La
circular
natura, ch'e suggello
a la cera mortal, fa ben sua arte,
ma non distingue l'un da l'altro ostello.
a la cera mortal, fa ben sua arte,
ma non distingue l'un da l'altro ostello.
Dante - La Divina Commedia
<<Non ti maravigliar perch' io sorrida>>,
mi disse, <<appresso il tuo pueril coto,
poi sopra 'l vero ancor lo pie non fida,
ma te rivolve, come suole, a voto:
vere sustanze son cio che tu vedi,
qui rilegate per manco di voto.
Pero parla con esse e odi e credi;
che la verace luce che le appaga
da se non lascia lor torcer li piedi>>.
E io a l'ombra che parea piu vaga
di ragionar, drizza'mi, e cominciai,
quasi com' uom cui troppa voglia smaga:
<<O ben creato spirito, che a' rai
di vita etterna la dolcezza senti
che, non gustata, non s'intende mai,
grazioso mi fia se mi contenti
del nome tuo e de la vostra sorte>>.
Ond' ella, pronta e con occhi ridenti:
<<La nostra carita non serra porte
a giusta voglia, se non come quella
che vuol simile a se tutta sua corte.
I' fui nel mondo vergine sorella;
e se la mente tua ben se riguarda,
non mi ti celera l'esser piu bella,
ma riconoscerai ch'i' son Piccarda,
che, posta qui con questi altri beati,
beata sono in la spera piu tarda.
Li nostri affetti, che solo infiammati
son nel piacer de lo Spirito Santo,
letizian del suo ordine formati.
E questa sorte che par giu cotanto,
pero n'e data, perche fuor negletti
li nostri voti, e voti in alcun canto>>.
Ond' io a lei: <<Ne' mirabili aspetti
vostri risplende non so che divino
che vi trasmuta da' primi concetti:
pero non fui a rimembrar festino;
ma or m'aiuta cio che tu mi dici,
si che raffigurar m'e piu latino.
Ma dimmi: voi che siete qui felici,
disiderate voi piu alto loco
per piu vedere e per piu farvi amici? >>.
Con quelle altr' ombre pria sorrise un poco;
da indi mi rispuose tanto lieta,
ch'arder parea d'amor nel primo foco:
<<Frate, la nostra volonta quieta
virtu di carita, che fa volerne
sol quel ch'avemo, e d'altro non ci asseta.
Se disiassimo esser piu superne,
foran discordi li nostri disiri
dal voler di colui che qui ne cerne;
che vedrai non capere in questi giri,
s'essere in carita e qui necesse,
e se la sua natura ben rimiri.
Anzi e formale ad esto beato esse
tenersi dentro a la divina voglia,
per ch'una fansi nostre voglie stesse;
si che, come noi sem di soglia in soglia
per questo regno, a tutto il regno piace
com' a lo re che 'n suo voler ne 'nvoglia.
E 'n la sua volontade e nostra pace:
ell' e quel mare al qual tutto si move
cio ch'ella cria o che natura face>>.
Chiaro mi fu allor come ogne dove
in cielo e paradiso, etsi la grazia
del sommo ben d'un modo non vi piove.
Ma si com' elli avvien, s'un cibo sazia
e d'un altro rimane ancor la gola,
che quel si chere e di quel si ringrazia,
cosi fec' io con atto e con parola,
per apprender da lei qual fu la tela
onde non trasse infino a co la spuola.
<<Perfetta vita e alto merto inciela
donna piu su>>, mi disse, <<a la cui norma
nel vostro mondo giu si veste e vela,
perche fino al morir si vegghi e dorma
con quello sposo ch'ogne voto accetta
che caritate a suo piacer conforma.
Dal mondo, per seguirla, giovinetta
fuggi'mi, e nel suo abito mi chiusi
e promisi la via de la sua setta.
Uomini poi, a mal piu ch'a bene usi,
fuor mi rapiron de la dolce chiostra:
Iddio si sa qual poi mia vita fusi.
E quest' altro splendor che ti si mostra
da la mia destra parte e che s'accende
di tutto il lume de la spera nostra,
cio ch'io dico di me, di se intende;
sorella fu, e cosi le fu tolta
di capo l'ombra de le sacre bende.
Ma poi che pur al mondo fu rivolta
contra suo grado e contra buona usanza,
non fu dal vel del cor gia mai disciolta.
Quest' e la luce de la gran Costanza
che del secondo vento di Soave
genero 'l terzo e l'ultima possanza>>.
Cosi parlommi, e poi comincio 'Ave,
Maria' cantando, e cantando vanio
come per acqua cupa cosa grave.
La vista mia, che tanto lei seguio
quanto possibil fu, poi che la perse,
volsesi al segno di maggior disio,
e a Beatrice tutta si converse;
ma quella folgoro nel mio sguardo
si che da prima il viso non sofferse;
e cio mi fece a dimandar piu tardo.
Paradiso ? Canto IV
Intra due cibi, distanti e moventi
d'un modo, prima si morria di fame,
che liber' omo l'un recasse ai denti;
si si starebbe un agno intra due brame
di fieri lupi, igualmente temendo;
si si starebbe un cane intra due dame:
per che, s'i' mi tacea, me non riprendo,
da li miei dubbi d'un modo sospinto,
poi ch'era necessario, ne commendo.
Io mi tacea, ma 'l mio disir dipinto
m'era nel viso, e 'l dimandar con ello,
piu caldo assai che per parlar distinto.
Fe si Beatrice qual fe Daniello,
Nabuccodonosor levando d'ira,
che l'avea fatto ingiustamente fello;
e disse: <<Io veggio ben come ti tira
uno e altro disio, si che tua cura
se stessa lega si che fuor non spira.
Tu argomenti: "Se 'l buon voler dura,
la violenza altrui per qual ragione
di meritar mi scema la misura? ".
Ancor di dubitar ti da cagione
parer tornarsi l'anime a le stelle,
secondo la sentenza di Platone.
Queste son le question che nel tuo velle
pontano igualmente; e pero pria
trattero quella che piu ha di felle.
D'i Serafin colui che piu s'india,
Moise, Samuel, e quel Giovanni
che prender vuoli, io dico, non Maria,
non hanno in altro cielo i loro scanni
che questi spirti che mo t'appariro,
ne hanno a l'esser lor piu o meno anni;
ma tutti fanno bello il primo giro,
e differentemente han dolce vita
per sentir piu e men l'etterno spiro.
Qui si mostraro, non perche sortita
sia questa spera lor, ma per far segno
de la celestial c'ha men salita.
Cosi parlar conviensi al vostro ingegno,
pero che solo da sensato apprende
cio che fa poscia d'intelletto degno.
Per questo la Scrittura condescende
a vostra facultate, e piedi e mano
attribuisce a Dio e altro intende;
e Santa Chiesa con aspetto umano
Gabriel e Michel vi rappresenta,
e l'altro che Tobia rifece sano.
Quel che Timeo de l'anime argomenta
non e simile a cio che qui si vede,
pero che, come dice, par che senta.
Dice che l'alma a la sua stella riede,
credendo quella quindi esser decisa
quando natura per forma la diede;
e forse sua sentenza e d'altra guisa
che la voce non suona, ed esser puote
con intenzion da non esser derisa.
S'elli intende tornare a queste ruote
l'onor de la influenza e 'l biasmo, forse
in alcun vero suo arco percuote.
Questo principio, male inteso, torse
gia tutto il mondo quasi, si che Giove,
Mercurio e Marte a nominar trascorse.
L'altra dubitazion che ti commove
ha men velen, pero che sua malizia
non ti poria menar da me altrove.
Parere ingiusta la nostra giustizia
ne li occhi d'i mortali, e argomento
di fede e non d'eretica nequizia.
Ma perche puote vostro accorgimento
ben penetrare a questa veritate,
come disiri, ti faro contento.
Se violenza e quando quel che pate
niente conferisce a quel che sforza,
non fuor quest' alme per essa scusate:
che volonta, se non vuol, non s'ammorza,
ma fa come natura face in foco,
se mille volte violenza il torza.
Per che, s'ella si piega assai o poco,
segue la forza; e cosi queste fero
possendo rifuggir nel santo loco.
Se fosse stato lor volere intero,
come tenne Lorenzo in su la grada,
e fece Muzio a la sua man severo,
cosi l'avria ripinte per la strada
ond' eran tratte, come fuoro sciolte;
ma cosi salda voglia e troppo rada.
E per queste parole, se ricolte
l'hai come dei, e l'argomento casso
che t'avria fatto noia ancor piu volte.
Ma or ti s'attraversa un altro passo
dinanzi a li occhi, tal che per te stesso
non usciresti: pria saresti lasso.
Io t'ho per certo ne la mente messo
ch'alma beata non poria mentire,
pero ch'e sempre al primo vero appresso;
e poi potesti da Piccarda udire
che l'affezion del vel Costanza tenne;
si ch'ella par qui meco contradire.
Molte fiate gia, frate, addivenne
che, per fuggir periglio, contra grato
si fe di quel che far non si convenne;
come Almeone, che, di cio pregato
dal padre suo, la propria madre spense,
per non perder pieta si fe spietato.
A questo punto voglio che tu pense
che la forza al voler si mischia, e fanno
si che scusar non si posson l'offense.
Voglia assoluta non consente al danno;
ma consentevi in tanto in quanto teme,
se si ritrae, cadere in piu affanno.
