mai lasciò far, né sul contrario lito.
Ma lasciamolo andar dove lo manda
il nudo arcier che l'ha nel cor ferito.
Prima che più io ne parli, io vo' in Olanda
tornare, e voi meco a tornarvi invito;
che, come a me, so spiacerebbe a voi,
che quelle nozze fosson senza noi.
94
Le nozze belle e sontuose fanno;
ma non sì sontuose né sì belle,
come in Selandia dicon che faranno.
Pur non disegno che vegnate a quelle;
perché nuovi accidenti a nascere hanno
per disturbarle, de' quai le novelle
all'altro canto vi farò sentire,
s'all'altro canto mi verrete a udire.
CANTO DECIMO
1
Fra quanti amor, fra quante fede al mondo
mai si trovar, fra quanti cor constanti,
fra quante, o per dolente o per iocondo
stato, fer prove mai famosi amanti;
più tosto il primo loco ch'il secondo
darò ad Olimpia: e se pur non va inanti,
ben voglio dir che fra gli antiqui e nuovi
maggior de l'amor suo non si ritruovi;
2
e che con tante e con sì chiare note
di questo ha fatto il suo Bireno certo,
che donna più far certo uomo non puote,
quando anco il petto e 'l cor mostrasse aperto.
E s'anime sì fide e sì devote
d'un reciproco amor denno aver merto,
dico ch'Olimpia è degna che non meno,
anzi più che sé ancor, l'ami Bireno:
3
e che non pur l'abandoni mai
per altra donna, se ben fosse quella
ch'Europa ed Asia messe in tanti guai,
o s'altra ha maggior titolo di bella;
ma più tosto che lei, lasci coi rai
del sol l'udita e il gusto e la favella
e la vita e la fama, e s'altra cosa
dire o pensar si può più preciosa.
4
Se Bireno amò lei come ella amato
Bireno avea, se fu sì a lei fedele
come ella a lui, se mai non ha voltato
ad altra via, che a seguir lei, le vele;
o pur s'a tanta servitù fu ingrato,
a tanta fede e a tanto amor crudele,
io vi vo' dire, e far di maraviglia
stringer le labra ed inarcar le ciglia.
5
E poi che nota l'impietà vi fia,
che di tanta bontà fu a lei mercede,
donne, alcuna di voi mai più non sia,
ch'a parole d'amante abbia a dar fede.
L'amante, per aver quel che desia,
senza guardar che Dio tutto ode e vede,
aviluppa promesse e giuramenti,
che tutti spargon poi per l'aria i venti.
6
I giuramenti e le promesse vanno
dai venti in aria disipate e sparse,
tosto che tratta questi amanti s'hanno
l'avida sete che gli accese ed arse.
Siate a' prieghi ed a' pianti che vi fanno,
per questo esempio, a credere più scarse.
Bene è felice quel, donne mie care,
ch'essere accorto all'altrui spese impare.
7
Guardatevi da questi che sul fiore
de' lor begli anni il viso han sì polito;
che presto nasce in loro e presto muore,
quasi un foco di paglia, ogni appetito.
Come segue la lepre il cacciatore
al freddo, al caldo, alla montagna, al lito,
né più l'estima poi che presa vede;
e sol dietro a chi fugge affretta il piede:
8
così fan questi gioveni, che tanto
che vi mostrate lor dure e proterve,
v'amano e riveriscono con quanto
studio de' far chi fedelmente serve;
ma non sì tosto si potran dar vanto
de la vittoria, che, di donne, serve
vi dorrete esser fatte; e da voi tolto
vedrete il falso amore, e altrove volto.
9
Non vi vieto per questo (ch'avrei torto)
che vi lasciate amar; che senza amante
sareste come inculta vite in orto,
che non ha palo ove s'appoggi o piante.
Sol la prima lanugine vi esorto
tutta a fuggir, volubile e incostante,
e corre i frutti non acerbi e duri,
ma che non sien però troppo maturi.
10
Di sopra io vi dicea ch'una figliuola
del re di Frisa quivi hanno trovata,
che fia, per quanto n'han mosso parola,
da Bireno al fratel per moglie data.
Ma, a dire il vero, esso v'avea la gola;
che vivanda era troppo delicata:
e riputato avria cortesia sciocca,
per darla altrui, levarsela di bocca.
11
La damigella non passava ancora
quattordici anni, ed era bella e fresca,
come rosa che spunti alora alora
fuor de la buccia e col sol nuovo cresca.
Non pur di lei Bireno s'innamora,
ma fuoco mai così non accese esca,
né se lo pongan l'invide e nimiche
mani talor ne le mature spiche;
12
come egli se n'accese immantinente,
come egli n'arse fin ne le medolle,
che sopra il padre morto lei dolente
vide di pianto il bel viso far molle.
E come suol, se l'acqua fredda sente,
quella restar che prima al fuoco bolle;
così l'ardor ch'accese Olimpia, vinto
dal nuovo successore, in lui fu estinto.
13
Non pur sazio di lei, ma fastidito
n'è già così, che può vederla a pena;
e sì de l'altra acceso ha l'appetito,
che ne morrà se troppo in lungo il mena:
pur fin che giunga il dì c'ha statuito
a dar fine al disio, tanto l'affrena,
che par ch'adori Olimpia, non che l'ami,
e quel che piace a lei, sol voglia e brami.
14
E se accarezza l'altra (che non puote
far che non l'accarezzi più del dritto),
non è chi questo in mala parte note;
anzi a pietade, anzi a bontà gli è ascritto:
che rilevare un che Fortuna ruote
talora al fondo, e consolar l'afflitto,
mai non fu biasmo, ma gloria sovente;
tanto più una fanciulla, una innocente.
15
Oh sommo Dio, come i giudìci umani
spesso offuscati son da un nembo oscuro!
i modi di Bireno empi e profani,
pietosi e santi riputati furo.
I marinari, già messo le mani
ai remi, e sciolti dal lito sicuro,
portavan lieti pei salati stagni
verso Selandia il duca e i suoi compagni.
16
Già dietro rimasi erano e perduti
tutti di vista i termini d'Olanda
(che per non toccar Frisa, più tenuti
s'eran vêr Scozia alla sinistra banda),
quando da un vento fur sopravenuti,
ch'errando in alto mar tre dì li manda.
Sursero il terzo, già presso alla sera,
dove inculta e deserta un'isola era.
17
Tratti che si fur dentro un picciol seno,
Olimpia venne in terra; e con diletto
in compagnia de l'infedel Bireno
cenò contenta e fuor d'ogni sospetto:
indi con lui, là dove in loco ameno
teso era un padiglione, entrò nel letto.
Tutti gli altri compagni ritornaro,
e sopra i legni lor si riposaro.
18
Il travaglio del mare e la paura
che tenuta alcun dì l'aveano desta,
il ritrovarsi al lito ora sicura,
lontana da rumor ne la foresta,
e che nessun pensier, nessuna cura,
poi che 'l suo amante ha seco, la molesta;
fur cagion ch'ebbe Olimpia sì gran sonno,
che gli orsi e i ghiri aver maggior nol ponno.
19
Il falso amante che i pensati inganni
veggiar facean, come dormir lei sente,
pian piano esce del letto, e de' suoi panni
fatto un fastel, non si veste altrimente;
e lascia il padiglione; e come i vanni
nati gli sian, rivola alla sua gente,
e li risveglia; e senza udirsi un grido,
fa entrar ne l'alto e abandonare il lido.
20
Rimase a dietro il lido e la meschina
Olimpia, che dormì senza destarse,
fin che l'Aurora la gelata brina
da le dorate ruote in terra sparse,
e s'udir le Alcione alla marina
de l'antico infortunio lamentarse.
Né desta né dormendo, ella la mano
per Bireno abbracciar stese, ma invano.
21
Nessuno truova: a sé la man ritira:
di nuovo tenta, e pur nessuno truova.
Di qua l'un braccio, e di là l'altro gira,
or l'una or l'altra gamba; e nulla giova.
Caccia il sonno il timor: gli occhi apre, e mira:
non vede alcuno. Or già non scalda e cova
più le vedove piume, ma si getta
del letto e fuor del padiglione in fretta:
22
e corre al mar, graffiandosi le gote,
presaga e certa ormai di sua fortuna.
Si straccia i crini, e il petto si percuote,
e va guardando (che splendea la luna)
se veder cosa, fuor che 'l lito, puote;
né fuor che 'l lito, vede cosa alcuna.
Bireno chiama: e al nome di Bireno
rispondean gli Antri che pietà n'avieno.
23
Quivi surgea nel lito estremo un sasso,
ch'aveano l'onde, col picchiar frequente,
cavo e ridutto a guisa d'arco al basso;
e stava sopra il mar curvo e pendente.
Olimpia in cima vi salì a gran passo
(così la facea l'animo possente),
e di lontano le gonfiate vele
vide fuggir del suo signor crudele:
24
vide lontano, o le parve vedere;
che l'aria chiara ancor non era molto.
Tutta tremante si lasciò cadere,
più bianca e più che nieve fredda in volto;
ma poi che di levarsi ebbe potere,
al camin de le navi il grido volto,
chiamò, quanto potea chiamar più forte,
più volte il nome del crudel consorte:
25
e dove non potea la debil voce,
supliva il pianto e 'l batter' palma a palma.
— Dove fuggi, crudel, così veloce?
Non ha il tuo legno la debita salma.
Fa che lievi me ancor: poco gli nuoce
che porti il corpo, poi che porta l'alma. —
E con le braccia e con le vesti segno
fa tuttavia, perché ritorni il legno.
26
Ma i venti che portavano le vele
per l'alto mar di quel giovene infido,
portavano anco i prieghi e le querele
de l'infelice Olimpia, e 'l pianto e 'l grido;
la qual tre volte, a se stessa crudele,
per affogarsi si spiccò dal lido:
pur al fin si levò da mirar l'acque,
e ritornò dove la notte giacque.
27
E con la faccia in giù stesa sul letto,
bagnandolo di pianto, dicea lui:
— Iersera desti insieme a dui ricetto;
perché insieme al levar non siamo dui?
O perfido Bireno, o maladetto
giorno ch'al mondo generata fui!