Pero, quando Piccarda quello spreme,
de la voglia assoluta intende, e io
de l'altra; si che ver diciamo insieme>>.
Cotal fu l'ondeggiar del santo rio
ch'usci del fonte ond' ogne ver deriva;
tal puose in pace uno e altro disio.
<<O amanza del primo amante, o diva>>,
diss' io appresso, <<il cui parlar m'inonda
e scalda si, che piu e piu m'avviva,
non e l'affezion mia tanto profonda,
che basti a render voi grazia per grazia;
ma quei che vede e puote a cio risponda.
Io veggio ben che gia mai non si sazia
nostro intelletto, se 'l ver non lo illustra
di fuor dal qual nessun vero si spazia.
Posasi in esso, come fera in lustra,
tosto che giunto l'ha; e giugner puollo:
se non, ciascun disio sarebbe frustra.
Nasce per quello, a guisa di rampollo,
a pie del vero il dubbio; ed e natura
ch'al sommo pinge noi di collo in collo.
Questo m'invita, questo m'assicura
con reverenza, donna, a dimandarvi
d'un'altra verita che m'e oscura.
Io vo' saper se l'uom puo sodisfarvi
ai voti manchi si con altri beni,
ch'a la vostra statera non sien parvi>>.
Beatrice mi guardo con li occhi pieni
di faville d'amor cosi divini,
che, vinta, mia virtute die le reni,
e quasi mi perdei con li occhi chini.
Paradiso ? Canto V
<<S'io ti fiammeggio nel caldo d'amore
di la dal modo che 'n terra si vede,
si che del viso tuo vinco il valore,
non ti maravigliar, che cio procede
da perfetto veder, che, come apprende,
cosi nel bene appreso move il piede.
Io veggio ben si come gia resplende
ne l'intelletto tuo l'etterna luce,
che, vista, sola e sempre amore accende;
e s'altra cosa vostro amor seduce,
non e se non di quella alcun vestigio,
mal conosciuto, che quivi traluce.
Tu vuo' saper se con altro servigio,
per manco voto, si puo render tanto
che l'anima sicuri di letigio>>.
Si comincio Beatrice questo canto;
e si com' uom che suo parlar non spezza,
continuo cosi 'l processo santo:
<<Lo maggior don che Dio per sua larghezza
fesse creando, e a la sua bontate
piu conformato, e quel ch'e' piu apprezza,
fu de la volonta la libertate;
di che le creature intelligenti,
e tutte e sole, fuoro e son dotate.
Or ti parra, se tu quinci argomenti,
l'alto valor del voto, s'e si fatto
che Dio consenta quando tu consenti;
che, nel fermar tra Dio e l'omo il patto,
vittima fassi di questo tesoro,
tal quale io dico; e fassi col suo atto.
Dunque che render puossi per ristoro?
Se credi bene usar quel c'hai offerto,
di maltolletto vuo' far buon lavoro.
Tu se' omai del maggior punto certo;
ma perche Santa Chiesa in cio dispensa,
che par contra lo ver ch'i' t'ho scoverto,
convienti ancor sedere un poco a mensa,
pero che 'l cibo rigido c'hai preso,
richiede ancora aiuto a tua dispensa.
Apri la mente a quel ch'io ti paleso
e fermalvi entro; che non fa scienza,
sanza lo ritenere, avere inteso.
Due cose si convegnono a l'essenza
di questo sacrificio: l'una e quella
di che si fa; l'altr' e la convenenza.
Quest' ultima gia mai non si cancella
se non servata; e intorno di lei
si preciso di sopra si favella:
pero necessitato fu a li Ebrei
pur l'offerere, ancor ch'alcuna offerta
si permutasse, come saver dei.
L'altra, che per materia t'e aperta,
puote ben esser tal, che non si falla
se con altra materia si converta.
Ma non trasmuti carco a la sua spalla
per suo arbitrio alcun, sanza la volta
e de la chiave bianca e de la gialla;
e ogne permutanza credi stolta,
se la cosa dimessa in la sorpresa
come 'l quattro nel sei non e raccolta.
Pero qualunque cosa tanto pesa
per suo valor che tragga ogne bilancia,
sodisfar non si puo con altra spesa.
Non prendan li mortali il voto a ciancia;
siate fedeli, e a cio far non bieci,
come Iepte a la sua prima mancia;
cui piu si convenia dicer 'Mal feci',
che, servando, far peggio; e cosi stolto
ritrovar puoi il gran duca de' Greci,
onde pianse Efigenia il suo bel volto,
e fe pianger di se i folli e i savi
ch'udir parlar di cosi fatto colto.
Siate, Cristiani, a muovervi piu gravi:
non siate come penna ad ogne vento,
e non crediate ch'ogne acqua vi lavi.
Avete il novo e 'l vecchio Testamento,
e 'l pastor de la Chiesa che vi guida;
questo vi basti a vostro salvamento.
Se mala cupidigia altro vi grida,
uomini siate, e non pecore matte,
si che 'l Giudeo di voi tra voi non rida!
Non fate com' agnel che lascia il latte
de la sua madre, e semplice e lascivo
seco medesmo a suo piacer combatte! >>.
Cosi Beatrice a me com' io scrivo;
poi si rivolse tutta disiante
a quella parte ove 'l mondo e piu vivo.
Lo suo tacere e 'l trasmutar sembiante
puoser silenzio al mio cupido ingegno,
che gia nuove questioni avea davante;
e si come saetta che nel segno
percuote pria che sia la corda queta,
cosi corremmo nel secondo regno.
Quivi la donna mia vid' io si lieta,
come nel lume di quel ciel si mise,
che piu lucente se ne fe 'l pianeta.
E se la stella si cambio e rise,
qual mi fec' io che pur da mia natura
trasmutabile son per tutte guise!
Come 'n peschiera ch'e tranquilla e pura
traggonsi i pesci a cio che vien di fori
per modo che lo stimin lor pastura,
si vid' io ben piu di mille splendori
trarsi ver' noi, e in ciascun s'udia:
<<Ecco chi crescera li nostri amori>>.
E si come ciascuno a noi venia,
vedeasi l'ombra piena di letizia
nel folgor chiaro che di lei uscia.
Pensa, lettor, se quel che qui s'inizia
non procedesse, come tu avresti
di piu savere angosciosa carizia;
e per te vederai come da questi
m'era in disio d'udir lor condizioni,
si come a li occhi mi fur manifesti.
<<O bene nato a cui veder li troni
del triunfo etternal concede grazia
prima che la milizia s'abbandoni,
del lume che per tutto il ciel si spazia
noi semo accesi; e pero, se disii
di noi chiarirti, a tuo piacer ti sazia>>.
Cosi da un di quelli spirti pii
detto mi fu; e da Beatrice: <<Di, di
sicuramente, e credi come a dii>>.
<<Io veggio ben si come tu t'annidi
nel proprio lume, e che de li occhi il traggi,
perch' e' corusca si come tu ridi;
ma non so chi tu se', ne perche aggi,
anima degna, il grado de la spera
che si vela a' mortai con altrui raggi>>.
Questo diss' io diritto a la lumera
che pria m'avea parlato; ond' ella fessi
lucente piu assai di quel ch'ell' era.
Si come il sol che si cela elli stessi
per troppa luce, come 'l caldo ha rose
le temperanze d'i vapori spessi,
per piu letizia si mi si nascose
dentro al suo raggio la figura santa;
e cosi chiusa chiusa mi rispuose
nel modo che 'l seguente canto canta.
Paradiso ? Canto VI
<<Poscia che Costantin l'aquila volse
contr' al corso del ciel, ch'ella seguio
dietro a l'antico che Lavina tolse,
cento e cent' anni e piu l'uccel di Dio
ne lo stremo d'Europa si ritenne,
vicino a' monti de' quai prima uscio;
e sotto l'ombra de le sacre penne
governo 'l mondo li di mano in mano,
e, si cangiando, in su la mia pervenne.
Cesare fui e son Iustiniano,
che, per voler del primo amor ch'i' sento,
d'entro le leggi trassi il troppo e 'l vano.
E prima ch'io a l'ovra fossi attento,
una natura in Cristo esser, non piue,
credea, e di tal fede era contento;
ma 'l benedetto Agapito, che fue
sommo pastore, a la fede sincera
mi dirizzo con le parole sue.
Io li credetti; e cio che 'n sua fede era,
vegg' io or chiaro si, come tu vedi
ogni contradizione e falsa e vera.
Tosto che con la Chiesa mossi i piedi,
a Dio per grazia piacque di spirarmi
l'alto lavoro, e tutto 'n lui mi diedi;
e al mio Belisar commendai l'armi,
cui la destra del ciel fu si congiunta,
che segno fu ch'i' dovessi posarmi.
Or qui a la question prima s'appunta
la mia risposta; ma sua condizione
mi stringe a seguitare alcuna giunta,
perche tu veggi con quanta ragione
si move contr' al sacrosanto segno
e chi 'l s'appropria e chi a lui s'oppone.
Vedi quanta virtu l'ha fatto degno
di reverenza; e comincio da l'ora
che Pallante mori per darli regno.
Tu sai ch'el fece in Alba sua dimora
per trecento anni e oltre, infino al fine
che i tre a' tre pugnar per lui ancora.
E sai ch'el fe dal mal de le Sabine
al dolor di Lucrezia in sette regi,
vincendo intorno le genti vicine.