Che debbo far? che poss'io far qui sola?
chi mi dà aiuto? ohimè, chi mi consola?
28
Uomo non veggio qui, non ci veggio opra
donde io possa stimar ch'uomo qui sia;
nave non veggio, a cui salendo sopra,
speri allo scampo mio ritrovar via.
Di disagio morrò; né chi mi cuopra
gli occhi sarà, né chi sepolcro dia,
se forse in ventre lor non me lo dànno
i lupi, ohimè, ch'in queste selve stanno.
29
Io sto in sospetto, e già di veder parmi
di questi boschi orsi o leoni uscire,
o tigri o fiere tal, che natura armi
d'aguzzi denti e d'ugne da ferire.
Ma quai fere crudel potriano farmi,
fera crudel, peggio di te morire?
darmi una morte, so, lor parrà assai;
e tu di mille, ohimè, morir mi fai.
30
Ma presupongo ancor ch'or ora arrivi
nochier che per pietà di qui mi porti;
e così lupi, orsi, leoni schivi,
strazi, disagi ed altre orribil morti:
mi porterà forse in Olanda, s'ivi
per te si guardan le fortezze e i porti?
mi porterà alla terra ove son nata,
se tu con fraude già me l'hai levata?
31
Tu m'hai lo stato mio, sotto pretesto
di parentado e d'amicizia, tolto.
Ben fosti a porvi le tue genti presto,
per avere il dominio a te rivolto.
Tornerò in Fiandra? ove ho venduto il resto
di che io vivea, ben che non fossi molto,
per sovenirti e di prigione trarte.
Mischina! dove andrò? non so in qual parte.
32
Debbo forse ire in Frisa, ove io potei,
e per te non vi volsi esser regina?
il che del padre e dei fratelli miei
e d'ogn'altro mio ben fu la ruina.
Quel c'ho fatto per te, non ti vorrei,
ingrato, improverar, né disciplina
dartene; che non men di me lo sai:
or ecco il guiderdon che me ne dai.
33
Deh, pur che da color che vanno in corso
io non sia presa, e poi venduta schiava!
Prima che questo, il lupo, il leon, l'orso
venga, e la tigre e ogn'altra fera brava,
di cui l'ugna mi stracci, e franga il morso;
e morta mi strascini alla sua cava. —
Così dicendo, le mani si caccia
ne' capei d'oro, e a chiocca a chiocca straccia.
34
Corre di nuovo in su l'estrema sabbia,
e ruota il capo e sparge all'aria il crine;
e sembra forsennata, e ch'adosso abbia
non un demonio sol, ma le decine;
o, qual Ecuba, sia conversa in rabbia,
vistosi morto Polidoro al fine.
Or si ferma s'un sasso, e guarda il mare;
né men d'un vero sasso, un sasso pare.
35
Ma lasciànla doler fin ch'io ritorno,
per voler di Ruggier dirvi pur anco,
che nel più intenso ardor del mezzo giorno
cavalca il lito, affaticato e stanco.
Percuote il sol nel colle e fa ritorno:
di sotto bolle il sabbion trito e bianco.
Mancava all'arme ch'avea indosso, poco
ad esser, come già, tutte di fuoco.
36
Mentre la sete, e de l'andar fatica
per l'alta sabbia e la solinga via
gli facean, lungo quella spiaggia aprica,
noiosa e dispiacevol compagnia;
trovò ch'all'ombra d'una torre antica
che fuor de l'onde appresso il lito uscia,
de la corte d'Alcina eran tre donne,
che le conobbe ai gesti ed alle gonne.
37
Corcate su tapeti allessandrini
godeansi il fresco rezzo in gran diletto,
fra molti vasi di diversi vini
e d'ogni buona sorte di confetto.
Presso alla spiaggia, coi flutti marini
scherzando, le aspettava un lor legnetto
fin che la vela empiesse agevol òra;
ch'un fiato pur non ne spirava allora.
38
Queste, ch'andar per la non ferma sabbia
vider Ruggier al suo viaggio dritto,
che sculta avea la sete in su le labbia,
tutto pien di sudore il viso afflitto,
gli cominciaro a dir che sì non abbia
il cor voluntaroso al camin fitto,
ch'alla fresca e dolce ombra non si pieghi,
e ristorar lo stanco corpo nieghi.
39
E di lor una s'accostò al cavallo
per la staffa tener, che ne scendesse;
l'altra con una coppa di cristallo
di vin spumante, più sete gli messe:
ma Ruggiero a quel suon non entrò in ballo;
perché d'ogni tardar che fatto avesse,
tempo di giunger dato avria ad Alcina,
che venìa dietro ed era omai vicina.
40
Non così fin salnitro e zolfo puro,
tocco dal fuoco, subito s'avampa;
né così freme il mar quando l'oscuro
turbo discende e in mezzo se gli accampa:
come, vedendo che Ruggier sicuro
al suo dritto camin l'arena stampa,
e che le sprezza (e pur si tenean belle),
d'ira arse e di furor la terza d'elle.
41
— Tu non sei né gentil né cavalliero
(dice gridando quanto può più forte),
ed hai rubate l'arme; e quel destriero
non saria tuo per veruna altra sorte:
e così, come ben m'appongo al vero,
ti vedessi punir di degna morte;
che fossi fatto in quarti, arso o impiccato,
brutto ladron, villan, superbo, ingrato. —
42
Oltr'a queste e molt'altre ingiuriose
parole che gli usò la donna altiera,
ancor che mai Ruggier non le rispose,
che di sì vil tenzon poco onor spera;
con le sorelle tosto ella si pose
sul legno in mar, che al lor servigio v'era:
ed affrettando i remi, lo seguiva,
vedendol tuttavia dietro alla riva.
43
Minaccia sempre, maledice e incarca;
che l'onte sa trovar per ogni punto.
Intanto a quello stretto, onde si varca
alla fata più bella, è Ruggier giunto;
dove un vecchio nochiero una sua barca
scioglier da l'altra ripa vede, a punto
come, avisato e già provisto, quivi
si stia aspettando che Ruggiero arrivi.
44
Scioglie il nochier, come venir lo vede,
di trasportarlo a miglior ripa lieto;
che, se la faccia può del cor dar fede,
tutto benigno e tutto era discreto.
Pose Ruggier sopra il navilio il piede,
Dio ringraziando; e per lo mar quieto
ragionando venìa col galeotto,
saggio e di lunga esperienza dotto.
45
Quel lodava Ruggier, che sì se avesse
saputo a tempo tor da Alcina, e inanti
che 'l calice incantato ella gli desse,
ch'avea al fin dato a tutti gli altri amanti;
e poi, che a Logistilla si traesse,
dove veder potria costumi santi,
bellezza eterna ed infinita grazia
che 'l cor notrisce e pasce, e mai non sazia.
46
— Costei (dicea) stupore e riverenza
induce all'alma, ove si scuopre prima.
Contempla meglio poi l'alta presenza:
ogn'altro ben ti par di poca stima.
Il suo amore ha dagli altri differenza:
speme o timor negli altri il cor ti lima;
in questo il desiderio più non chiede,
e contento riman come la vede.
47
Ella t'insegnerà studi più grati,
che suoni, danze, odori, bagni e cibi:
ma come i pensier tuoi meglio formati
poggin più ad alto, che per l'aria i nibi,
e come de la gloria de' beati
nel mortal corpo parte si delibi. —
Così parlando il marinar veniva,
lontano ancora alla sicura riva;
48
quando vide scoprire alla marina
molti navili, e tutti alla sua volta.
Con quei ne vien l'ingiuriata Alcina;
e molta di sua gente have raccolta
per por lo stato a se stessa in ruina,
o racquistar la cara cosa tolta.
E bene è amor di ciò cagion non lieve,
ma l'ingiuria non men che ne riceve.
49
Ella non ebbe sdegno, da che nacque,
di questo il maggior mai, ch'ora la rode;
onde fa i remi sì affrettar per l'acque,
che la spuma ne sparge ambe le prode.
Al gran rumor né mar né ripa tacque,
ed Ecco risonar per tutto s'ode.
— Scuopre, Ruggier, lo scudo, che bisogna;
se non, sei morto, o preso con vergogna. —
50
Così disse il nocchier di Logistilla:
ed oltre il detto, egli medesmo prese
la tasca e da lo scudo dipartilla,
e fe' il lume di quel chiaro e palese.
L'incantato splendor che ne sfavilla,
gli occhi degli aversari così offese,
che li fe' restar ciechi allora allora,
e cader chi da poppa e chi da prora.
51
Un ch'era alla veletta in su la rocca,
de l'armata d'Alcina si fu accorto;
e la campana martellando tocca,
onde il soccorso vien subito al porto.
L'artegliaria, come tempesta, fiocca
contra chi vuole al buon Ruggier far torto:
sì che gli venne d'ogni parte aita,
tal che salvò la libertà e la vita.
52
Giunte son quattro donne in su la spiaggia,
che subito ha mandate Logistilla:
la valorosa Andronica e la saggia
Fronesia e l'onestissima Dicilla
e Sofrosina casta, che, come aggia
quivi a far più che l'altre, arde e sfavilla.
L'esercito ch'al mondo è senza pare,
del castello esce, e si distende al mare.
53
Sotto il castel ne la tranquilla foce
di molti e grossi legni era una armata,
ad un botto di squilla, ad una voce
giorno e notte a battaglia apparecchiata.
E così fu la pugna aspra ed atroce,
e per acqua e per terra, incominciata;
per cui fu il regno sottosopra volto,
ch'avea già Alcina alla sorella tolto.
54
Oh di quante battaglie il fin successe
diverso a quel che si credette inante!
Non sol ch'Alcina alor non riavesse,
come stimossi, il fugitivo amante;
ma dele navi che pur dianzi spesse
fur sì, ch'a pena il mar ne capia tante,
fuor de la fiamma che tutt'altre avampa,
con un legnetto sol misera scampa.
55
Fuggesi Alcina, e sua misera gente
arsa e presa riman, rotta e sommersa.
D'aver Ruggier perduto, ella si sente
via più doler che d'altra cosa aversa:
notte e dì per lui geme amaramente,
e lacrime per lui dagli occhi versa;
e per dar fine a tanto aspro martire,
spesso si duol di non poter morire.