Sai quel ch'el fe portato da li egregi
Romani incontro a Brenno, incontro a Pirro,
incontro a li altri principi e collegi;
onde Torquato e Quinzio, che dal cirro
negletto fu nomato, i Deci e ' Fabi
ebber la fama che volontier mirro.
Esso atterro l'orgoglio de li Arabi
che di retro ad Anibale passaro
l'alpestre rocce, Po, di che tu labi.
Sott' esso giovanetti triunfaro
Scipione e Pompeo; e a quel colle
sotto 'l qual tu nascesti parve amaro.
Poi, presso al tempo che tutto 'l ciel volle
redur lo mondo a suo modo sereno,
Cesare per voler di Roma il tolle.
E quel che fe da Varo infino a Reno,
Isara vide ed Era e vide Senna
e ogne valle onde Rodano e pieno.
Quel che fe poi ch'elli usci di Ravenna
e salto Rubicon, fu di tal volo,
che nol seguiteria lingua ne penna.
Inver' la Spagna rivolse lo stuolo,
poi ver' Durazzo, e Farsalia percosse
si ch'al Nil caldo si senti del duolo.
Antandro e Simeonta, onde si mosse,
rivide e la dov' Ettore si cuba;
e mal per Tolomeo poscia si scosse.
Da indi scese folgorando a Iuba;
onde si volse nel vostro occidente,
ove sentia la pompeana tuba.
Di quel che fe col baiulo seguente,
Bruto con Cassio ne l'inferno latra,
e Modena e Perugia fu dolente.
Piangene ancor la trista Cleopatra,
che, fuggendoli innanzi, dal colubro
la morte prese subitana e atra.
Con costui corse infino al lito rubro;
con costui puose il mondo in tanta pace,
che fu serrato a Giano il suo delubro.
Ma cio che 'l segno che parlar mi face
fatto avea prima e poi era fatturo
per lo regno mortal ch'a lui soggiace,
diventa in apparenza poco e scuro,
se in mano al terzo Cesare si mira
con occhio chiaro e con affetto puro;
che la viva giustizia che mi spira,
li concedette, in mano a quel ch'i' dico,
gloria di far vendetta a la sua ira.
Or qui t'ammira in cio ch'io ti replico:
poscia con Tito a far vendetta corse
de la vendetta del peccato antico.
E quando il dente longobardo morse
la Santa Chiesa, sotto le sue ali
Carlo Magno, vincendo, la soccorse.
Omai puoi giudicar di quei cotali
ch'io accusai di sopra e di lor falli,
che son cagion di tutti vostri mali.
L'uno al pubblico segno i gigli gialli
oppone, e l'altro appropria quello a parte,
si ch'e forte a veder chi piu si falli.
Faccian li Ghibellin, faccian lor arte
sott' altro segno, che mal segue quello
sempre chi la giustizia e lui diparte;
e non l'abbatta esto Carlo novello
coi Guelfi suoi, ma tema de li artigli
ch'a piu alto leon trasser lo vello.
Molte fiate gia pianser li figli
per la colpa del padre, e non si creda
che Dio trasmuti l'armi per suoi gigli!
Questa picciola stella si correda
d'i buoni spirti che son stati attivi
perche onore e fama li succeda:
e quando li disiri poggian quivi,
si disviando, pur convien che i raggi
del vero amore in su poggin men vivi.
Ma nel commensurar d'i nostri gaggi
col merto e parte di nostra letizia,
perche non li vedem minor ne maggi.
Quindi addolcisce la viva giustizia
in noi l'affetto si, che non si puote
torcer gia mai ad alcuna nequizia.
Diverse voci fanno dolci note;
cosi diversi scanni in nostra vita
rendon dolce armonia tra queste rote.
E dentro a la presente margarita
luce la luce di Romeo, di cui
fu l'ovra grande e bella mal gradita.
Ma i Provenzai che fecer contra lui
non hanno riso; e pero mal cammina
qual si fa danno del ben fare altrui.
Quattro figlie ebbe, e ciascuna reina,
Ramondo Beringhiere, e cio li fece
Romeo, persona umile e peregrina.
E poi il mosser le parole biece
a dimandar ragione a questo giusto,
che li assegno sette e cinque per diece,
indi partissi povero e vetusto;
e se 'l mondo sapesse il cor ch'elli ebbe
mendicando sua vita a frusto a frusto,
assai lo loda, e piu lo loderebbe>>.
Paradiso ? Canto VII
<<Osanna, sanctus Deus sabaoth,
superillustrans claritate tua
felices ignes horum malacoth! >>.
Cosi, volgendosi a la nota sua,
fu viso a me cantare essa sustanza,
sopra la qual doppio lume s'addua;
ed essa e l'altre mossero a sua danza,
e quasi velocissime faville
mi si velar di subita distanza.
Io dubitava e dicea 'Dille, dille! '
fra me, 'dille' dicea, 'a la mia donna
che mi diseta con le dolci stille'.
Ma quella reverenza che s'indonna
di tutto me, pur per Be e per ice,
mi richinava come l'uom ch'assonna.
Poco sofferse me cotal Beatrice
e comincio, raggiandomi d'un riso
tal, che nel foco faria l'uom felice:
<<Secondo mio infallibile avviso,
come giusta vendetta giustamente
punita fosse, t'ha in pensier miso;
ma io ti solvero tosto la mente;
e tu ascolta, che le mie parole
di gran sentenza ti faran presente.
Per non soffrire a la virtu che vole
freno a suo prode, quell' uom che non nacque,
dannando se, danno tutta sua prole;
onde l'umana specie inferma giacque
giu per secoli molti in grande errore,
fin ch'al Verbo di Dio discender piacque
u' la natura, che dal suo fattore
s'era allungata, uni a se in persona
con l'atto sol del suo etterno amore.
Or drizza il viso a quel ch'or si ragiona:
questa natura al suo fattore unita,
qual fu creata, fu sincera e buona;
ma per se stessa pur fu ella sbandita
di paradiso, pero che si torse
da via di verita e da sua vita.
La pena dunque che la croce porse
s'a la natura assunta si misura,
nulla gia mai si giustamente morse;
e cosi nulla fu di tanta ingiura,
guardando a la persona che sofferse,
in che era contratta tal natura.
Pero d'un atto uscir cose diverse:
ch'a Dio e a' Giudei piacque una morte;
per lei tremo la terra e 'l ciel s'aperse.
Non ti dee oramai parer piu forte,
quando si dice che giusta vendetta
poscia vengiata fu da giusta corte.
Ma io veggi' or la tua mente ristretta
di pensiero in pensier dentro ad un nodo,
del qual con gran disio solver s'aspetta.
Tu dici: "Ben discerno cio ch'i' odo;
ma perche Dio volesse, m'e occulto,
a nostra redenzion pur questo modo".
Questo decreto, frate, sta sepulto
a li occhi di ciascuno il cui ingegno
ne la fiamma d'amor non e adulto.
Veramente, pero ch'a questo segno
molto si mira e poco si discerne,
diro perche tal modo fu piu degno.
La divina bonta, che da se sperne
ogne livore, ardendo in se, sfavilla
si che dispiega le bellezze etterne.
Cio che da lei sanza mezzo distilla
non ha poi fine, perche non si move
la sua imprenta quand' ella sigilla.
Cio che da essa sanza mezzo piove
libero e tutto, perche non soggiace
a la virtute de le cose nove.
Piu l'e conforme, e pero piu le piace;
che l'ardor santo ch'ogne cosa raggia,
ne la piu somigliante e piu vivace.
Di tutte queste dote s'avvantaggia
l'umana creatura, e s'una manca,
di sua nobilita convien che caggia.
Solo il peccato e quel che la disfranca
e falla dissimile al sommo bene,
per che del lume suo poco s'imbianca;
e in sua dignita mai non rivene,
se non riempie, dove colpa vota,
contra mal dilettar con giuste pene.
Vostra natura, quando pecco tota
nel seme suo, da queste dignitadi,
come di paradiso, fu remota;
ne ricovrar potiensi, se tu badi
ben sottilmente, per alcuna via,
sanza passar per un di questi guadi:
o che Dio solo per sua cortesia
dimesso avesse, o che l'uom per se isso
avesse sodisfatto a sua follia.
Ficca mo l'occhio per entro l'abisso
de l'etterno consiglio, quanto puoi
al mio parlar distrettamente fisso.
Non potea l'uomo ne' termini suoi
mai sodisfar, per non potere ir giuso
con umiltate obediendo poi,
quanto disobediendo intese ir suso;
e questa e la cagion per che l'uom fue
da poter sodisfar per se dischiuso.
Dunque a Dio convenia con le vie sue
riparar l'omo a sua intera vita,
dico con l'una, o ver con amendue.
Ma perche l'ovra tanto e piu gradita
da l'operante, quanto piu appresenta
de la bonta del core ond' ell' e uscita,
la divina bonta che 'l mondo imprenta,
di proceder per tutte le sue vie,
a rilevarvi suso, fu contenta.
Ne tra l'ultima notte e 'l primo die
si alto o si magnifico processo,
o per l'una o per l'altra, fu o fie:
che piu largo fu Dio a dar se stesso
per far l'uom sufficiente a rilevarsi,
che s'elli avesse sol da se dimesso;
e tutti li altri modi erano scarsi
a la giustizia, se 'l Figliuol di Dio
non fosse umiliato ad incarnarsi.