56
Morir non puote alcuna fata mai,
fin che 'l sol gira, o il ciel non muta stilo.
Se ciò non fosse, era il dolore assai
per muover Cloto ad inasparle il filo;
o, qual Didon, finia col ferro i guai;
o la regina splendida del Nilo
avria imitata con mortifer sonno:
ma le fate morir sempre non ponno.
57
Torniamo a quel di eterna gloria degno
Ruggiero; e Alcina stia ne la sua pena.
Dico di lui, che poi che fuor del legno
si fu condutto in più sicura arena,
Dio ringraziando che tutto il disegno
gli era successo, al mar voltò la schiena;
ed affrettando per l'asciutto il piede,
alla rocca ne va che quivi siede.
58
Né la più forte ancor né la più bella
mai vide occhio mortal prima né dopo.
Son di più prezzo le mura di quella,
che se diamante fossino o piropo.
Di tai gemme qua giù non si favella:
ed a chi vuol notizia averne, è d'uopo
che vada quivi; che non credo altrove,
se non forse su in ciel, se ne ritruove.
59
Quel che più fa che lor si inchina e cede
ogn'altra gemma, è che, mirando in esse,
l'uom sin in mezzo all'anima si vede;
vede suoi vizi e sue virtudi espresse,
sì che a lusinghe poi di sé non crede,
né a chi dar biasmo a torto gli volesse:
fassi, mirando allo specchio lucente
se stesso, conoscendosi, prudente.
60
Il chiaro lume lor, ch'imita il sole,
manda splendore in tanta copia intorno,
che chi l'ha, ovunque sia, sempre che vuole,
Febo, mal grado tuo, si può far giorno.
Né mirabil vi son le pietre sole;
ma la materia e l'artificio adorno
contendon sì, che mal giudicar puossi
qual de le due eccellenze maggior fossi.
61
Sopra gli altissimi archi, che puntelli
parean che del ciel fossino a vederli,
eran giardin sì spaziosi e belli,
che saria al piano anco fatica averli.
Verdeggiar gli odoriferi arbuscelli
si puon veder fra i luminosi merli,
ch'adorni son l'estate e il verno tutti
di vaghi fiori e di maturi frutti.
62
Di così nobili arbori non suole
prodursi fuor di questi bei giardini,
né di tai rose o di simil viole,
di gigli, di amaranti o di gesmini.
Altrove appar come a un medesmo sole
e nasca e viva, e morto il capo inchini,
e come lasci vedovo il suo stelo
il fior suggetto al variar del cielo:
63
ma quivi era perpetua la verdura,
perpetua la beltà de' fiori eterni:
non che benignità de la Natura
sì temperatamente li governi;
ma Logistilla con suo studio e cura,
senza bisogno de' moti superni
(quel che agli altri impossibile parea),
sua primavera ognor ferma tenea.
64
Logistilla mostrò molto aver grato
ch'a lei venisse un sì gentil signore;
e comandò che fosse accarezzato,
e che studiasse ognun di fargli onore.
Gran pezzo inanzi Astolfo era arrivato,
che visto da Ruggier fu di buon core.
Fra pochi giorni venner gli altri tutti,
ch'a l'esser lor Melissa avea ridutti.
65
Poi che si fur posati un giorno e dui,
venne Ruggiero alla fata prudente
col duca Astolfo, che non men di lui
avea desir di riveder Ponente.
Melissa le parlò per amendui;
e supplica la fata umilemente,
che li consigli, favorisca e aiuti,
sì che ritornin donde eran venuti.
66
Disse la fata: — Io ci porrò il pensiero,
e fra dui dì te li darò espediti. —
Discorre poi tra sé, come Ruggiero,
e dopo lui, come quel duca aiti:
conchiude infin che 'l volator destriero
ritorni il primo agli aquitani liti;
ma prima vuol che se gli faccia un morso,
con che lo volga, e gli raffreni il corso.
67
Gli mostra come egli abbia a far, se vuole
che poggi in alto, e come a far che cali;
e come, se vorrà che in giro vole,
o vada ratto, o che si stia su l'ali:
e quali effetti il cavallier far suole
di buon destriero in piana terra, tali
facea Ruggier che mastro ne divenne,
per l'aria, del destrier ch'avea le penne.
68
Poi che Ruggier fu d'ogni cosa in punto,
da la fata gentil comiato prese,
alla qual restò poi sempre congiunto
di grande amore; e uscì di quel paese.
Prima di lui che se n'andò in buon punto,
e poi dirò come il guerriero inglese
tornasse con più tempo e più fatica
al magno Carlo ed alla corte amica.
69
Quindi partì Ruggier, ma non rivenne
per quella via che fe' già suo mal grado,
allor che sempre l'ippogrifo il tenne
sopra il mare, e terren vide di rado:
ma potendogli or far batter le penne
di qua di là, dove più gli era a grado,
volse al ritorno far nuovo sentiero,
come, schivando Erode, i Magi fero.
70
Al venir quivi, era, lasciando Spagna,
venuto India a trovar per dritta riga,
là dove il mare oriental la bagna;
dove una fata avea con l'altra briga.
Or veder si dispose altra campagna,
che quella dove i venti Eolo istiga,
e finir tutto il cominciato tondo,
per aver, come il sol, girato il mondo.
71
Quinci il Cataio, e quindi Mangiana
sopra il gran Quinsaì vide passando:
volò sopra l'Imavo, e Sericana
lasciò a man destra; e sempre declinando
da l'iperborei Sciti a l'onda ircana,
giunse alle parti di Sarmazia: e quando
fu dove Asia da Europa si divide,
Russi e Pruteni e la Pomeria vide.
72
Ben che di Ruggier fosse ogni desire
di ritornare a Bradamante presto;
pur, gustato il piacer ch'avea di gire
cercando il mondo, non restò per questo,
ch'alli Pollacchi, agli Ungari venire
non volesse anco, alli Germani, e al resto
di quella boreale orrida terra:
e venne al fin ne l'ultima Inghilterra.
73
Non crediate, Signor, che però stia
per sì lungo camin sempre su l'ale:
ogni sera all'albergo se ne gìa,
schivando a suo poter d'alloggiar male.
E spese giorni e mesi in questa via,
sì di veder la terra e il mar gli cale.
Or presso a Londra giunto una matina,
sopra Tamigi il volator declina.
74
Dove ne' prati alla città vicini
vide adunati uomini d'arme e fanti,
ch'a suon di trombe e a suon di tamburini
venian, partiti a belle schiere, avanti
il buon Rinaldo, onor de' paladini;
del qual, se vi ricorda, io dissi inanti,
che mandato da Carlo, era venuto
in queste parti a ricercar aiuto.
75
Giunse a punto Ruggier, che si facea
la bella mostra fuor di quella terra;
e per sapere il tutto, ne chiedea
un cavallier, ma scese prima in terra:
e quel, ch'affabil era, gli dicea
che di Scozia e d'Irlanda e d'Inghilterra
e de l'isole intorno eran le schiere
che quivi alzate avean tante bandiere:
76
e finita la mostra che faceano,
alla marina se distenderanno,
dove aspettati per solcar l'Oceano
son dai navili che nel porto stanno.
I Franceschi assediati si ricreano,
sperando in questi che a salvar li vanno.
— Ma acciò tu te n'informi pienamente,
io ti distinguerò tutta la gente.
77
Tu vedi ben quella bandiera grande,
ch'insieme pon la fiordaligi e i pardi:
quella il gran capitano all'aria spande,
e quella han da seguir gli altri stendardi.
Il suo nome, famoso in queste bande,
è Leonetto, il fior de li gagliardi,
di consiglio e d'ardire in guerra mastro,
del re nipote, e duca di Lincastro.
78
La prima, appresso il gonfalon reale,
che 'l vento tremolar fa verso il monte,
e tien nel campo verde tre bianche ale,
porta Ricardo, di Varvecia conte.
Del duca di Glocestra è quel segnale,
c'ha duo corna di cervio e mezza fronte.
Del duca di Chiarenza è quella face;
quel arbore è del duca d'Eborace.
79
Vedi in tre pezzi una spezzata lancia:
gli è 'l gonfalon del duca di Nortfozia.
La fulgure è del buon conte di Cancia;
il grifone è del conte di Pembrozia.
Il duca di Sufolcia ha la bilancia.
Vedi quel giogo che due serpi assozia:
è del conte d'Esenia, e la ghirlanda
in campo azzurro ha quel di Norbelanda.
80
Il conte d'Arindelia è quel c'ha messo
in mar quella barchetta che s'affonda.
Vedi il marchese di Barclei; e appresso
di Marchia il conte e il conte di Ritmonda:
il primo porta in bianco un monte fesso,
l'altro la palma, il terzo un pin ne l'onda.
Quel di Dorsezia è conte, e quel d'Antona,
che l'uno ha il carro, e l'altro la corona.
81
Il falcon che sul nido i vanni inchina,
porta Raimondo, il conte di Devonia.
Il giallo e negro ha quel di Vigorina;
il can quel d'Erbia un orso quel d'Osonia.
La croce che là vedi cristallina,
è del ricco prelato di Battonia.
Vedi nel bigio una spezzata sedia:
è del duca Ariman di Sormosedia.
82
Gli uomini d'arme e gli arcieri a cavallo
di quarantaduomila numer fanno.
Sono duo tanti, o di cento non fallo,
quelli ch'a piè ne la battaglia vanno.
Mira quei segni, un bigio, un verde, un giallo,
e di nero e d'azzur listato un panno:
Gofredo, Enrigo, Ermante ed Odoardo
guidan pedoni, ognun col suo stendardo.
83
Duca di Bocchingamia è quel dinante;
Enrigo ha la contea di Sarisberia;
signoreggia Burgenia il vecchio Ermante;
quello Odoardo è conte di Croisberia.
Questi alloggiati più verso levante
sono gl'Inglesi. Or volgeti all'Esperia,
dove si veggion trentamila Scotti,
da Zerbin, figlio del lor re, condotti.