Or per empierti bene ogne disio,
ritorno a dichiararti in alcun loco,
perche tu veggi li cosi com' io.
Tu dici: "Io veggio l'acqua, io veggio il foco,
l'aere e la terra e tutte lor misture
venire a corruzione, e durar poco;
e queste cose pur furon creature;
per che, se cio ch'e detto e stato vero,
esser dovrien da corruzion sicure".
Li angeli, frate, e 'l paese sincero
nel qual tu se', dir si posson creati,
si come sono, in loro essere intero;
ma li alimenti che tu hai nomati
e quelle cose che di lor si fanno
da creata virtu sono informati.
Creata fu la materia ch'elli hanno;
creata fu la virtu informante
in queste stelle che 'ntorno a lor vanno.
L'anima d'ogne bruto e de le piante
di complession potenziata tira
lo raggio e 'l moto de le luci sante;
ma vostra vita sanza mezzo spira
la somma beninanza, e la innamora
di se si che poi sempre la disira.
E quinci puoi argomentare ancora
vostra resurrezion, se tu ripensi
come l'umana carne fessi allora
che li primi parenti intrambo fensi>>.
Paradiso ? Canto VIII
Solea creder lo mondo in suo periclo
che la bella Ciprigna il folle amore
raggiasse, volta nel terzo epiciclo;
per che non pur a lei faceano onore
di sacrificio e di votivo grido
le genti antiche ne l'antico errore;
ma Dione onoravano e Cupido,
quella per madre sua, questo per figlio,
e dicean ch'el sedette in grembo a Dido;
e da costei ond' io principio piglio
pigliavano il vocabol de la stella
che 'l sol vagheggia or da coppa or da ciglio.
Io non m'accorsi del salire in ella;
ma d'esservi entro mi fe assai fede
la donna mia ch'i' vidi far piu bella.
E come in fiamma favilla si vede,
e come in voce voce si discerne,
quand' una e ferma e altra va e riede,
vid' io in essa luce altre lucerne
muoversi in giro piu e men correnti,
al modo, credo, di lor viste interne.
Di fredda nube non disceser venti,
o visibili o no, tanto festini,
che non paressero impediti e lenti
a chi avesse quei lumi divini
veduti a noi venir, lasciando il giro
pria cominciato in li alti Serafini;
e dentro a quei che piu innanzi appariro
sonava 'Osanna' si, che unque poi
di riudir non fui sanza disiro.
Indi si fece l'un piu presso a noi
e solo incomincio: <<Tutti sem presti
al tuo piacer, perche di noi ti gioi.
Noi ci volgiam coi principi celesti
d'un giro e d'un girare e d'una sete,
ai quali tu del mondo gia dicesti:
'Voi che 'ntendendo il terzo ciel movete';
e sem si pien d'amor, che, per piacerti,
non fia men dolce un poco di quiete>>.
Poscia che li occhi miei si fuoro offerti
a la mia donna reverenti, ed essa
fatti li avea di se contenti e certi,
rivolsersi a la luce che promessa
tanto s'avea, e <<Deh, chi siete? >> fue
la voce mia di grande affetto impressa.
E quanta e quale vid' io lei far piue
per allegrezza nova che s'accrebbe,
quando parlai, a l'allegrezze sue!
Cosi fatta, mi disse: <<Il mondo m'ebbe
giu poco tempo; e se piu fosse stato,
molto sara di mal, che non sarebbe.
La mia letizia mi ti tien celato
che mi raggia dintorno e mi nasconde
quasi animal di sua seta fasciato.
Assai m'amasti, e avesti ben onde;
che s'io fossi giu stato, io ti mostrava
di mio amor piu oltre che le fronde.
Quella sinistra riva che si lava
di Rodano poi ch'e misto con Sorga,
per suo segnore a tempo m'aspettava,
e quel corno d'Ausonia che s'imborga
di Bari e di Gaeta e di Catona,
da ove Tronto e Verde in mare sgorga.
Fulgeami gia in fronte la corona
di quella terra che 'l Danubio riga
poi che le ripe tedesche abbandona.
E la bella Trinacria, che caliga
tra Pachino e Peloro, sopra 'l golfo
che riceve da Euro maggior briga,
non per Tifeo ma per nascente solfo,
attesi avrebbe li suoi regi ancora,
nati per me di Carlo e di Ridolfo,
se mala segnoria, che sempre accora
li popoli suggetti, non avesse
mosso Palermo a gridar: "Mora, mora! ".
E se mio frate questo antivedesse,
l'avara poverta di Catalogna
gia fuggeria, perche non li offendesse;
che veramente proveder bisogna
per lui, o per altrui, si ch'a sua barca
carcata piu d'incarco non si pogna.
La sua natura, che di larga parca
discese, avria mestier di tal milizia
che non curasse di mettere in arca>>.
<<Pero ch'i' credo che l'alta letizia
che 'l tuo parlar m'infonde, segnor mio,
la 've ogne ben si termina e s'inizia,
per te si veggia come la vegg' io,
grata m'e piu; e anco quest' ho caro
perche 'l discerni rimirando in Dio.
Fatto m'hai lieto, e cosi mi fa chiaro,
poi che, parlando, a dubitar m'hai mosso
com' esser puo, di dolce seme, amaro>>.
Questo io a lui; ed elli a me: <<S'io posso
mostrarti un vero, a quel che tu dimandi
terrai lo viso come tien lo dosso.
Lo ben che tutto il regno che tu scandi
volge e contenta, fa esser virtute
sua provedenza in questi corpi grandi.
E non pur le nature provedute
sono in la mente ch'e da se perfetta,
ma esse insieme con la lor salute:
per che quantunque quest' arco saetta
disposto cade a proveduto fine,
si come cosa in suo segno diretta.
Se cio non fosse, il ciel che tu cammine
producerebbe si li suoi effetti,
che non sarebbero arti, ma ruine;
e cio esser non puo, se li 'ntelletti
che muovon queste stelle non son manchi,
e manco il primo, che non li ha perfetti.
Vuo' tu che questo ver piu ti s'imbianchi? >>.
E io: <<Non gia; che impossibil veggio
che la natura, in quel ch'e uopo, stanchi>>.
Ond' elli ancora: <<Or di: sarebbe il peggio
per l'omo in terra, se non fosse cive? >>.
<<Si>>, rispuos' io; <<e qui ragion non cheggio>>.
<<E puot' elli esser, se giu non si vive
diversamente per diversi offici?
Non, se 'l maestro vostro ben vi scrive>>.
Si venne deducendo infino a quici;
poscia conchiuse: <<Dunque esser diverse
convien di vostri effetti le radici:
per ch'un nasce Solone e altro Serse,
altro Melchisedech e altro quello
che, volando per l'aere, il figlio perse.
La circular natura, ch'e suggello
a la cera mortal, fa ben sua arte,
ma non distingue l'un da l'altro ostello.
Quinci addivien ch'Esau si diparte
per seme da Iacob; e vien Quirino
da si vil padre, che si rende a Marte.
Natura generata il suo cammino
simil farebbe sempre a' generanti,
se non vincesse il proveder divino.
Or quel che t'era dietro t'e davanti:
ma perche sappi che di te mi giova,
un corollario voglio che t'ammanti.
Sempre natura, se fortuna trova
discorde a se, com' ogne altra semente
fuor di sua region, fa mala prova.
E se 'l mondo la giu ponesse mente
al fondamento che natura pone,
seguendo lui, avria buona la gente.
Ma voi torcete a la religione
tal che fia nato a cignersi la spada,
e fate re di tal ch'e da sermone;
onde la traccia vostra e fuor di strada>>.
Paradiso ? Canto IX
Da poi che Carlo tuo, bella Clemenza,
m'ebbe chiarito, mi narro li 'nganni
che ricever dovea la sua semenza;
ma disse: <<Taci e lascia muover li anni>>;
si ch'io non posso dir se non che pianto
giusto verra di retro ai vostri danni.
E gia la vita di quel lume santo
rivolta s'era al Sol che la riempie
come quel ben ch'a ogne cosa e tanto.
Ahi anime ingannate e fatture empie,
che da si fatto ben torcete i cuori,
drizzando in vanita le vostre tempie!
Ed ecco un altro di quelli splendori
ver' me si fece, e 'l suo voler piacermi
significava nel chiarir di fori.
Li occhi di Beatrice, ch'eran fermi
sovra me, come pria, di caro assenso
al mio disio certificato fermi.
<<Deh, metti al mio voler tosto compenso,
beato spirto>>, dissi, <<e fammi prova
ch'i' possa in te refletter quel ch'io penso! >>.
Onde la luce che m'era ancor nova,
del suo profondo, ond' ella pria cantava,
seguette come a cui di ben far giova:
<<In quella parte de la terra prava
italica che siede tra Rialto
e le fontane di Brenta e di Piava,
si leva un colle, e non surge molt' alto,
la onde scese gia una facella
che fece a la contrada un grande assalto.
D'una radice nacqui e io ed ella:
Cunizza fui chiamata, e qui refulgo
perche mi vinse il lume d'esta stella;
ma lietamente a me medesma indulgo
la cagion di mia sorte, e non mi noia;
che parria forse forte al vostro vulgo.
Di questa luculenta e cara gioia
del nostro cielo che piu m'e propinqua,
grande fama rimase; e pria che moia,
questo centesimo anno ancor s'incinqua:
vedi se far si dee l'omo eccellente,
si ch'altra vita la prima relinqua.