84
Vedi tra duo unicorni il gran leone,
che la spada d'argento ha ne la zampa:
quell'è del re di Scozia il gonfalone;
il suo figliol Zerbino ivi s'accampa.
Non è un sì bello in tante altre persone:
natura il fece, e poi roppe la stampa.
Non è in cui tal virtù, tal grazia luca,
o tal possanza: ed è di Roscia duca.
85
Porta in azzurro una dorata sbarra
il conte d'Ottonlei ne lo stendardo.
L'altra bandiera è del duca di Marra,
che nel travaglio porta il leopardo.
Di più colori e di più augei bizzarra
mira l'insegna d'Alcabrun gagliardo,
che non è duca, conte, né marchese,
ma primo nel salvatico paese.
86
Del duca di Trasfordia è quella insegna,
dove è l'augel ch'al sol tien gli occhi franchi.
Lurcanio conte, ch'in Angoscia regna,
porta quel tauro, c'ha duo veltri ai fianchi.
Vedi là il duca d'Albania, che segna
il campo di colori azzurri e bianchi.
Quel avoltor, ch'un drago verde lania,
è l'insegna del conte di Boccania.
87
Signoreggia Forbesse il forte Armano,
che di bianco e di nero ha la bandiera;
ed ha il conte d'Erelia a destra mano,
che porta in campo verde una lumiera.
Or guarda gl'Ibernesi appresso il piano:
sono duo squadre; e il conte di Childera
mena la prima, e il conte di Desmonda
da fieri monti ha tratta la seconda.
88
Ne lo stendardo il primo ha un pino ardente;
l'altro nel bianco una vermiglia banda.
Non dà soccorso a Carlo solamente
la terra inglese, e la Scozia e l'Irlanda;
ma vien di Svezia e di Norvegia gente,
da Tile, e fin da la remota Islanda:
da ogni terra, insomma, che là giace,
nimica naturalmente di pace.
89
Sedicimila sono, o poco manco,
de le spelonche usciti e de le selve;
hanno piloso il viso, il petto, il fianco,
e dossi e braccia e gambe, come belve.
Intorno allo stendardo tutto bianco
par che quel pian di lor lance s'inselve:
così Moratto il porta, il capo loro,
per dipingerlo poi di sangue Moro. —
90
Mentre Ruggier di quella gente bella,
che per soccorrer Francia si prepara,
mira le varie insegne e ne favella,
e dei signor britanni i nomi impara;
uno ed un altro a lui, per mirar quella
bestia sopra cui siede, unica o rara,
maraviglioso corre e stupefatto;
e tosto il cerchio intorno gli fu fatto.
91
Sì che per dare ancor più maraviglia,
e per pigliarne il buon Ruggier più gioco,
al volante corsier scuote la briglia,
e con gli sproni ai fianchi il tocca un poco:
quel verso il ciel per l'aria il camin piglia,
e lascia ognuno attonito in quel loco.
Quindi Ruggier, poi che di banda in banda
vide gl'Inglesi, andò verso l'Irlanda.
92
E vide Ibernia fabulosa, dove
il santo vecchiarel fece la cava,
in che tanta mercé par che si truove,
che l'uom vi purga ogni sua colpa prava.
Quindi poi sopra il mare il destrier muove
là dove la minor Bretagna lava:
e nel passar vide, mirando a basso,
Angelica legata al nudo sasso.
93
Al nudo sasso, all'Isola del pianto;
che l'Isola del pianto era nomata
quella che da crudele e fiera tanto
ed inumana gente era abitata,
che (come io vi dicea sopra nel canto)
per vari liti sparsa iva in armata
tutte le belle donne depredando,
per farne a un mostro poi cibo nefando.
94
Vi fu legata pur quella matina,
dove venìa per trangugiarla viva
quel smisurato mostro, orca marina,
che di aborrevole esca si nutriva.
Dissi di sopra, come fu rapina
di quei che la trovaro in su la riva
dormire al vecchio incantatore a canto,
ch'ivi l'avea tirata per incanto.
95
La fiera gente inospitale e cruda
alla bestia crudel nel lito espose
la bellissima donna, così ignuda
come Natura prima la compose.
Un velo non ha pure, in che richiuda
i bianchi gigli e le vermiglie rose,
da non cader per luglio o per dicembre,
di che son sparse le polite membre.
96
Creduto avria che fosse statua finta
o d'alabastro o d'altri marmi illustri
Ruggiero, e su lo scoglio così avinta
per artificio di scultori industri;
se non vedea la lacrima distinta
tra fresche rose e candidi ligustri
far rugiadose le crudette pome,
e l'aura sventolar l'aurate chiome.
97
E come ne' begli occhi gli occhi affisse,
de la sua Bradamante gli sovvenne.
Pietade e amore a un tempo lo trafisse,
e di piangere a pena si ritenne;
e dolcemente alla donzella disse,
poi che del suo destrier frenò le penne:
— O donna, degna sol de la catena
con chi i suoi servi Amor legati mena,
98
e ben di questo e d'ogni male indegna,
chi è quel crudel che con voler perverso
d'importuno livor stringendo segna
di queste belle man l'avorio terso? —
Forza è ch'a quel parlare ella divegna
quale è di grana un bianco avorio asperso,
di sé vedendo quelle parti ignude,
ch'ancor che belle sian, vergogna chiude.
99
E coperto con man s'avrebbe il volto,
se non eran legate al duro sasso;
ma del pianto, ch'almen non l'era tolto,
lo sparse, e si sforzò di tener basso.
E dopo alcun' signozzi il parlar sciolto,
incominciò con fioco suono e lasso:
ma non seguì; che dentro il fe' restare
il gran rumor che si sentì nel mare.
100
Ecco apparir lo smisurato mostro
mezzo ascoso ne l'onda e mezzo sorto.
Come sospinto suol da borea o d'ostro
venir lungo navilio a pigliar porto,
così ne viene al cibo che l'è mostro
la bestia orrenda; e l'intervallo è corto.
La donna è mezza morta di paura;
né per conforto altrui si rassicura.
101
Tenea Ruggier la lancia non in resta,
ma sopra mano, e percoteva l'orca.
Altro non so che s'assimigli a questa,
ch'una gran massa che s'aggiri e torca;
né forma ha d'animal, se non la testa,
c'ha gli occhi e i denti fuor, come di porca.
Ruggier in fronte la ferìa tra gli occhi;
ma par che un ferro o un duro sasso tocchi.
102
Poi che la prima botta poco vale,
ritorna per far meglio la seconda.
L'orca, che vede sotto le grandi ale
l'ombra di qua e di là correr su l'onda,
lascia la preda certa litorale,
e quella vana segue furibonda:
dietro quella si volve e si raggira.
Ruggier giù cala, e spessi colpi tira.
103
Come d'alto venendo aquila suole,
ch'errar fra l'erbe visto abbia la biscia,
o che stia sopra un nudo sasso al sole,
dove le spoglie d'oro abbella e liscia;
non assalir da quel lato la vuole
onde la velenosa e soffia e striscia,
ma da tergo la adugna, e batte i vanni,
acciò non se le volga e non la azzanni:
104
così Ruggier con l'asta e con la spada,
non dove era de' denti armato il muso,
ma vuol che 'l colpo tra l'orecchie cada,
or su le schene, or ne la coda giuso.
Se la fera si volta, ei muta strada,
ed a tempo giù cala, e poggia in suso:
ma come sempre giunga in un diaspro,
non può tagliar lo scoglio duro ed aspro.
105
Simil battaglia fa la mosca audace
contra il mastin nel polveroso agosto,
o nel mese dinanzi o nel seguace,
l'uno di spiche e l'altro pien di mosto:
negli occhi il punge e nel grifo mordace,
volagli intorno e gli sta sempre accosto;
e quel suonar fa spesso il dente asciutto:
ma un tratto che gli arrivi, appaga il tutto.
106
Sì forte ella nel mar batte la coda,
che fa vicino al ciel l'acqua inalzare;
tal che non sa se l'ale in aria snoda,
o pur se 'l suo destrier nuota nel mare.
Gli è spesso che disia trovarsi a proda;
che se lo sprazzo in tal modo ha a durare,
teme sì l'ale inaffi all'ippogrifo,
che brami invano avere o zucca o schifo.
107
Prese nuovo consiglio, e fu il migliore,
di vincer con altre arme il mostro crudo:
abbarbagliar lo vuol con lo splendore
ch'era incantato nel coperto scudo.
Vola nel lito; e per non fare errore,
alla donna legata al sasso nudo
lascia nel minor dito de la mano
l'annel, che potea far l'incanto vano:
108
dico l'annel che Bradamante avea,
per liberar Ruggier, tolto a Brunello,
poi per trarlo di man d'Alcina rea,
mandato in India per Melissa a quello.
Melissa (come dianzi io vi dicea)
in ben di molti adoperò l'annello;
indi l'avea a Ruggier restituito,
dal qual poi sempre fu portato in dito.
109
Lo dà ad Angelica ora, perché teme
che del suo scudo il fulgurar non viete,
e perché a lei ne sien difesi insieme
gli occhi che già l'avean preso alla rete.
Or viene al lito e sotto il ventre preme
ben mezzo il mar la smisurata cete.
Sta Ruggiero alla posta, e lieva il velo;
e par ch'aggiunga un altro sole al cielo.
110
Ferì negli occhi l'incantato lume
di quella fera, e fece al modo usato.
Quale o trota o scaglion va giù pel fiume
c'ha con calcina il montanar turbato,
tal si vedea ne le marine schiume
il mostro orribilmente riversciato.
Di qua di là Ruggier percuote assai,
ma di ferirlo via non truova mai.
111
La bella donna tuttavolta priega
ch'invan la dura squama oltre non pesti.
— Torna, per Dio, signor: prima mi slega
(dicea piangendo), che l'orca si desti:
portami teco e in mezzo il mar mi anniega:
non far ch'in ventre al brutto pesce io resti. —
Ruggier, commosso dunque al giusto grido,
slegò la donna, e la levò dal lido.
112
Il destrier punto, ponta i piè all'arena
e sbalza in aria, e per lo ciel galoppa;
e porta il cavalliero in su la schena,
e la donzella dietro in su la groppa.