E cio non pensa la turba presente
che Tagliamento e Adice richiude,
ne per esser battuta ancor si pente;
ma tosto fia che Padova al palude
cangera l'acqua che Vincenza bagna,
per essere al dover le genti crude;
e dove Sile e Cagnan s'accompagna,
tal signoreggia e va con la testa alta,
che gia per lui carpir si fa la ragna.
Piangera Feltro ancora la difalta
de l'empio suo pastor, che sara sconcia
si, che per simil non s'entro in malta.
Troppo sarebbe larga la bigoncia
che ricevesse il sangue ferrarese,
e stanco chi 'l pesasse a oncia a oncia,
che donera questo prete cortese
per mostrarsi di parte; e cotai doni
conformi fieno al viver del paese.
Su sono specchi, voi dicete Troni,
onde refulge a noi Dio giudicante;
si che questi parlar ne paion buoni>>.
Qui si tacette; e fecemi sembiante
che fosse ad altro volta, per la rota
in che si mise com' era davante.
L'altra letizia, che m'era gia nota
per cara cosa, mi si fece in vista
qual fin balasso in che lo sol percuota.
Per letiziar la su fulgor s'acquista,
si come riso qui; ma giu s'abbuia
l'ombra di fuor, come la mente e trista.
<<Dio vede tutto, e tuo veder s'inluia>>,
diss' io, <<beato spirto, si che nulla
voglia di se a te puot' esser fuia.
Dunque la voce tua, che 'l ciel trastulla
sempre col canto di quei fuochi pii
che di sei ali facen la coculla,
perche non satisface a' miei disii?
Gia non attendere' io tua dimanda,
s'io m'intuassi, come tu t'inmii>>.
<<La maggior valle in che l'acqua si spanda>>,
incominciaro allor le sue parole,
<<fuor di quel mar che la terra inghirlanda,
tra ' discordanti liti contra 'l sole
tanto sen va, che fa meridiano
la dove l'orizzonte pria far suole.
Di quella valle fu' io litorano
tra Ebro e Macra, che per cammin corto
parte lo Genovese dal Toscano.
Ad un occaso quasi e ad un orto
Buggea siede e la terra ond' io fui,
che fe del sangue suo gia caldo il porto.
Folco mi disse quella gente a cui
fu noto il nome mio; e questo cielo
di me s'imprenta, com' io fe' di lui;
che piu non arse la figlia di Belo,
noiando e a Sicheo e a Creusa,
di me, infin che si convenne al pelo;
ne quella Rodopea che delusa
fu da Demofoonte, ne Alcide
quando Iole nel core ebbe rinchiusa.
Non pero qui si pente, ma si ride,
non de la colpa, ch'a mente non torna,
ma del valor ch'ordino e provide.
Qui si rimira ne l'arte ch'addorna
cotanto affetto, e discernesi 'l bene
per che 'l mondo di su quel di giu torna.
Ma perche tutte le tue voglie piene
ten porti che son nate in questa spera,
proceder ancor oltre mi convene.
Tu vuo' saper chi e in questa lumera
che qui appresso me cosi scintilla
come raggio di sole in acqua mera.
Or sappi che la entro si tranquilla
Raab; e a nostr' ordine congiunta,
di lei nel sommo grado si sigilla.
Da questo cielo, in cui l'ombra s'appunta
che 'l vostro mondo face, pria ch'altr' alma
del triunfo di Cristo fu assunta.
Ben si convenne lei lasciar per palma
in alcun cielo de l'alta vittoria
che s'acquisto con l'una e l'altra palma,
perch' ella favoro la prima gloria
di Iosue in su la Terra Santa,
che poco tocca al papa la memoria.
La tua citta, che di colui e pianta
che pria volse le spalle al suo fattore
e di cui e la 'nvidia tanto pianta,
produce e spande il maladetto fiore
c'ha disviate le pecore e li agni,
pero che fatto ha lupo del pastore.
Per questo l'Evangelio e i dottor magni
son derelitti, e solo ai Decretali
si studia, si che pare a' lor vivagni.
A questo intende il papa e ' cardinali;
non vanno i lor pensieri a Nazarette,
la dove Gabriello aperse l'ali.
Ma Vaticano e l'altre parti elette
di Roma che son state cimitero
a la milizia che Pietro seguette,
tosto libere fien de l'avoltero>>.
Paradiso ? Canto X
Guardando nel suo Figlio con l'Amore
che l'uno e l'altro etternalmente spira,
lo primo e ineffabile Valore
quanto per mente e per loco si gira
con tant' ordine fe, ch'esser non puote
sanza gustar di lui chi cio rimira.
Leva dunque, lettore, a l'alte rote
meco la vista, dritto a quella parte
dove l'un moto e l'altro si percuote;
e li comincia a vagheggiar ne l'arte
di quel maestro che dentro a se l'ama,
tanto che mai da lei l'occhio non parte.
Vedi come da indi si dirama
l'oblico cerchio che i pianeti porta,
per sodisfare al mondo che li chiama.
Che se la strada lor non fosse torta,
molta virtu nel ciel sarebbe in vano,
e quasi ogne potenza qua giu morta;
e se dal dritto piu o men lontano
fosse 'l partire, assai sarebbe manco
e giu e su de l'ordine mondano.
Or ti riman, lettor, sovra 'l tuo banco,
dietro pensando a cio che si preliba,
s'esser vuoi lieto assai prima che stanco.
Messo t'ho innanzi: omai per te ti ciba;
che a se torce tutta la mia cura
quella materia ond' io son fatto scriba.
Lo ministro maggior de la natura,
che del valor del ciel lo mondo imprenta
e col suo lume il tempo ne misura,
con quella parte che su si rammenta
congiunto, si girava per le spire
in che piu tosto ognora s'appresenta;
e io era con lui; ma del salire
non m'accors' io, se non com' uom s'accorge,
anzi 'l primo pensier, del suo venire.
E Beatrice quella che si scorge
di bene in meglio, si subitamente
che l'atto suo per tempo non si sporge.
Quant' esser convenia da se lucente
quel ch'era dentro al sol dov' io entra'mi,
non per color, ma per lume parvente!
Perch' io lo 'ngegno e l'arte e l'uso chiami,
si nol direi che mai s'imaginasse;
ma creder puossi e di veder si brami.
E se le fantasie nostre son basse
a tanta altezza, non e maraviglia;
che sopra 'l sol non fu occhio ch'andasse.
Tal era quivi la quarta famiglia
de l'alto Padre, che sempre la sazia,
mostrando come spira e come figlia.
E Beatrice comincio: <<Ringrazia,
ringrazia il Sol de li angeli, ch'a questo
sensibil t'ha levato per sua grazia>>.
Cor di mortal non fu mai si digesto
a divozione e a rendersi a Dio
con tutto 'l suo gradir cotanto presto,
come a quelle parole mi fec' io;
e si tutto 'l mio amore in lui si mise,
che Beatrice eclisso ne l'oblio.
Non le dispiacque; ma si se ne rise,
che lo splendor de li occhi suoi ridenti
mia mente unita in piu cose divise.
Io vidi piu folgor vivi e vincenti
far di noi centro e di se far corona,
piu dolci in voce che in vista lucenti:
cosi cinger la figlia di Latona
vedem talvolta, quando l'aere e pregno,
si che ritenga il fil che fa la zona.
Ne la corte del cielo, ond' io rivegno,
si trovan molte gioie care e belle
tanto che non si posson trar del regno;
e 'l canto di quei lumi era di quelle;
chi non s'impenna si che la su voli,
dal muto aspetti quindi le novelle.
Poi, si cantando, quelli ardenti soli
si fuor girati intorno a noi tre volte,
come stelle vicine a' fermi poli,
donne mi parver, non da ballo sciolte,
ma che s'arrestin tacite, ascoltando
fin che le nove note hanno ricolte.
E dentro a l'un senti' cominciar: <<Quando
lo raggio de la grazia, onde s'accende
verace amore e che poi cresce amando,
multiplicato in te tanto resplende,
che ti conduce su per quella scala
u' sanza risalir nessun discende;
qual ti negasse il vin de la sua fiala
per la tua sete, in liberta non fora
se non com' acqua ch'al mar non si cala.
Tu vuo' saper di quai piante s'infiora
questa ghirlanda che 'ntorno vagheggia
la bella donna ch'al ciel t'avvalora.
Io fui de li agni de la santa greggia
che Domenico mena per cammino
u' ben s'impingua se non si vaneggia.
Questi che m'e a destra piu vicino,
frate e maestro fummi, ed esso Alberto
e di Cologna, e io Thomas d'Aquino.
Se si di tutti li altri esser vuo' certo,
di retro al mio parlar ten vien col viso
girando su per lo beato serto.
Quell' altro fiammeggiare esce del riso
di Grazian, che l'uno e l'altro foro
aiuto si che piace in paradiso.
L'altro ch'appresso addorna il nostro coro,
quel Pietro fu che con la poverella
offerse a Santa Chiesa suo tesoro.
La quinta luce, ch'e tra noi piu bella,
spira di tale amor, che tutto 'l mondo
la giu ne gola di saper novella:
entro v'e l'alta mente u' si profondo
saver fu messo, che, se 'l vero e vero,
a veder tanto non surse il secondo.
Appresso vedi il lume di quel cero
che giu in carne piu a dentro vide
l'angelica natura e 'l ministero.
Ne l'altra piccioletta luce ride
quello avvocato de' tempi cristiani
del cui latino Augustin si provide.
Or se tu l'occhio de la mente trani
di luce in luce dietro a le mie lode,
gia de l'ottava con sete rimani.
Per vedere ogne ben dentro vi gode
l'anima santa che 'l mondo fallace
fa manifesto a chi di lei ben ode.
Lo corpo ond' ella fu cacciata giace
giuso in Cieldauro; ed essa da martiro
e da essilio venne a questa pace.
Vedi oltre fiammeggiar l'ardente spiro
d'Isidoro, di Beda e di Riccardo,
che a considerar fu piu che viro.
Questi onde a me ritorna il tuo riguardo,
e 'l lume d'uno spirto che 'n pensieri
gravi a morir li parve venir tardo:
essa e la luce etterna di Sigieri,
che, leggendo nel Vico de li Strami,
silogizzo invidiosi veri>>.
Indi, come orologio che ne chiami
ne l'ora che la sposa di Dio surge
a mattinar lo sposo perche l'ami,
che l'una parte e l'altra tira e urge,
tin tin sonando con si dolce nota,
che 'l ben disposto spirto d'amor turge;
cosi vid' io la gloriosa rota
muoversi e render voce a voce in tempra
e in dolcezza ch'esser non po nota
se non cola dove gioir s'insempra.
Paradiso ? Canto XI
O insensata cura de' mortali,
quanto son difettivi silogismi
quei che ti fanno in basso batter l'ali!
Chi dietro a iura e chi ad amforismi
sen giva, e chi seguendo sacerdozio,
e chi regnar per forza o per sofismi,
e chi rubare e chi civil negozio,
chi nel diletto de la carne involto
s'affaticava e chi si dava a l'ozio,
quando, da tutte queste cose sciolto,
con Beatrice m'era suso in cielo
cotanto gloriosamente accolto.
Poi che ciascuno fu tornato ne lo
punto del cerchio in che avanti s'era,
fermossi, come a candellier candelo.
E io senti' dentro a quella lumera
che pria m'avea parlato, sorridendo
incominciar, faccendosi piu mera:
<<Cosi com' io del suo raggio resplendo,
si, riguardando ne la luce etterna,
li tuoi pensieri onde cagioni apprendo.
Tu dubbi, e hai voler che si ricerna
in si aperta e 'n si distesa lingua
lo dicer mio, ch'al tuo sentir si sterna,
ove dinanzi dissi: "U' ben s'impingua",
e la u' dissi: "Non nacque il secondo";
e qui e uopo che ben si distingua.
La provedenza, che governa il mondo
con quel consiglio nel quale ogne aspetto
creato e vinto pria che vada al fondo,
pero che andasse ver' lo suo diletto
la sposa di colui ch'ad alte grida
disposo lei col sangue benedetto,
in se sicura e anche a lui piu fida,
due principi ordino in suo favore,
che quinci e quindi le fosser per guida.
L'un fu tutto serafico in ardore;
l'altro per sapienza in terra fue
di cherubica luce uno splendore.
De l'un diro, pero che d'amendue
si dice l'un pregiando, qual ch'om prende,
perch' ad un fine fur l'opere sue.
Intra Tupino e l'acqua che discende
del colle eletto dal beato Ubaldo,
fertile costa d'alto monte pende,
onde Perugia sente freddo e caldo
da Porta Sole; e di rietro le piange
per grave giogo Nocera con Gualdo.
Di questa costa, la dov' ella frange
piu sua rattezza, nacque al mondo un sole,
come fa questo talvolta di Gange.
Pero chi d'esso loco fa parole,
non dica Ascesi, che direbbe corto,
ma Oriente, se proprio dir vuole.
Non era ancor molto lontan da l'orto,
ch'el comincio a far sentir la terra
de la sua gran virtute alcun conforto;
che per tal donna, giovinetto, in guerra
del padre corse, a cui, come a la morte,
la porta del piacer nessun diserra;
e dinanzi a la sua spirital corte
et coram patre le si fece unito;
poscia di di in di l'amo piu forte.
Questa, privata del primo marito,
millecent' anni e piu dispetta e scura
fino a costui si stette sanza invito;
ne valse udir che la trovo sicura
con Amiclate, al suon de la sua voce,
colui ch'a tutto 'l mondo fe paura;
ne valse esser costante ne feroce,
si che, dove Maria rimase giuso,
ella con Cristo pianse in su la croce.
Ma perch' io non proceda troppo chiuso,
Francesco e Poverta per questi amanti
prendi oramai nel mio parlar diffuso.
La lor concordia e i lor lieti sembianti,
amore e maraviglia e dolce sguardo
facieno esser cagion di pensier santi;
tanto che 'l venerabile Bernardo
si scalzo prima, e dietro a tanta pace
corse e, correndo, li parve esser tardo.
Oh ignota ricchezza! oh ben ferace!
Scalzasi Egidio, scalzasi Silvestro
dietro a lo sposo, si la sposa piace.
Indi sen va quel padre e quel maestro
con la sua donna e con quella famiglia
che gia legava l'umile capestro.
Ne li gravo vilta di cuor le ciglia
per esser fi' di Pietro Bernardone,
ne per parer dispetto a maraviglia;
ma regalmente sua dura intenzione
ad Innocenzio aperse, e da lui ebbe
primo sigillo a sua religione.
Poi che la gente poverella crebbe
dietro a costui, la cui mirabil vita
meglio in gloria del ciel si canterebbe,
di seconda corona redimita
fu per Onorio da l'Etterno Spiro
la santa voglia d'esto archimandrita.
E poi che, per la sete del martiro,
ne la presenza del Soldan superba
predico Cristo e li altri che 'l seguiro,
e per trovare a conversione acerba
troppo la gente e per non stare indarno,
redissi al frutto de l'italica erba,
nel crudo sasso intra Tevero e Arno
da Cristo prese l'ultimo sigillo,
che le sue membra due anni portarno.
Quando a colui ch'a tanto ben sortillo
piacque di trarlo suso a la mercede
ch'el merito nel suo farsi pusillo,
a' frati suoi, si com' a giuste rede,
raccomando la donna sua piu cara,
e comando che l'amassero a fede;
e del suo grembo l'anima preclara
mover si volle, tornando al suo regno,
e al suo corpo non volle altra bara.
Pensa oramai qual fu colui che degno
collega fu a mantener la barca
di Pietro in alto mar per dritto segno;
e questo fu il nostro patriarca;
per che qual segue lui, com' el comanda,
discerner puoi che buone merce carca.
Ma 'l suo pecuglio di nova vivanda
e fatto ghiotto, si ch'esser non puote
che per diversi salti non si spanda;
e quanto le sue pecore remote
e vagabunde piu da esso vanno,
piu tornano a l'ovil di latte vote.
Ben son di quelle che temono 'l danno
e stringonsi al pastor; ma son si poche,
che le cappe fornisce poco panno.
Or, se le mie parole non son fioche,
se la tua audienza e stata attenta,
se cio ch'e detto a la mente revoche,
in parte fia la tua voglia contenta,
perche vedrai la pianta onde si scheggia,
e vedra' il corregger che argomenta
"U' ben s'impingua, se non si vaneggia">>.
Paradiso ? Canto XII
Si tosto come l'ultima parola
la benedetta fiamma per dir tolse,
a rotar comincio la santa mola;
e nel suo giro tutta non si volse
prima ch'un'altra di cerchio la chiuse,
e moto a moto e canto a canto colse;
canto che tanto vince nostre muse,
nostre serene in quelle dolci tube,
quanto primo splendor quel ch'e' refuse.
Come si volgon per tenera nube
due archi paralelli e concolori,
quando Iunone a sua ancella iube,
nascendo di quel d'entro quel di fori,
a guisa del parlar di quella vaga
ch'amor consunse come sol vapori,
e fanno qui la gente esser presaga,
per lo patto che Dio con Noe puose,
del mondo che gia mai piu non s'allaga:
cosi di quelle sempiterne rose
volgiensi circa noi le due ghirlande,
e si l'estrema a l'intima rispuose.
Poi che 'l tripudio e l'altra festa grande,
si del cantare e si del fiammeggiarsi
luce con luce gaudiose e blande,
insieme a punto e a voler quetarsi,
pur come li occhi ch'al piacer che i move
conviene insieme chiudere e levarsi;
del cor de l'una de le luci nove
si mosse voce, che l'ago a la stella
parer mi fece in volgermi al suo dove;
e comincio: <<L'amor che mi fa bella
mi tragge a ragionar de l'altro duca
per cui del mio si ben ci si favella.
Degno e che, dov' e l'un, l'altro s'induca:
si che, com' elli ad una militaro,
cosi la gloria loro insieme luca.
L'essercito di Cristo, che si caro
costo a riarmar, dietro a la 'nsegna
si movea tardo, sospeccioso e raro,
quando lo 'mperador che sempre regna
provide a la milizia, ch'era in forse,
per sola grazia, non per esser degna;
e, come e detto, a sua sposa soccorse
con due campioni, al cui fare, al cui dire
lo popol disviato si raccorse.
In quella parte ove surge ad aprire
Zefiro dolce le novelle fronde
di che si vede Europa rivestire,
non molto lungi al percuoter de l'onde
dietro a le quali, per la lunga foga,
lo sol talvolta ad ogne uom si nasconde,
siede la fortunata Calaroga
sotto la protezion del grande scudo
in che soggiace il leone e soggioga:
dentro vi nacque l'amoroso drudo
de la fede cristiana, il santo atleta
benigno a' suoi e a' nemici crudo;
e come fu creata, fu repleta
si la sua mente di viva vertute
che, ne la madre, lei fece profeta.
Poi che le sponsalizie fuor compiute
al sacro fonte intra lui e la Fede,
u' si dotar di mutua salute,
la donna che per lui l'assenso diede,
vide nel sonno il mirabile frutto
ch'uscir dovea di lui e de le rede;
e perche fosse qual era in costrutto,
quinci si mosse spirito a nomarlo
del possessivo di cui era tutto.
Domenico fu detto; e io ne parlo
si come de l'agricola che Cristo
elesse a l'orto suo per aiutarlo.
Ben parve messo e famigliar di Cristo:
che 'l primo amor che 'n lui fu manifesto,
fu al primo consiglio che die Cristo.
Spesse fiate fu tacito e desto
trovato in terra da la sua nutrice,
come dicesse: 'Io son venuto a questo'.
Oh padre suo veramente Felice!
oh madre sua veramente Giovanna,
se, interpretata, val come si dice!
Non per lo mondo, per cui mo s'affanna
di retro ad Ostiense e a Taddeo,
ma per amor de la verace manna
in picciol tempo gran dottor si feo;
tal che si mise a circuir la vigna
che tosto imbianca, se 'l vignaio e reo.
E a la sedia che fu gia benigna
piu a' poveri giusti, non per lei,
ma per colui che siede, che traligna,
non dispensare o due o tre per sei,
non la fortuna di prima vacante,
non decimas, quae sunt pauperum Dei,
addimando, ma contro al mondo errante
licenza di combatter per lo seme
del qual ti fascian ventiquattro piante.
Poi, con dottrina e con volere insieme,
con l'officio appostolico si mosse
quasi torrente ch'alta vena preme;
e ne li sterpi eretici percosse
l'impeto suo, piu vivamente quivi
dove le resistenze eran piu grosse.
Di lui si fecer poi diversi rivi
onde l'orto catolico si riga,
si che i suoi arbuscelli stan piu vivi.
Se tal fu l'una rota de la biga
in che la Santa Chiesa si difese
e vinse in campo la sua civil briga,
ben ti dovrebbe assai esser palese
l'eccellenza de l'altra, di cui Tomma
dinanzi al mio venir fu si cortese.
Ma l'orbita che fe la parte somma
di sua circunferenza, e derelitta,
si ch'e la muffa dov' era la gromma.
La sua famiglia, che si mosse dritta
coi piedi a le sue orme, e tanto volta,
che quel dinanzi a quel di retro gitta;
e tosto si vedra de la ricolta
de la mala coltura, quando il loglio
si lagnera che l'arca li sia tolta.
Ben dico, chi cercasse a foglio a foglio
nostro volume, ancor troveria carta
u' leggerebbe "I' mi son quel ch'i' soglio";
ma non fia da Casal ne d'Acquasparta,
la onde vegnon tali a la scrittura,
ch'uno la fugge e altro la coarta.
Io son la vita di Bonaventura
da Bagnoregio, che ne' grandi offici
sempre pospuosi la sinistra cura.
Illuminato e Augustin son quici,
che fuor de' primi scalzi poverelli
che nel capestro a Dio si fero amici.
Ugo da San Vittore e qui con elli,
e Pietro Mangiadore e Pietro Spano,
lo qual giu luce in dodici libelli;
Natan profeta e 'l metropolitano
Crisostomo e Anselmo e quel Donato
ch'a la prim' arte degno porre mano.
Rabano e qui, e lucemi dallato
il calavrese abate Giovacchino
di spirito profetico dotato.
Ad inveggiar cotanto paladino
mi mosse l'infiammata cortesia
di fra Tommaso e 'l discreto latino;
e mosse meco questa compagnia>>.
Paradiso ? Canto XIII
Imagini, chi bene intender cupe
quel ch'i' or vidi--e ritegna l'image,
mentre ch'io dico, come ferma rupe--,
quindici stelle che 'n diverse plage
lo ciel avvivan di tanto sereno
che soperchia de l'aere ogne compage;
imagini quel carro a cu' il seno
basta del nostro cielo e notte e giorno,
si ch'al volger del temo non vien meno;
imagini la bocca di quel corno
che si comincia in punta de lo stelo
a cui la prima rota va dintorno,
aver fatto di se due segni in cielo,
qual fece la figliuola di Minoi
allora che senti di morte il gelo;
e l'un ne l'altro aver li raggi suoi,
e amendue girarsi per maniera
che l'uno andasse al primo e l'altro al poi;
e avra quasi l'ombra de la vera
costellazione e de la doppia danza
che circulava il punto dov' io era:
poi ch'e tanto di la da nostra usanza,
quanto di la dal mover de la Chiana
si move il ciel che tutti li altri avanza.
Li si canto non Bacco, non Peana,
ma tre persone in divina natura,
e in una persona essa e l'umana.
Compie 'l cantare e 'l volger sua misura;
e attesersi a noi quei santi lumi,
felicitando se di cura in cura.
Ruppe il silenzio ne' concordi numi
poscia la luce in che mirabil vita
del poverel di Dio narrata fumi,
e disse: <<Quando l'una paglia e trita,
quando la sua semenza e gia riposta,
a batter l'altra dolce amor m'invita.
Tu credi che nel petto onde la costa
si trasse per formar la bella guancia
il cui palato a tutto 'l mondo costa,
e in quel che, forato da la lancia,
e prima e poscia tanto sodisfece,
che d'ogne colpa vince la bilancia,
quantunque a la natura umana lece
aver di lume, tutto fosse infuso
da quel valor che l'uno e l'altro fece;
e pero miri a cio ch'io dissi suso,
quando narrai che non ebbe 'l secondo
lo ben che ne la quinta luce e chiuso.
Or apri li occhi a quel ch'io ti rispondo,
e vedrai il tuo credere e 'l mio dire
nel vero farsi come centro in tondo.
Cio che non more e cio che puo morire
non e se non splendor di quella idea
che partorisce, amando, il nostro Sire;
che quella viva luce che si mea
dal suo lucente, che non si disuna
da lui ne da l'amor ch'a lor s'intrea,
per sua bontate il suo raggiare aduna,
quasi specchiato, in nove sussistenze,
etternalmente rimanendosi una.
Quindi discende a l'ultime potenze
giu d'atto in atto, tanto divenendo,
che piu non fa che brevi contingenze;
e queste contingenze essere intendo
le cose generate, che produce
con seme e sanza seme il ciel movendo.
La cera di costoro e chi la duce
non sta d'un modo; e pero sotto 'l segno
ideale poi piu e men traluce.
Ond' elli avvien ch'un medesimo legno,
secondo specie, meglio e peggio frutta;
e voi nascete con diverso ingegno.
Se fosse a punto la cera dedutta
e fosse il cielo in sua virtu supprema,
la luce del suggel parrebbe tutta;
ma la natura la da sempre scema,
similemente operando a l'artista
ch'a l'abito de l'arte ha man che trema.
Pero se 'l caldo amor la chiara vista
de la prima virtu dispone e segna,
tutta la perfezion quivi s'acquista.
Cosi fu fatta gia la terra degna
di tutta l'animal perfezione;
cosi fu fatta la Vergine pregna;
si ch'io commendo tua oppinione,
che l'umana natura mai non fue
ne fia qual fu in quelle due persone.
Or s'i' non procedesse avanti piue,
'Dunque, come costui fu sanza pare? '
comincerebber le parole tue.
Ma perche paia ben cio che non pare,
pensa chi era, e la cagion che 'l mosse,
quando fu detto "Chiedi", a dimandare.
Non ho parlato si, che tu non posse
ben veder ch'el fu re, che chiese senno
accio che re sufficiente fosse;
non per sapere il numero in che enno
li motor di qua su, o se necesse
con contingente mai necesse fenno;
non si est dare primum motum esse,
o se del mezzo cerchio far si puote
triangol si ch'un retto non avesse.
Onde, se cio ch'io dissi e questo note,
regal prudenza e quel vedere impari
in che lo stral di mia intenzion percuote;
e se al "surse" drizzi li occhi chiari,
vedrai aver solamente respetto
ai regi, che son molti, e ' buon son rari.
Con questa distinzion prendi 'l mio detto;
e cosi puote star con quel che credi
del primo padre e del nostro Diletto.
E questo ti sia sempre piombo a' piedi,
per farti mover lento com' uom lasso
e al si e al no che tu non vedi:
che quelli e tra li stolti bene a basso,
che sanza distinzione afferma e nega
ne l'un cosi come ne l'altro passo;
perch' elli 'ncontra che piu volte piega
l'oppinion corrente in falsa parte,
e poi l'affetto l'intelletto lega.
Vie piu che 'ndarno da riva si parte,
perche non torna tal qual e' si move,
chi pesca per lo vero e non ha l'arte.
E di cio sono al mondo aperte prove
Parmenide, Melisso e Brisso e molti,
li quali andaro e non sapean dove;
si fe Sabellio e Arrio e quelli stolti
che furon come spade a le Scritture
in render torti li diritti volti.
Non sien le genti, ancor, troppo sicure
a giudicar, si come quei che stima
le biade in campo pria che sien mature;
ch'i' ho veduto tutto 'l verno prima
lo prun mostrarsi rigido e feroce,
poscia portar la rosa in su la cima;
e legno vidi gia dritto e veloce
correr lo mar per tutto suo cammino,
perire al fine a l'intrar de la foce.
Non creda donna Berta e ser Martino,
per vedere un furare, altro offerere,
vederli dentro al consiglio divino;
che quel puo surgere, e quel puo cadere>>.
Paradiso ? Canto XIV
Dal centro al cerchio, e si dal cerchio al centro
movesi l'acqua in un ritondo vaso,
secondo ch'e percosso fuori o dentro:
ne la mia mente fe subito caso
questo ch'io dico, si come si tacque
la gloriosa vita di Tommaso,
per la similitudine che nacque
del suo parlare e di quel di Beatrice,
a cui si cominciar, dopo lui, piacque:
<<A costui fa mestieri, e nol vi dice
ne con la voce ne pensando ancora,
d'un altro vero andare a la radice.
Diteli se la luce onde s'infiora
vostra sustanza, rimarra con voi
etternalmente si com' ell' e ora;
e se rimane, dite come, poi
che sarete visibili rifatti,
esser pora ch'al veder non vi noi>>.
Come, da piu letizia pinti e tratti,
a la fiata quei che vanno a rota
levan la voce e rallegrano li atti,
cosi, a l'orazion pronta e divota,
li santi cerchi mostrar nova gioia
nel torneare e ne la mira nota.
Qual si lamenta perche qui si moia
per viver cola su, non vide quive
lo refrigerio de l'etterna ploia.
Quell' uno e due e tre che sempre vive
e regna sempre in tre e 'n due e 'n uno,
non circunscritto, e tutto circunscrive,
tre volte era cantato da ciascuno
di quelli spirti con tal melodia,
ch'ad ogne merto saria giusto muno.
E io udi' ne la luce piu dia
del minor cerchio una voce modesta,
forse qual fu da l'angelo a Maria,
risponder: <<Quanto fia lunga la festa
di paradiso, tanto il nostro amore
si raggera dintorno cotal vesta.
La sua chiarezza seguita l'ardore;
l'ardor la visione, e quella e tanta,
quant' ha di grazia sovra suo valore.
Come la carne gloriosa e santa
fia rivestita, la nostra persona
piu grata fia per esser tutta quanta;
per che s'accrescera cio che ne dona
di gratuito lume il sommo bene,
lume ch'a lui veder ne condiziona;
onde la vision crescer convene,
crescer l'ardor che di quella s'accende,
crescer lo raggio che da esso vene.
Ma si come carbon che fiamma rende,
e per vivo candor quella soverchia,
si che la sua parvenza si difende;
cosi questo folgor che gia ne cerchia
fia vinto in apparenza da la carne
che tutto di la terra ricoperchia;
ne potra tanta luce affaticarne:
che li organi del corpo saran forti
a tutto cio che potra dilettarne>>.
Tanto mi parver subiti e accorti
e l'uno e l'altro coro a dicer <<Amme! >>,
che ben mostrar disio d'i corpi morti:
forse non pur per lor, ma per le mamme,
per li padri e per li altri che fuor cari
anzi che fosser sempiterne fiamme.
Ed ecco intorno, di chiarezza pari,
nascere un lustro sopra quel che v'era,
per guisa d'orizzonte che rischiari.
E si come al salir di prima sera
comincian per lo ciel nove parvenze,
si che la vista pare e non par vera,
parvemi li novelle sussistenze
cominciare a vedere, e fare un giro
di fuor da l'altre due circunferenze.
Oh vero sfavillar del Santo Spiro!
come si fece subito e candente
a li occhi miei che, vinti, nol soffriro!
Ma Beatrice si bella e ridente
mi si mostro, che tra quelle vedute
si vuol lasciar che non seguir la mente.
Quindi ripreser li occhi miei virtute
a rilevarsi; e vidimi translato
sol con mia donna in piu alta salute.
Ben m'accors' io ch'io era piu levato,
per l'affocato riso de la stella,
che mi parea piu roggio che l'usato.
Con tutto 'l core e con quella favella
ch'e una in tutti, a Dio feci olocausto,
qual conveniesi a la grazia novella.
E non er' anco del mio petto essausto
l'ardor del sacrificio, ch'io conobbi
esso litare stato accetto e fausto;
che con tanto lucore e tanto robbi
m'apparvero splendor dentro a due raggi,
ch'io dissi: <<O Elios che si li addobbi! >>.
Come distinta da minori e maggi
lumi biancheggia tra ' poli del mondo
Galassia si, che fa dubbiar ben saggi;
si costellati facean nel profondo
Marte quei raggi il venerabil segno
che fan giunture di quadranti in tondo.
Qui vince la memoria mia lo 'ngegno;
che quella croce lampeggiava Cristo,
si ch'io non so trovare essempro degno;
ma chi prende sua croce e segue Cristo,
ancor mi scusera di quel ch'io lasso,
vedendo in quell' albor balenar Cristo.
Di corno in corno e tra la cima e 'l basso
si movien lumi, scintillando forte
nel congiugnersi insieme e nel trapasso:
cosi si veggion qui diritte e torte,
veloci e tarde, rinovando vista,
le minuzie d'i corpi, lunghe e corte,
moversi per lo raggio onde si lista
talvolta l'ombra che, per sua difesa,
la gente con ingegno e arte acquista.
E come giga e arpa, in tempra tesa
di molte corde, fa dolce tintinno
a tal da cui la nota non e intesa,
cosi da' lumi che li m'apparinno
s'accogliea per la croce una melode
che mi rapiva, sanza intender l'inno.
Ben m'accors' io ch'elli era d'alte lode,
pero ch'a me venia <<Resurgi>> e <<Vinci>>
come a colui che non intende e ode.
Io m'innamorava tanto quinci,
che 'nfino a li non fu alcuna cosa
che mi legasse con si dolci vinci.
Forse la mia parola par troppo osa,
posponendo il piacer de li occhi belli,
ne' quai mirando mio disio ha posa;
ma chi s'avvede che i vivi suggelli
d'ogne bellezza piu fanno piu suso,
e ch'io non m'era li rivolto a quelli,
escusar puommi di quel ch'io m'accuso
per escusarmi, e vedermi dir vero:
che 'l piacer santo non e qui dischiuso,
perche si fa, montando, piu sincero.
Paradiso ? Canto XV
Benigna volontade in che si liqua
sempre l'amor che drittamente spira,
come cupidita fa ne la iniqua,
silenzio puose a quella dolce lira,
e fece quietar le sante corde
che la destra del cielo allenta e tira.
Come saranno a' giusti preghi sorde
quelle sustanze che, per darmi voglia
ch'io le pregassi, a tacer fur concorde?
Bene e che sanza termine si doglia
chi, per amor di cosa che non duri
etternalmente, quello amor si spoglia.
Quale per li seren tranquilli e puri
discorre ad ora ad or subito foco,
movendo li occhi che stavan sicuri,
e pare stella che tramuti loco,
se non che da la parte ond' e' s'accende
nulla sen perde, ed esso dura poco:
tale dal corno che 'n destro si stende
a pie di quella croce corse un astro
de la costellazion che li resplende;
ne si parti la gemma dal suo nastro,
ma per la lista radial trascorse,
che parve foco dietro ad alabastro.
Si pia l'ombra d'Anchise si porse,
se fede merta nostra maggior musa,
quando in Eliso del figlio s'accorse.
<<O sanguis meus, o superinfusa
gratia Dei, sicut tibi cui
bis unquam celi ianua reclusa? >>.
Cosi quel lume: ond' io m'attesi a lui;
poscia rivolsi a la mia donna il viso,
e quinci e quindi stupefatto fui;
che dentro a li occhi suoi ardeva un riso
tal, ch'io pensai co' miei toccar lo fondo
de la mia gloria e del mio paradiso.
Indi, a udire e a veder giocondo,
giunse lo spirto al suo principio cose,
ch'io non lo 'ntesi, si parlo profondo;
ne per elezion mi si nascose,
ma per necessita, che 'l suo concetto
al segno d'i mortal si soprapuose.
E quando l'arco de l'ardente affetto
fu si sfogato, che 'l parlar discese
inver' lo segno del nostro intelletto,
la prima cosa che per me s'intese,
<<Benedetto sia tu>>, fu, <<trino e uno,
che nel mio seme se' tanto cortese! >>.
E segui: <<Grato e lontano digiuno,
tratto leggendo del magno volume
du' non si muta mai bianco ne bruno,
solvuto hai, figlio, dentro a questo lume
in ch'io ti parlo, merce di colei
ch'a l'alto volo ti vesti le piume.
Tu credi che a me tuo pensier mei
da quel ch'e primo, cosi come raia
da l'un, se si conosce, il cinque e 'l sei;
e pero ch'io mi sia e perch' io paia
piu gaudioso a te, non mi domandi,
che alcun altro in questa turba gaia.
Tu credi 'l vero; che i minori e ' grandi
di questa vita miran ne lo speglio
in che, prima che pensi, il pensier pandi;
ma perche 'l sacro amore in che io veglio
con perpetua vista e che m'asseta
di dolce disiar, s'adempia meglio,
la voce tua sicura, balda e lieta
suoni la volonta, suoni 'l disio,
a che la mia risposta e gia decreta!
